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Nel 1373, la gilda di Leonardo si trasferisce a Chioggia per fortificare la città contro la minaccia genovese. Una missione vitale per Venezia.
L’episodio precedente…. Lucia e Leonardo si sposano in una Venezia autunnale, tra emozioni, tradizioni e una festa semplice ma intensa. Promettono amore e partono verso Chioggia.
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Episodio 09.
Erano i primi mesi del 1373, e la gilda di Leonardo si stava preparando al trasferimento. Tutta l'attrezzatura, i disegni e le scorte di materiali venivano meticolosamente imballati per la partenza.
Qualche mese prima, il Senato veneziano aveva emesso un ordine perentorio: la Gilda dei Costruttori di Venezia doveva trasferirsi a Chioggia. L'obiettivo era chiaro e strategico: rafforzare urgentemente le infrastrutture civili e militari della città lagunare meridionale. La decisione era motivata dalla necessità di potenziare le difese costiere contro possibili incursioni, migliorare l’accesso e la sicurezza dei cruciali magazzini del sale, e, soprattutto, consolidare la presenza veneziana in vista delle crescenti e palpabili tensioni con la rivale Genova. Per Leonardo, la partenza non era solo un'opportunità di lavoro, ma una missione di importanza vitale per la Serenissima.
Deliberazione del Senato della Serenissima Repubblica di Venezia
Data: Die XXV mensis Septembris MCCC LXXII Luogo: Palazzo Ducale, Consiglio dei Pregadi
"Considerato il pericolo imminente proveniente da levante e la necessità di fortificare le terre marittime della Dominante, si decreta che la Gilda dei Marangoni e della Gilda dei Tagliapietra, unitamente ai Maestri delle Corde e ai Fabbri di Rialto, sia trasferita in loco a Chioggia, onde provvedere alla costruzione di nuove strutture navali, magazzini per le vettovaglie, e fortificazioni in pietra e legname."
"Si ordina altresì che siano stanziati fondi straordinari dal Monte delle Galere per il sostentamento delle maestranze e per l'acquisto di materiali necessari. I Provveditori alle Fortezze avranno piena autorità di supervisione e potranno richiedere ulteriori rinforzi secondo necessità."
"Ogni maestro che obbedirà al presente decreto riceverà esenzione da dazi per tre anni e potrà godere di priorità nei futuri appalti della Repubblica."

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Leonardo era particolarmente combattuto in quei giorni. Dentro di sé, la mente del costruttore e l'anima del marito lottavano. Da un lato, il trasferimento a Chioggia era un'opportunità professionale irrinunciabile: un nuovo, importante cantiere che avrebbe cementato la sua fama. Ma, cosa ancora più significativa, era la possibilità di rivedere la sua famiglia dopo anni di lontananza, di mostrare loro il successo che aveva costruito.
Dall'altra parte, però, c'era l'intensa preoccupazione per Lucia. Leonardo sapeva quanto fosse profondamente legata alla sua famiglia, a quel nido caldo che era la locanda, e al tessuto stesso di Venezia. Chiederle di abbandonare tutto ciò per seguirlo in un luogo ignoto, sebbene vicino come Chioggia, era un sacrificio enorme. Il suo cuore era diviso tra l'entusiasmo della sua ambizione e la consapevolezza del peso che stava chiedendo alla sua giovane sposa.
Una sera, dopo aver chiuso la bottega, Lucia trovò Leonardo chino sui suoi progetti. Il suo sguardo, però, era perso nel vuoto, non sulle linee e sui calcoli che aveva davanti. Si sedette accanto a lui, posandogli una mano sulla spalla.
Lucia: "Mastro Leonardo. Ti vedo preoccupato, vero?"
Leonardo: "Sono onorato per la commissione e non vedo l'ora di rivedere la mia famiglia... Ma tu, Lucia. Lasci tuo padre, tua madre, tua sorella, il solo luogo che hai mai conosciuto. Chioggia non è Venezia, è una terra di frontiera."
Lucia sorrise con una fermezza che lo rassicurò all'istante. "La mia casa non sono quattro mura, Leonardo, né una locanda. La mia casa è dove sei tu."
Lucia prese un respiro profondo e continuò, con uno sguardo pieno di determinazione. "Non temere per me. Sono la figlia di un oste veneziano: so cavarmela tra i marinai e i mercanti. E se la Serenissima vuole che io ti segua per la sua difesa, allora lo farò. La tua opera è la mia opera."
La sua risposta, così ferma e piena di fiducia, sciolse il nodo nello stomaco di Leonardo. Capì, ancora una volta, di non aver sposato solo una donna, ma una compagna di viaggio risoluta e indispensabile.
Le settimane successive furono febbrili. Mentre Leonardo organizzava la partenza della sua gilda, Lucia si occupava di imballare con cura i pochi averi, inclusa la biancheria che aveva cucito come dote. L'appartamento sopra la bottega si svuotava, ma ogni oggetto imballato era un passo verso il futuro. Il giorno della partenza, la calle era affollata di gente. Alvise non riuscì a trattenere le lacrime mentre abbracciava la figlia, ma il suo abbraccio a Leonardo fu di orgoglio e rispetto.
