L’importante zona del caput adriae, castellieri
La storia del Friuli Venezia Giulia, travagliata e sfaccettata come quella di altre terre di confine e di passaggio, è rintracciabile lungo un complesso percorso che affonda le radici in avvenimenti di portata generale fin dalla preistoria. La storia del caput adriae
#preistoria, #castellieri
Argomenti trattati Le origini del Friuli Venezia Giulia. Età della Pietra e del Bronzo |
L’area del “caput adriae” prima dei castellieri
La zona chiamata “caput adriae” include il comprensorio dell’alto Adriatico che va dal Friuli Venezia Giulia all’Istria.
La presenza umana nell’area è molto antica e può essere fatta risalire almeno al Paleolitico Inferiore grazie ai resti di Homo heidelbergensis rinvenuti nel Riparo di Visogliano, nel comune di Duino Aurisina, datati tra 500.000 e 400.000 anni fa. Essendo l’uomo in questo periodo essenzialmente cacciatore-raccoglitore i reperti sono rappresentati da punte e lame di selce, tracce di insediamenti, resti umani.
Il Paleolitico, l’epoca più antica della preistoria, si suddivide in tre periodi (Inferiore, Medio, Superiore. I tre periodi si riferiscono ad una diversa lavorazione della pietra.
Per il Paleolitico Inferiore, ossia tra 2.000.000 e 250.000 anni fa, in cui l’uomo impara a ricavare schegge dai ciottoli secondo quella che viene denominata Pebble Culture (vedi NOTA 1), abbiamo alcuni riscontri in Friuli Venezia Giulia, sul Carso, nel sito di Visogliano presso il comune di Duino-Aurisina (TS).
Riparo di Visogliano
Sul lato sud di una dolina posta non lontano dall'abitato di Visogliano si apre un riparo sottoroccia scoperto nel 1974. Gli scavi effettuati hanno evidenziato dei depositi interni di terra rossa, al disotto dei quali è presente uno strato di pietre concrezionate, frammiste a ossa fossili di rinoceronte e cavallo e una cinquantina di strumenti di pietra datati al Paleolitico inferiore (450.000-80.000 a.C.).
La scoperta più interessante è sicuramente quella dei resti ossei di Homo erectus e di Homo sapiens arcaico. Il riparo è un sito importantissimo, l'unico che ci documenta la vita sul Carso in un'epoca così lontana.
Riparo di Visogliano. (fonte museionline)
Ubicazione del Riparo di Visogliano
Queste, che sono considerate per ora le più antiche tracce di presenze umane.
Probabilmente i nuclei umani erano provenienti dalla vicina Istria, dove i riscontri di insediamenti umani più antichi vengono datati a circa 800.000 anni fa, favoriti forse dal ritirarsi dei ghiacci.
Le presenze umane risultano più numerose nel Paleolitico medio (120.000-35.000 anni fa): nella grotta di Pocala, presso Aurisina, ha dato numerose informazioni sull’epoca. La Presenza umana in questo sito viene datata tra i 100.000 e i 50.000 anni fa.
Grotta Pocala
La grotta è protetta in quanto grotta preistorica con reperti eccezionali. Lunga quasi 140 metri e profonda una trentina, consta di un'ampia galleria il cui pavimento conteneva, e probabilmente contiene ancora, abbondantissimi resti di animali pleistocenici e scarsi manufatti. Particolarmente numerosi gli ossami di Ursus spelaeus, attraverso i quali già nell'altro secolo era stata possibile la ricostruzione di varie decine di scheletri interi, tutt'ora visibili in musei italiani ed esteri. La grotta, in passato, era indicata con i nomi di Fovea del Campo Rosso e Caverna degli Orsi; più diffuso è invece attualmente il nome di Caverna Pocala, derivante dall'indicazione dei villici "Pod-Kalam", che significa "ai piedi delle rocce".
Ubicazione della Grotta Pocala
Altri rinvenimenti inerenti a questo periodo ci furono negli anni 1964-65 presso la grotta del Monte San Leonardo.
Si tratta di una piccola caverna dove nella parte iniziale della cavità nella parte furono rinvenuti dei reperti risalenti al periodo mousteriano.
Nota. Musteriano è un nome dato dagli archeologi ad un periodo in cui venivano usati attrezzi prevalentemente di selce, associato principalmente con l'Homo neanderthalensis e risalente al Paleolitico medio, la parte centrale del Paleolitico
Nel 1973 furono rinvenuti reperti nella Grotta di Cotariova, presso Sgonico (TS), nella grotta del Çondar des Paganis in comune di Faedis (UD).
