Il Duca Lupo attacca Grado. Gli Avari devastano il Friuli. Arnefrido viene ucciso presso il castello di Nimis

 

Lupo viene nominato duca del Friuli nel 662. Lupo passò alla storia per aver tradito il suo re. Il sovrano, restio a scatenare una guerra civile, chiese al re degli Avari di attaccare il ducato ribelle. La battaglia terminò con l'uccisione di Lupo. Gli Avari devastarono il Friuli. Arnefrido, figlio di Lupo, venne ucciso presso il castello di Nimis

Il Duca Lupo attacca Grado. Gli Avari devastano il Friuli. Arnefrido viene ucciso presso il castello di Nimis

Grasulfo II, fratello di Gisulfo II, assunse il titolo ducale all'indomani dell'uccisione per mano bizantina, a Oderzo, dei due figli maggiori di Gisulfo e coreggenti del ducato, Caco e Tasone.  Paolo Diacono non fornisce informazioni sul suo regno, ma segnala che la sua nomina scontentò i due figli superstiti di Gisulfo, gli ancora giovani Radoaldo e Grimoaldo. Ormai prossimi alla maggiore età, rifiutarono di sottomettersi all'autorità dello zio e si trasferirono nel ducato di Benevento presso il duca Arechi I.

Grasulfo II governò fino al 653. Il successore fu Agone. Il governo di Agone fu breve ma fu ricordato come un periodo di pace. A Cividale, un casato prese il nome di Agonìa, o di Agone.

Nel 662, alla morte di Agone, divenne duca Lupo. Regnò per un solo anno ma si fece conoscere come un uomo ambizioso. Appena preso il potere, probabilmente per nomina di Re Grimoaldo, attaccò con un gruppo di cavalieri l'isola di Grado, dove risiedeva il patriarca cattolico che si opponeva a quello tricapitolino di Aquileia, depredò l'isola e riportò ad Aquileia i tesori del patriarcato.

Alla fine del 662 o all'inizio del 663, re Grimoaldo, figlio di Gisulfo II del Friuli, partì per Benevento per andare in soccorso del figlio che viveva a Benevento in quanto la città era stata attaccata dall’Imperatore bizantino Costante. In quella occasione, il re affidò al duca Lupo il suo palazzo a Pavia, nominandolo quindi reggente. 

Qui Lupo si comportò "con insolenza" (riporta Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum) pensando che il re non sarebbe rientrato dalla spedizione nella Langobardia Minor.

Al ritorno di Grimoaldo, Lupo, conscio che quello che aveva fatto non sarebbe piaciuto al re, rientrò nel suo ducato e si ribellò al re. Il sovrano, restio a scatenare una guerra civile, chiese al re degli Avari di attaccare il ducato ribelle; la battaglia fu combattuta nella località di Flovio (alcune fonti ritengono che la battaglia sia avvenuta a Fiume). La battaglia durò quattro giorni e terminò con l'uccisione di Lupo nel campo di battaglia. I superstiti si chiusero nei vari castelli abbandonando il Friuli alla devastazione degli invasori.

Gli Avari devastarono il Friuli per giorni, finché Grimoaldo non chiese loro di porre fine alle devastazioni.

Gli Avari, però, attraverso degli ambasciatori, si rifiutarono di ritirarsi: avevano preso il Friuli con la forza delle armi ed ora non avevano alcuna intenzione di ritirarsi.

il re, a questo punto, adunò gli uomini e marciò verso il Friuli contro di essi.  Si accamparono vicino ai nemici.

Il capo degli Avari inviò i propri ambasciatori. Grimoaldo doveva in ogni modo nascondere l’inferiorità numerica del proprio esercito e per questo motivo tenne occupati gli ambasciatori per molti giorni .

Grimoaldo continuava ad essere politicamente isolato, ed aveva quindi a disposizione pochi uomini. Egli quindi ingannò gli Avari, facendogli credere di disporre numerose truppe: egli infatti vestì e armò i suoi uomini in modo diverso, facendogli marciare più giorni. 

Allora Grimoaldo convocò nuovamente gli ambasciatori e disse:

Or bene riferite a Cacano, che se non la sbriga di tornarsene a casa, con tutta questa gran moltitudine, che voi co’ vostr’occhi avete veduto, io verrò tosto a insegnarli la strada.

Gli Avari, sentendosi minacciati, tornarono in Pannonia.

Dopo la morte del Duca Lupo, suo figlio Arnefrido tentò di prendere il potere del ducato ma, temendo le forze di Grimoaldo, si rifugiò nell’attuale Carinzia.

Da qui mosse, alla testa degli stessi Slavi, verso l'Italia, con l'intenzione di riconquistare il ducato; furono però gli stessi Longobardi friulani a fermarlo, assalendolo e uccidendolo presso il castello di Nimis, non lontano da Cividale. Al suo posto, Grimoaldo insediò come duca il fedele Vectari.

