L'elefante africano (Loxodonta africana) rischia l'estinzione.

 

Nella gran parte dei Paesi dell’Africa subsahariana, il numero degli esemplari di questa specie è stato ridotto ad un decimo nell’arco di poco più di dieci anni. Il commercio dell'avorio e la deforestazione stanno portando l'elefante all'estinzione.

Milioni di anni fa il nostro pianeta era abitato da diversi animali simili agli elefanti che appartenevano all’ordine dei Proboscidati. Oggi due rappresentanti di questi animali antichi sopravvivono sulla nostra terra e sono:

l’elefante africano, che rappresenta il più grosso mammifero al mondo;

l’elefante asiatico, il suo cugino più piccolo.

L’elefante africano ha la caratteristica di avere zanne d’avorio che possono arrivare fino a 2-3 metri di lunghezza.

 

Nella gran parte dei Paesi dell’Africa subsahariana, il numero degli esemplari di questa specie è stato ridotto ad un decimo nell’arco di poco più di dieci anni: se si stima che, all’inizio del XX secolo, in tutto il Continente africano c’erano circa tre milioni e mezzo di esemplari, oggi non ne restano che circa 470.000. La necessità di terre da coltivare per mantenere un’economia che spesso non va al di là della sussistenza, ha sottratto la maggior parte dell’habitat necessario alla vita degli elefanti; a questo si deve aggiungere la grande attività di bracconaggio che, alimentato dal fiorente mercato illegale dell’avorio, ha quasi portato alla scomparsa della specie in vaste aree.

A partire dagli anni ’70 una accresciuta e diffusa sensibilità ambientalista ha portato gradualmente ad interventi volti a salvaguardare quanto resta dell’ecosistema planetario necessario alla sopravvivenza della nostra specie. Tra questi interventi, chiaramente, vanno annoverati anche quelli per la salvaguardia della biodiversità, ovvero delle specie a rischio di estinzione. Dagli anni ’90 in poi, grazie anche ai finanziamenti messi a disposizione, molti Paesi africani hanno cominciato ad ampliare, tramite la creazione di parchi e riserve naturali, le proprie politiche per la salvaguardia della biodiversità.

 

Purtroppo il commercio dell'avorio e la deforestazione stanno portando l'elefante all'estinzione. Si calcola che circa 20.000 elefanti africani vengano uccisi dai bracconieri ogni anno.

Una strage senza fine, che ancora oggi alimenta il commercio illegale di avorio. I pachidermi ormai sono protetti da numerose organizzazioni internazionali, oltre che dalle leggi in vigore nei singoli Stati. Ma questi sforzi nella maggior parte dei casi non bastano. E allora, per scongiurare il rischio di estinzione, la natura ha pensato di organizzarsi da sola. Come? Facendo in modo che i nuovi esemplari si evolvano nascendo con zanne molto più piccole, o addirittura privi delle richiestissime protuberanze.

La scoperta si deve ad un gruppo di scienziati esperti in genetica del Gorongosa National Park, in Mozambico. Da qualche anno nella zona protetta i pachidermi crescono senza denti. E questo sta dando loro un enorme vantaggio: non vengono più cacciati dai bracconieri.

Secondo una recente ricerca, circa un terzo delle femmine nate dopo il 1992 non ha mai sviluppato le zanne. Un evento solitamente molto raro nelle specie africane, visto che riguarda solo il due per cento degli animali di sesso femminile.

Gli scienziati sono arrivati alla conclusione che in qualche modo l'evoluzione stia cercando di difendere le femmine, martoriate durante gli anni della guerra civile nonostante siano dotate di zanne più piccole e leggere rispetto a quelle dei maschi. E questo non starebbe succedendo solo in Mozambico. Molti altri Paesi africani afflitti dalla piaga del bracconaggio hanno infatti notato un radicale cambiamento nelle nuove generazioni di elefanti.

In Sudafrica, per esempio, circa il 98% delle femmine nate nel parco nazionale Addo Elephant dal Duemila a oggi sono state dichiarate prive di zanne.

