L’impatto dei cambiamenti climatici in regione: minaccia della biodiversità, dissesto idrogeologico
Minaccia della biodiversità
Il suolo sul quale trascorriamo la nostra esistenza è uno tra gli habitat con maggiore biodiversità e densità “abitativa”. Ad esempio, in un solo metro quadrato di foresta a faggio possono convivere mille specie di invertebrati e, in generale, un singolo grammo di suolo può ospitare milioni di individui e centinaia di specie di batteri.
Sono numeri importanti che esprimono la vitalità di un ambiente generalmente ignorato dall’uomo, il cui impoverimento tuttavia genera problemi tutt’altro che ignorabili. Una perdita di biodiversità del suolo implica una riduzione della sua fertilità e quindi della capacità delle piante di svilupparsi, a discapito di tutti quegli organismi, uomo compreso, che dalla vegetazione dipendono. Per formarsi il suolo ci impiega letteralmente secoli, pertanto è considerato una risorsa non rinnovabile e come tale va adeguatamente tutelato.
I cambiamenti climatici rappresentano una seria minaccia per la biodiversità dei suoli e quindi per la loro fertilità. L’intensificarsi degli eventi estremi inducono da una parte fenomeni erosivi o di lisciviazione, che si traducono in una perdita meccanica dell’habitat suolo, dall’altra fenomeni siccitosi più prolungati che mettono a dura prova la sua resistenza biologica.
Gli studi confermano che a condizionare negativamente lo sviluppo delle comunità di microinvertebrati è soprattutto l’umidità, ma questo effetto viene apparentemente compensato dal grado di maturità del suolo.
Dissesto idrogeologico
Con il termine “dissesto idrogeologico” si indica un insieme di processi di degradazione del territorio e del suolo che, al verificarsi di determinate condizioni meteorologiche, possono originare vari eventi di varia gravità come frane, esondazioni, alluvioni, dissesti di carattere torrentizio e sprofondamenti.
Le forzanti climatiche che hanno un effetto maggiore sul livello di dissesto idrogeologico sono la temperatura e le precipitazioni; la prima incrementa la fusione nivale, soprattutto se associata a pioggia, le precipitazioni molto intense, invece, possono provocare fenomeni di piena e/o frane.
I cambiamenti climatici potrebbero portare un aumento sia del rischio idraulico che dell’instabilità dei versanti. Tutto il territorio regionale (montano, pedemontano e carsico) del Friuli Venezia Giulia è fortemente interessato da fenomeni di dissesto idrogeologico, con un deciso numero di frane attive. Le aree più colpite dagli episodi di frana, di colate detritiche e sinkhole sono quelle montane (Alpi Carniche e Giulie).
I cambiamenti climatici potrebbero modificare i processi di versante e aumentare l’instabilità dei pendii, specialmente in alta montagna, poiché la fusione di neve, ghiaccio e permafrost, e l’incremento, con l’innalzamento dell’isoterma zero, delle precipitazioni piovose rispetto a quelle nevose (specialmente in forma di eventi di intensità breve ed abbondante) provocano un aumento dell’apporto idrico e quindi il verificarsi di piene torrentizie e colate detritiche potenzialmente pericolose.
Mappa delle aree soggette a rischio di frana. P1 - aree a pericolosità da frane bassa; P2 - aree a pericolosità da frane moderata; P3 - aree a pericolosità da frana elevata; P4 - aree a pericolosità da frane molto elevata (Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, 2015)
La franosità, in particolare quella a carattere superficiale, dipende anche dalle condizioni e dalla tipologia di copertura e uso del suolo, che i cambiamenti climatici possono influenzare in modo sia diretto che indiretto. Un clima diverso dall’attuale comporta cambiamenti nella densità e nella tipologia di vegetazione, la quale svolge un duplice ruolo nel miglioramento delle condizioni di stabilità dei versanti: da un lato riduce il contenuto d’acqua medio nel suolo attraverso i processi di evapotraspirazione e di intercettazione della precipitazione, dall’altro rafforza la stabilità del terreno, soprattutto nei primi strati del sottosuolo, grazie agli apparati radicali. Nelle aree colpite da incendi, inoltre, non c’è vegetazione che possa intercettare la pioggia, e ciò provoca l’aumento dell’erosione e lo sviluppo di fenomeni franosi superficiali.
