Batterie a scorie nucleari per le sue missioni Argonaut Moon

Le scorie nucleari per alimentare i veicoli spaziali

L'Agenzia spaziale europea spera che le sue missioni Argonaut Moon saranno alimentate da batterie che utilizzano l'elemento nucleare americio

#americio, #batterie

Gli scienziati europei stanno sviluppando un tipo di batteria per missioni spaziali alimentata da scorie nucleari. L'Agenzia spaziale europea (ESA) spera che la tecnologia le consentirà, entro la fine del decennio, di far funzionare veicoli spaziali che non si basano su pannelli solari.

Il progetto, chiamato Dispositivi europei che utilizzano energia radioisotopica (ENDURE),   verrà finanziato con 29 milioni di euro. 

Il progetto mira a sviluppare unità di calore ed elettricità di lunga durata alimentate dall'elemento radioattivo americio-241, in tempo per una serie di missioni lunari dell'ESA nei primi anni '30.

L'americio-241 è un sottoprodotto del decadimento del plutonio, non è mai stato utilizzato come combustibile. 

Per le missioni in cui l'energia solare non sarebbe sufficiente, a causa dell'ombra o della distanza dal Sole, l'ESA si è affidata a partner statunitensi o russi, che hanno utilizzato batterie al plutonio-238 per alimentare le missioni sin dalla corsa allo spazio. La NASA ha costruito batterie al plutonio, ad esempio, che hanno riscaldato la sonda Huygens durante la sua discesa su Titano, la luna di Saturno, nel 2005. Ma, negli ultimi dieci anni, il plutonio-238 è diventato stato scarso e costoso.

La mancanza di una fonte di energia non dipendente da altri stati, ha a lungo limitato le missioni solitarie proposte dagli scienziati europei. 

 

Meglio del plutonio?

Il grande vantaggio dell'americio rispetto al plutonio è che è più economico e più abbondante, riutilizzando rifiuti che altrimenti sarebbero inutili.

I ricercatori del National Nuclear Laboratory (NNL) del governo britannico a Sellafield hanno dimostrato che l'americio può essere estratto dal combustibile nucleare rielaborato utilizzato nelle centrali elettriche civili e trasformato in pellet di combustibile, che costituisce il nucleo delle batterie. 

L'americio ha un'emivita più lunga del plutonio-238, il che significa che dura più a lungo ma racchiude meno energia per grammo. Ma, poiché l'americio è più disponibile, produrre un watt di energia costa circa un quinto rispetto all'utilizzo del plutonio.

Nei prossimi tre anni, il team ENDURE svilupperà prototipi in modelli che possono essere testati in condizioni simili a una missione, come precursori di dispositivi utilizzabili. In collaborazione con NNL, un team dell'Università di Leicester, nel Regno Unito, ha sviluppato due tipi di dispositivi: un'unità di riscaldamento a radioisotopi, che riscalda gli strumenti con il calore prodotto dall'americio in decomposizione, e generatori termoelettrici a radioisotopi (RTG), che utilizzano il calore per produrre elettricità creando una differenza di temperatura tra le piastre metalliche.

Anche la sicurezza è fondamentale, a causa dell'uso di materiali radioattivi. Per questo motivo le unità sono incapsulate in strati tra cui una lega di platino, che sigillano l'americio consentendo al calore di fuoriuscire. La prossima fase del programma si concentrerà sui test di sicurezza, in modo che le unità di americio possano essere certificate per il lancio. 

Una volta sviluppato, lo stesso sistema di alimentazione di base potrebbe essere riutilizzato in tutte le missioni in cui l'energia solare non è disponibile. È il caso delle notti sulla Luna, che durano 14 giorni terrestri, e delle spedizioni nel Sistema Solare oltre Giove. Ad esempio, per sopravvivere alla dura notte lunare, il rover lunare cinese, Chang'e-4, utilizza unità di riscaldamento al plutonio costruite in collaborazione con la Russia.

Il primo obiettivo dell'ESA per il lancio di fonti energetiche di americio è il suo lander Argonaut Moon, il cui lancio è previsto per i primi anni '30.  Negli anni ‘40, l'ESA spera di alimentare una missione sui giganti di ghiaccio Urano e Nettuno.

Curiosità: anche Carlo Rubbia pensò all'americio

Il progetto 242 è stato uno studio allo scopo di realizzare un razzo termico nucleare a ciclo aperto proposto da Carlo Rubbia nel 1998, e studiato dall'Agenzia Spaziale Italiana fino al 2001, per l'impiego per voli interplanetari con equipaggio.

Lo schema concettuale di funzionamento del motore può essere riassunto come segue: si immagini di poter realizzare un “corpo nero” per neutroni (cavità di forma generica delimitata da materiale diffusore di neutroni), si pensi di spalmarvi nella parte interna un sottile strato di materiale fissile e si pensi di riempire la cavità così generata con un gas (ad esempio H2). 

Se si è progettata una configurazione geometricamente favorevole, i frammenti non restano intrappolati nella struttura cristallina dell'americio e fuoriuscendone possono trasferire buona parte della loro energia, sotto forma di calore, al gas con cui interagiscono. Il gas in oggetto, per una maggiore efficienza propulsiva, deve essere il più leggero possibile e quindi idrogeno. Il processo di riscaldamento, per come è concepito, permette di avere un cuore centrale molto caldo conservando la parete a temperature del tutto ragionevoli e compatibili con il suo stato solido. 

A questo punto è sufficiente far espandere questo gas in un ugello, per avere velocità equivalenti di scarico dell'ordine dei 30 chilometri al secondo e spinte superiori ai 3000 newton.

Nel 1998 Rubbia sosteneva che i progressi nel campo della propulsione erano molto limitati. “Andiamo sì nello spazio, ma alla velocità delle tartarughe, viste le dimensioni degli spazi interplanetari. A queste velocità una missione umana su Marte richiederebbe unpaio di anni in orbita, con tutti i rischi connessi.”

In questa occasione Rubbia propose un sistema che sfruttava le proprietà nucleari dell’americio. Invece di usare l’energia della fissione nel modo tradizionale, i frammenti nucleari vengono usati per scaldare efficacemente un plasma che viene espulso dal razzo ad una velocità molto maggiore di quella che si ottiene con la combustione chimica convenzionale.

 

 

Nature News, How nuclear waste will help spacecraft explore the Moon — and beyond, 6 dicembre 2022

Roberto Battiston, Il nucleare secondo Rubbia, La Stampa, 9 dicembre 1998

Leopold Summerer, Bruno Gardini, Giacinto Gianfiglio, ESA’s Approach to Nuclear Power Sources for Space Applications, Proceedings of ICAPP 2007



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