 

Il grande censimento degli elefanti

Secondo il  “Great Elephant Census”,  un censimento aereo completato nel 2016  condotto in 18 paesi da Elephants Without Borders  e finanziato dalla società statunitense Vulcan, il numero di elefanti in tutto il continente è sceso del 30% tra il 2007 e il 2014.

Attualmente il declino annuale - causato principalmente dalla caccia di frodo - è stimato all’8%. Qualcosa come 27mila elefanti massacrati ogni anno. L’elefante africano delle foreste, che vive nell’Africa centrale e occidentale, non è stato coinvolto nel censimento perché è quasi impossibile individuarlo da un aereo. Uno studio condotto a terra nel 2012, tuttavia, già indicava che anche questa specie è minacciata dal bracconaggio e dalla perdita dell’habitat. 

Il Great Elephant Census è il censimento degli elefanti più avanzato e completo che sia mai stato fatto, grazie a una squadra di cercatori che, a bordo di aerei che hanno volato a bassa quota, hanno monitorato entrambi i lati dei velivoli per contare gli elefanti sotto di loro. Percorrendo avanti e indietro gli ampi territori dell’Africa subsahariana, hanno coperto una distanza di volo di oltre 450000 chilometri, ovvero l’equivalente di un viaggio verso la Luna più un quarto del tragitto per tornare indietro.

Se la situazione complessiva degli elefanti è decisamente cupa, cambia notevolmente di paese in paese e in base all’ecosistema. I paesi segnati dal declino più grave sono Tanzania e Mozambico, in cui nel giro di cinque anni sono stati 73mila gli elefanti vittime del bracconaggio. Il Camerun settentrionale si è rivelato un’amara sorpresa per gli scienziati, che non sono riusciti a trovarvi più di 148 elefanti - insieme a un gran numero di carcasse - evidenziando una minuscola popolazione regionale a immediato rischio di estinzione.

Sul fronte opposto ci sono Sudafrica, Uganda, alcune aree di Malawi e Kenya oltre al complesso W-Arli-Pendjari, l’unica area dell’Africa occidentale in cui sopravvive un numero significativo di elefanti della savana, con branchi stabili o in lieve crescita. Il Botswana rimane la roccaforte del continente, con 130mila animali concentrati lungo i sistemi fluviali di Chobe e Savuti, a Nord e nelle ampie oasi acquitrinose del Delta dell’Okavango.

Il secondo posto va allo Zimbabwe, con 83mila elefanti, la maggior parte lungo il fiume Zambezi e nello Hwange National Park. Dal 2005 a oggi la popolazione di pachidermi locali è diminuita del 10%. Segue la Zambia con 20839 elefanti, che nel corso degli ultimi dieci anni ha visto un declino dell’11%. Ma una popolazione regionale a Sud-ovest, in particolare, è stata drammaticamente segnata dal bracconaggio: nel Sioma Ngwezi National Park i cercatori sono riusciti a contare solo 48 animali, un numero insignificante rispetto ai 900 del 2004. Anche questa popolazione locale, visto il tenore del bracconaggio, sta andando incontro all’imminente scomparsa.

L’Angola, un tempo considerata un rifugio per gli elefanti, dopo decenni di guerra civile, oggi ha uno dei tassi di bracconaggio più alti dell’intero continente. Dal 2005 a oggi il numero di elefanti è crollato del 22%. La Namibia, dal canto suo, è l’unico paese con una popolazione di elefanti significativa che non ha voluto partecipare al censimento. Un ampio studio condotto nel 2015 aveva stimato la presenza di quasi 23000 elefanti. 

I ricercatori, tuttavia, non hanno contato solamente gli elefanti vivi. Hanno censito anche quelli morti, perché le carcasse permettono di mostrare il diverso contributo di bracconaggio e morti naturali al declino della specie. Calcolando il rapporto tra il numero di carcasse e quello degli elefanti vivi, i ricercatori sono riusciti a farsi un’idea precisa delle condizioni di salute delle popolazioni. Un rapporto sopra l’8% significa in genere che una popolazione è in declino: a livello continentale, il rapporto  registrato si è rivelato di quasi il 12%. 

Popolazione degli elefanti e trends.

 

 

 Bioparc di Valencia

 

 

Great Elephant Census

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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