Pellegrino I di Povo

Pellegrino I di Povo

Proveniente dalla nobile famiglia trentina dei signori di Povo, era figlio di Ulrico I di Carinzia e Giuditta, figlia del margravio Ermanno II di Baden. Fu elevato al rango di Patriarca di Aquileia nel 1130 e continuò la tradizione ghibellina dei suoi predecessori. Con l'elezioni a Patriarca, la famiglia di Pellegrino si trasferì in Friuli dove si radicò assumendo l'eponimo di Manzano. Engelberto II, figlio di Mainaro I conte di Gorizia, dopo aver partecipato nel seguito di Corrado III di Svevia alla seconda crociata, accusato di abusi sui feudi in Friuli dalla corte patriarcale (1150), si reca all'incontro armato e imprigiona il patriarca, che sarà però costretto a liberare subito per le pressioni dei feudatari. Fu fedele sostenitore degli imperatori Corrado III e Federico Barbarossa e partecipò al sinodo di Pavia del 1160, in cui fu riconfermato l'antipapa Vittore IV. Partecipò inoltre al primo (1158) e secondo assedio di Milano (1161-1162), a seguito del quale la città fu rasa al suolo, e all'assedio di Crema (1159-1160). Pellegrino fondò le abbazie di Viktring in Carinzia e di Sticna in Slovenia.
La sua elezione pose fine nel 1131 alla controversia sorta dopo la deposizione del patriarca Gerardo (1129). Corrado, arcivescovo di Salisburgo, grande sostenitore della riforma del papato, si era infatti impegnato a sostenere la candidatura di Enghelberto, canonico di Bamberga, ma il suo piano non ebbe successo. Altrettanto sfortunato fu il tentativo di quanti, oppostisi ad Enghelberto, non riuscirono ad imporre Ulrico di Ortenburg, arcidiacono di Aquileia, a sua volta sostenuto dall’imperatore Lotario e dall’antipapa Anacleto II. Le due fazioni si accordarono sul nome di Pellegrino. Il papa Innocenzo II ebbe modo di dimostrare il suo favore nei confronti di Pellegrino e nel 1132, recatosi a Pavia a rendere omaggio al pontefice di ritorno dalla Francia, concesse al patriarca una bolla con la quale gli era confermata la giurisdizione spirituale sui sedici vescovadi e sulle numerose abbazie della vastissima metropoli patriarcale. Pellegrino si impegnò a sanare i contrasti sorti con Salisburgo all’epoca della lotta per le investiture e, nel 1132 a Gurk, giunse ad un accordo con l’arcivescovo Corrado. Con Pellegrino emersero le prime avvisaglie del secolare conflitto che oppose i patriarchi ai loro avvocati, i conti di Gorizia. Il metropolita aquileiese fu catturato da Enghelberto, riottenendo la libertà solo grazie all’intervento del margravio di Stiria; Pellegrino riuscì quindi, nel 1150, presso Ramuscello, ad imporre al suo antagonista un trattato che, limitando le pretese goriziane, salvaguardava i diritti feudali del patriarcato. Pellegrino favorì, con privilegi e donazioni, numerose fondazioni monastiche (Moggio, S. Maria di Aquileia, Viktring, Sankt Paul im Lavantal, Ossiach). Nel 1136 fondò la prima comunità cistercense della diocesi aquileiese, l’abbazia di Sittich (Slovenia) e, nel 1140, l’abbazia benedettina di Gorni Grad (Slovenia). Questa politica contrasta tuttavia con i soprusi che il patriarca esercitò a danno delle comunità benedettine di Sesto e Rosazzo, confermando come nel patriarcato gli ideali della riforma fossero ancora osteggiati, oltre che dai laici, dagli stessi vertici del clero. A Pellegrino deve essere riconosciuta una vera e propria riorganizzazione della cancelleria patriarcale. I diplomi emanati dai suoi predecessori si discostavano assai poco dai caratteri propri degli atti privati, mentre con il patriarca i privilegi assunsero una tipologia solenne che riflette i modelli elaborati nell’ambito della cancelleria imperiale e, per altri versi, si ispiravano alle bolle pontificie. Tuttavia molti degli usi affermatisi all’epoca di Pellegrino non furono accolti dai suoi successori che optarono per modelli più tradizionali e, ovviamente, meno solenni. Non si esclude poi che proprio al tempo di Pellegrino possa essere ricondotto il ciclo di affreschi della cripta della basilica di Aquileia, esempio fra i più alti della sintesi fra la cultura artistica occidentale e quella bizantina elaborata da maestranze veneziane di formazione bizantina allora attive in area altoadriatica. Morì l’8 agosto del 1161 e fu sepolto nella basilica di Aquileia.

Date

26 Novembre 2020

Tags

Aquileia, Massimo Dissaderi, Patriarchi