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Ogni anno finiscono in discarica 250 mila tonnellate di metallo delle lamette. L'alternativa c'è, ed è naturale

 

 

 

La Blue Economy è l’ultima frontiera della sostenibilità. Teorizzata dall’economista belga Gunter Pauli, fondatore di ZERI (Zero Emissions Research Initiative), l’Economia Blu riprogetta processi produttivi tradizionali trasformandoli in raggruppamenti di industrie non inquinanti attraverso la riscoperta e l’applicazione innovativa dei meccanismi di produzione di energia già esistenti in natura, in piena sintonia con il mondo che ci circonda. Infatti, come riportato nella prefazione del libro “Blue Economy” di Gunter Pauli (ed. Ambiente, Milano, 2010), l’EconomiaBlu, diversamente dalla Green Economy, “non richiede alle aziende di investire di più per salvare l’ambiente. Anzi, con minore impiego di capitali è in grado di creare maggiori flussi di reddito e di costruire al tempo stesso capitale sociale. In natura non esistono disoccupati e neppure rifiuti.

Tutti svolgono un compito e gli scarti degli uni diventano materia prima per altri, in un sistema “a cascata” in cui niente viene sprecato.”

Gli esempi raccolti e presentati da Pauli sono moltissimi.Tra questi, il progetto di sostituire le lame in metallo dei rasoi “usa e getta” con fili di seta.

Proprio il rasoio da barba è il paradigma del consumo insostenibile: si stima che ogni anno, insieme ai 10 miliardi di rasoi monouso vengano gettate in discarica 250.000 tonnellate di costoso metallo. Infatti, le lame dei rasoi sono esposte a elevati livelli di umidità e pertanto devono essere realizzate con una lega d’acciaio resistente alla corrosione o in titanio.

Secondo Pauli, l’industria dei rasoi oggi è di fronte a un bivio. Invece di perseguire una crescita di mercato in volume, può trasformare il mercato del rasoio in qualcosa che contribuisca alla risoluzione della crisi ambientale e occupazionale, offrendo al medesimo tempo un prodotto migliore e più economico.

Come? Guardando alla natura e utilizzando una tecnologia ad oggi ancora sperimentale, ma assolutamente rivoluzionaria, che consente di realizzare rasoi fatti con la seta, in grado di fendere i peli senza tagliare la pelle grazie alla cheratina e di far roteare sulla superficie cutanea centinaia di sottilissimi fili, come se fossero dei tosaerba a mano in miniatura.

Utilizzare la seta naturale al posto del metallo lavorato a livello industriale comportebbe molti benefici ambientali, economici e sociali. Nel corso della storia, i paesi asiatici, europei e mediorien­tali hanno coltivato alberi di gelso, di cui si nutre il bombice del gelso (Bombyxmori), comunemente noto come baco da seta, traendo benefici in termini di fertilità del suolo e di controllo dell’erosione. Inoltre, la seta naturale contiene almeno il 30% di carbonio. Sostituire la seta con fibre di origine petrolchimica comporta l’interruzione della fissazio­ne del carbonio da parte dei gelsi e dei bachi, cessando la rigenera­zione del terreno a questi correlata. Proprio il fatto che la seta possa sostituirsi all’estrazione dei minerali, riducendo sensibilmente le emissioni di carbonio e persino sequestrandolo, rivela un’ideale costo/opportunità. A 200 dollari per ogni chilo di seta lavorata, ogni rasoio con lama di seta costerebbe meno di un dollaro, pur garantendo un rendimento e una qualità del prodotto del tutto analogo alle moderne versioni industriali.

 

(Fonte Corriere del Veneto)


 

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