Nelle aree montane: per citare alcuni esempi, ad Aviano, a Sequals e nelle ‘grotte verdi’ di Pradis. Con la conclusione delle glaciazioni successive al Paleolitico superiore (35.000-8.000 anni fa), l’antropizzazione subì un arresto.
Le grotte verdi di Pradis rappresentano una delle poche località con attestazioni riferibili all’epoca del Paleolitico medio (120.000-35.000 anni fa). Vi sono stati rinvenuti manufatti litici, come bulini, grattatoi, strumenti a dorso, e frammenti di ceramica.
Nel Mesolitico (8.500-4.000 anni fa) gruppi di cacciatori-raccoglitori, in parte ancora seminomadi, cominciarono a stanziarsi nei primi piccoli insediamenti. Gli indizi di questa originaria modalità di popolamento stabile si possono ritrovare in tutto il territorio friulano.
La colonizzazione in età neolitica è attestata poi, ad esempio, dagli insediamenti di Sammardenchia (Pozzuolo del Friuli) e di Piancada (Palazzolo dello Stella), che documentano le prime coltivazioni di cereali.
Nella zona del Carso triestino, invece, la presenza umana riconducibile a queste epoche non sembra tradursi nella creazione di villaggi all’aperto ma appare concentrata nelle grotte con caratteristiche che sembrano più quelle della saltuarietà e della stagionalità che della stanzialità, probabilmente anche a causa delle condizioni ambientali e geomorfologiche del territorio, poco adatte all’agricoltura e più favorevoli all’allevamento e alla pastorizia.
Oltre a questi piccoli centri di pianura, una delle forme di insediamento adottate a partire dalle età del Bronzo e del Ferro fu quella dei castellieri.
Durante l’Età della Pietra e del Bronzo si ritiene fosse abitato da tribù Paleovenete o Euganei, le cui attestazioni sono frequenti e investono un’area ampia quanto l’odierna Slovenia. Le genti di origine preindoeuropea che, con modalità seminomade, si erano precedentemente insediate in Friuli assorbirono infatti la loro cultura. A testimoniare la compresenza di popoli diversi nel territorio friulano, permangono tracce prelatine nei nomi di luogo. L’accentuata mobilità che caratterizzava queste genti ha comportato la sopravvivenza di pochi reperti materiali.
Gli Euganei vivevano in piccoli villaggi di capanne e all’occorrenza in caverne. Erano dediti alla caccia, all’allevamento del bestiame e all’agricoltura.
Il territorio interessato toccava a settentrione le Alpi, a levante il Timavo inclusi i monti della Giapidia (attuale Carso), a mezzogiorno le paludi Veronesi, quindi lungo il Po fino al mare fino a tutto il territorio padovano.
Con il passar degli anni, con l’aumentare della popolazione, svilupparono il commercio e l’agricoltura producendo miglio, orzo, conservano i boschi di querce per produrre ghiande ed alimentare sterminate mandrie di porci.
Le comunicazioni tra le Alpi e il mare erano rese possibili da numerosi corsi d’acqua che costituirono le strade maestre della preistoria. Mentre nelle zone lagunari si sviluppò la navigazione interna.
Vivevano in comunità di poche decine di individui legati da rapporti di parentela. I loro villaggi erano costituiti da poche capanne di limo argilloso e ramaglie su un’intelaiatura di paletti e non duravano più di un paio di generazioni.
Gli spostamenti stagionali dei pastori lungo i percorsi fluviali che collegavano la pianura alla montagna rendevano possibile la circolazione di manufatti metallici.
La nascita dei castellieri
Poco noto risulta anche il periodo del Bronzo Antico (2300 a.C. - 1700/1600 a.C.).
Caratteristici di questo periodo sono i tumuli funerari molto diffusi sul nostro territorio (Monte Ermada, Monte Orsario, Monte Cocusso e Monte Grisa sul Carso triestino, e diverse decine note nella media pianura friulana) che, in qualche modo, preludono allo stanziamento stabile delle popolazioni.
Il Bronzo Antico fu, pero, anche il periodo in cui, grazie probabilmente ad un aumento demografico e all’intensificarsi dei circuiti di scambio terrestri e marittimi con le aree delle società più complesse dell’Adriatico meridionale e con quelle dei bacini metalliferi alpini e balcanici, si verificarono dei mutamenti nell’organizzazione sociale delle comunità che portarono alla fondazione dei primi castellieri.
I castellieri erano dei borghi fortificati posti in collina e protetti da una o più cerchie di mura: a tutti gli effetti i primi centri abitati della regione.