 

Nota. Langobardia Minor era il nome che, in età altomedievale, veniva dato ai domini longobardi dell'Italia centro-meridionale, corrispondente ai ducati di Spoleto e di Benevento. 

 

L’antico castello di Nimis.

Il complesso archeologico del Monte Zuccon è ubicato nel territorio di Nimis, nel Friuli orientale, a ca. 20 km a nord di Cividale. Grazie alla sua morfologia e agli affioramenti di roccia che circondano i margini della dorsale, il sito gode di un’efficace protezione naturale e di un’ampia visuale sul territorio circostante, caratteristiche che lo hanno reso storicamente come un luogo favorevole per la difesa e il controllo del territorio.

L’esistenza di un antico “castello” in quest’area (il “Cjscjel di San Zorz”) era nota da sempre a livello locale, grazie ai resti di fortificazioni visibili presso i ruderi di una chiesetta, dedicata per l’appunto a San Giorgio, abbandonata agli inizi del XIX secolo. Ma fu soltanto alla fine degli anni ’80 che venne avviato un progetto di esplorazione archeologica del luogo che miravano a individuare il “castrum Nemas”, menzionato da Paolo Diacono tra i luoghi fortificati del Friuli al tempo dell’invasione àvara.

Lo scavo dell’area ha rivelato un importante insediamento tra l’età del Bronzo finale e la prima età del Ferro (ritrovamento di vasellame, …). Non sono emerse, invece, evidenze strutturali relative a questo insediamento che, in ogni caso, sfruttò le caratteristiche difensive naturali del luogo.

In seguito, almeno allo stato attuale delle ricerche, fa supporre come il monte Zuccon non ospitasse insediamenti umani per circa un millennio, si assiste alla rioccupazione dell’altura intorno al V secolo d.C., un periodo in cui le particolari contingenze storiche spinsero a una generale riorganizzazione della rete difensiva in tutto l’arco alpino.

In questa nuova fase insediativa i tratti più esposti della dorsale, ma forse l’intero profilo del colle, vennero fortificati con una cinta muraria larga circa un metro, costruita in pietrame legato da malta. I numerosi materiali rinvenuti, soprattutto contenitori ceramici (con la consueta prevalenza di olle), oggetti d’uso quotidiano (coltelli, fibbie…) e alcune punte di freccia, documentano la lunga vita del “castrum”, almeno fino al pieno Medioevo, senza però fornire elementi probanti per identificarlo con lo storico “castrum Nemas”.

E’ stato individuato anche un piccolo edificio abitativo dotato di focolare, pressappoco coevo all’opera di fortificazione; esso conobbe una seconda fase edilizia caratterizzata da un muro curvilineo, nel quale si è voluto riconoscere l’abside di un sacello cristiano (Menis). Tra l’VIII e il X secolo d.C., al di sopra di questo edificio si impostò un’aula di culto, incuneata tra i due margini della scarpata.

I passi di Paolo Diacono nei quali si fa riferimento a un “castrum Nemas” (Hist. Lang., IV, 37; V, 22) dove le popolazioni trovarono rifugio al tempo delle scorrerie àvare agli inizi del VII sec. e presso cui sarebbe morto il duca Arnefrido, sono riferibili solo ipoteticamente al castrum di San Giorgio. Le fonti documentarie certamente attinenti il sito riguardano quasi esclusivamente la chiesa, a partire dal 1281, quando l’edificio compare tra i beneficiari del testamento di un canonico cividalese, fino alla sua parziale demolizione nel 1819, a favore della nuova chiesa di Monteprato che ne utilizzò i materiali da costruzione.
Da notizie d’archivio si apprende che nel ‘500 sull’altura si svolgeva annualmente una fiera in onore del santo eponimo, ma già all’epoca la zona doveva essere praticamente disabitata. Nel 1512 il monte di San Giorgio veniva concesso in affitto a un abitante di Cergneu, con il patto che curasse l’illuminazione della chiesa e vi facesse celebrare messa almeno una volta al mese. La frequentazione del colle in questo periodo e durante i secoli successivi era legata alla chiesa, che serviva l’abitato di Torlano e le campagne circostanti, ed era sede curaziale per le popolazioni di etnia slava (“vicariatus Sclaborum”).

 

 

Francesco Palladio degli Olivi, Historia del Friuli, 1660

Lodovico Antonio Muratori, Annali d’Italia e delle opere varie. Volume II. 1838

NIMIS (Ud), Nemas Castrum e la chiesa di San Giorgio.

Francesco di Manzano. Annali del Friuli. Volume 1. 1858

 

 



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