Saliti sulla barca, Lucia si strinse a Leonardo. Le barche della gilda, cariche di attrezzi e uomini, salparono lentamente. Venezia svaniva dietro la nebbia del mattino. L'aria era gelida, ma la mano di Leonardo era calda e sicura.
Il viaggio verso Chioggia durò qualche ora, ma Leonardo non perdeva le sue vecchie abitudini. Seduto al sicuro sul ponte, attaccò bottone col capitano della nave, chiedendo lumi sul perché ci fosse tutta questa fretta di fortificare Chioggia. Non era solo curiosità, ma voleva capirci qualcosa di più sul lavoro che lo aspettava.
Il capitano, un uomo esperto e che non si faceva pregare per una chiacchiera, prese un sorso di vino rosso e attaccò a raccontare. "Mastro Leonardo, la vera rogna risale a un litigio nato a Cipro."
"Vedete," cominciò, "quattro anni fa, il loro re, quel Pietro I di Lusignano, ha fatto una brutta fine, vittima di un complotto. Suo figlio, Pietro II, un ragazzino, è finito sul trono. Ma i veri guai, quelli grossi, sono nati nell'ottobre del '72, proprio il giorno dell'incoronazione del piccolo."
Il capitano si fermò per prendere fiato, gli occhi che brillavano per la drammaticità del racconto. "Per una cavolata, per chi doveva sedere per primo, sono venuti alle mani il console genovese, un certo Paganino Doria, e il nostro Marino Malipiero! 'Sta lite è diventata così feroce che alla fine del banchetto, i nostri, aiutati dai nobili ciprioti, hanno preso i genovesi e... li hanno scagliati da una finestra!" Il capitano scoppiò in una risata roca e grassa, battendo una mano sul ginocchio.
I casini, continuò, si sparsero come polvere da sparo. A Famagosta, la capitale, e su tutta l'isola, si scatenò una vera e propria caccia all'uomo genovese, con botte, massacri e saccheggi.
"Quando Genova ha saputo di quest'affronto," riprese il capitano, il tono ora cupo, "non ci hanno pensato due volte: vendetta subito! Hanno armato quarantadue galere, roba grossa, e quattordicimila soldati. L’ordine: vendicare l'onore e conquistare Cipro."
Venezia, in quel momento, era impantanata in una brutta guerra contro 'quel padovano maledetto di Francesco da Carrara' e non poteva proprio mettersi contro i genovesi anche in mare. Cipro, senza l'aiuto della Serenissima, fu sopraffatta in un lampo.
"L'isola è stata piegata," concluse il capitano con amarezza. "L'hanno ridata a un re fantoccio, il ragazzino, ma comandano i genovesi. Cipro deve pagare un pizzo annuale di 40.000 fiorini e una multa di due milioni di fiorini d'oro! Genova, di fatto, gestisce tutto il commercio e il governo."
Venezia ha strillato per le violenze subite dai suoi cittadini, certo. Ma la vera rabbia, spiegò il capitano, è per l'egemonia che i Genovesi si sono presi a Cipro. Ci stanno col fiato sul collo nel Levante! "Ecco perché," concluse, "il Senato vuole che Chioggia diventi un osso duro da rompere. Ci giochiamo la pelle, mastro Leonardo, e il tuo lavoro è più importante di quanto pensi."
Leonardo comprese pienamente quanto fosse vitale e urgente il suo compito. Non si trattava più solo di costruire un bel palazzo per un mercante, ma di erigere le difese per conto della Serenissima in un punto strategico e nevralgico della laguna. Il racconto del capitano gli aveva dipinto un quadro chiaro della minaccia genovese e dell'egemonia che si stavano conquistando a Cipro, un avvertimento che non poteva essere ignorato.
Sentiva il peso della responsabilità sulle spalle: aveva a disposizione pochissimo tempo per fortificare Chioggia, trasformando quella tranquilla cittadina di pescatori in una fortezza inespugnabile prima che i Genovesi decidessero di portare la loro rappresaglia direttamente nel cuore della laguna veneziana. Era una corsa contro il tempo e contro la minaccia imminente.
Verso sera, l'orizzonte si aprì su Chioggia, che si svelava gradualmente. Man mano che si avvicinavano, sembrava di vedere una piccola Venezia: una città lagunare compatta, con edifici in pietra, tetti in coppi rossi e torri campanarie che si stagliavano contro il cielo.
Alla vista di quel panorama familiare, Lucia si rincuorò visibilmente. Abbracciata a Leonardo, si sentì sollevata nel constatare che, in fin dei conti, la città non era poi molto diversa dalla Venezia che aveva appena lasciato.
Ma Leonardo vedeva oltre la bellezza immediata. Sapeva che quella grazia urbana era destinata a scomparire: il suo compito era trasformare Chioggia in una città fortificata e strategica, da difendere a ogni costo. Presto quel profilo elegante sarebbe stato deturpato da mura, bastioni e torri erette in attesa di un attacco da parte dei Genovesi.
Mentre la nave scivolava verso la riva, il suo sguardo si fissò sui banchi di sabbia e sui canali che circondavano la città. La sua mente di maestro costruttore era già in piena attività, calcolando spessori di mura, definendo le posizioni ideali per i bastioni e stimando la quantità di pietra necessaria. La guerra non era ancora arrivata, ma per Leonardo, il cantiere era già un campo di battaglia.
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