Nelle aree critiche, dove il cambiamento climatico si sovrapporrà ad un cambiamento idrologico, in larga parte dovuto alle attività dell’uomo, le forti piogge potrebbero provocare fenomeni di esondazione e alluvione, e di conseguenza variazioni importanti nel regime del trasporto solido e sedimentologico dei fiumi fino ad arrivare a fenomeni di dissesto degli alvei, dei versanti e zone limitrofe alle aste fluviali. Nei territori della bassa pianura che scaricano nelle lagune o in mare, ci potrebbero essere ulteriori difficoltà di smaltimento delle portate di piena ad eventi in fase con fenomeni di acqua alta, acuiti dall’innalzamento del livello del mare.
Le inondazioni marine interessano i comuni del territorio regionale che rivestono una notevole importanza per l’economia regionale, e pertanto potrebbero comportare gravi perdite a livello socio-economico. I fenomeni di subsidenza, ovvero il lento processo di abbassamento del suolo di origine naturale o antropica, interessano anche la nostra regione, in particolare l'area lagunare della bassa pianura friulana, con abbassamenti dai 0 ai 3 mm/anno e punte fino a 5 mm/anno, a seconda del sito. Questo rende il nostro territorio ancora più esposto agli effetti dell’innalzamento del livello del mare e dell’aumento delle inondazioni
Mappa dei comuni con aree potenzialmente allagabili per il fenomeno dell’acqua alta e la trasgressione marina in ambito fluviale. (Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, 2015)
Formazione di sinkhole
I sinkhole sono cavità di forma semi circolare con dimensioni e profondità variabili che si aprono su terreni a litologie diverse per determinate cause naturali o antropiche. Per la loro improvvisa formazione e per la loro scarsa prevedibilità costituiscono un pericolo concreto, soprattutto in aree urbane in cui vengono coinvolte infrastrutture viarie e abitative.
La recrudescenza di eventi metereologici estremi legati ai cambiamenti climatici possono causare variazioni di portata e di livello delle falde acquifere tali da influire sulla solubilità dei suoli, inducendo la formazione di vuoti e conseguente cedimento del sedimento sovrastante, come osservato in zone della Carnia nelle formazioni triassiche. L’incremento dell’intensità delle precipitazioni possono portare anche ad un collasso del sistema di drenaggio fognario cittadino, con esplosione e cedimenti delle tubazioni, creando erosione e crolli assimilabili a sinkhole. Si prevede quinid un aumento di tali fenomeni, con conseguenti danni strutturali e aumento del rischio per cose e persone.
La formazione improvvisa di tali voragini con il crollo, più o meno esteso, del manto stradale asfaltato si originano per erosione dal basso causati dalla circolazione di acque in pressione che causa l’erosione dei materiali sciolti e la conseguente formazione di cavità. Spesso la circolazione dell’acqua in pressione è causata da rottura di tubi di acquedotti o di reti fognarie, come nel caso dei centri abitati di Udine, Pordenone, Gorizia, Trieste.
A Trieste sono presenti vari corsi d’acqua incanalati e ricoperti con volte in mattoni risalenti all’1800 (Bonifiche Teresiane sotto l’impero A.U.), tutt’ora utilizzati anche per il drenaggio delle acque bianche. Talvolta per l’erosione dovuta a variazioni di portata, aumento del traffico pesante sovrastante (i canali sono sotto le arterie viarie), o vetustà dei materiali, le sommità delle volte cedono facendo sprofondare la sede stradale e creando situazioni di pericolo. Al momento ARPA FVG ha censito 13 di questi casi in ambito urbano, ma purtroppo il numero è destinato sicuramente a crescere.