A partire dai secoli XX e XIX, nell’Italia nord-orientale sorsero alcuni nuovi insediamenti, molto più grandi dei precedenti, risultato dell’aggregazione di vari gruppi umani. Questi centri, dapprima poco numerosi, dotati di strutture difensive visibili a distanza e destinati a durare a lungo, furono costruiti in posizioni dominanti o in luoghi favorevoli ai contatti. Questa nuova cultura dei castellieri si sviluppò inizialmente in Istria per poi espandersi successivamente in ì Friuli (cjastelîr in friulano), Venezia Giulia, Dalmazia, Veneto e zone limitrofe.
Distribuzione dei castellieri nel Caput Adriae. (Fonte Simeoni)
Le comunità dei castellieri, che erano costituite da un numero variabile di individui, comunque non superiore a qualche centinaio, dovevano essere dotate di una forte coesione interna e di un elevato livello di organizzazione, senza, probabilmente, che vi fossero differenziazioni sociali molto marcate.
I secoli tra il 1600 e il 1200 a.C. sono caratterizzati da un notevole incremento demografico. Essi occupano luoghi scelti sempre più oculatamente, in zone fertili e presso corsi d’acqua che soddisfano le esigenze di approvvigionamento idrico per uomini e bestiame e facilitano le comunicazioni. Si diffondono due tipologie insediative: l’abitato di riva o su dosso fluviale, detto “di ambiente umido”, e il villaggio fortificato (“castelliere”), per lo più su altura.
L’abitudine di fortificare i villaggi, largamente documentata in Europa e in Italia nord-orientale, denota senza dubbio esigenze difensive e rapporti conflittuali fra tribù.
In questo ciclo di popolamento, d’importanza cruciale per la protostoria della regione, si delineano delle zone soggette ad influssi diversi: il Friuli orientale appare legato soprattutto alle cerchie culturali dell’odierna Slovenia; la Destra Tagliamento è aperta al Veneto e di qui all’Italia peninsulare; la pianura tra Tagliamento e Isonzo è ricca di stimoli provenienti sia da nord che da sud; l’arco delle colline e la fascia pedemontana sono orientati più nettamente verso le culture transalpine.
Nel corso del XII sec. a.C. Segue un momento di crisi generalizzata causato probabilmente all’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali (si pensi al disboscamento causato dall’enorme uso di legname per le molteplici esigenze dell’edilizia, della produzione metallurgica e della vita domestica). In Friuli la recessione colpisce soprattutto la zona più ricca e più popolata, la bassa pianura, si può pensare anche ad un peggioramento dei rapporti fra tribù confinanti – tant’è vero che poco più tardi i villaggi fortificati dell’alta pianura udinese sembrano trarre vantaggio dalla situazione.
Nella Bassa udinese, scomparsi gl’insediamenti di ambiente umido, la vita sembra concentrarsi in zone ristrette come il circondario di Aquileia e su percorsi d’importanza primaria, quale quello che segue la linea delle risorgive, dove rifiorisce il villaggio arginato di Castions di Strada.
Nell’alta pianura e lungo la Pedemontana il recupero è più rapido: tra XI e X secolo si registra qui uno straordinario incremento dell’attività costruttiva, evidente in imponenti lavori di ampliamento delle aree abitate e la fondazione di nuovi villaggi arginati. In questo periodo si osserva la fondazione di Gradisca di Spilimbergo per proteggere un cruciale punto di attraversamento del fiume.
Nel corso del IX sec. a.C. in Friuli, come in genere nel Nord-Est, l’assetto sociale era caratterizzato dall’emergere di figure di capi guerrieri ma anche di ampi rapporti sia terrestri che marittimi, nel territorio alto-adriatico si estendevano tratti culturali comuni, come indica ad esempio la notevole omogeneità della ceramica prodotta in Friuli, nel Veneto orientale e nella Venezia Giulia.
I centri più grandi costituivano con i più vicini dei complessi sistemi insediativi: è questo, ad esempio, il caso di Udine e dei centri satelliti circostanti.
Insomma in questo periodo risaltavano la notevole quantità di stimoli provenienti da diverse direzioni (favoriti dalla geografia della regione, con la sua ottima rete di collegamenti terrestri e con alcuni buoni approdi) e ad una solida organizzazione sociale di tipo tribale avanzato, che permetteva ai castellieri dell’entroterra di svolgere un’efficace funzione di tramite con le aree alpine e transalpine, mentre la zona di Aquileia faceva da intermediaria tra il mondo veneto-padano e le regioni dell’arco alpino orientale fino al Carso e all’Istria e di qui alla penisola balcanica.
Dopo questo ciclo di considerevole stabilità e uniformità culturale che si chiude nel VIII sec. a.C., il Friuli apparirà legato culturalmente al Veneto, e in particolare a Este, sulla via dell’Adige, che ha ormai sostituito il Po quale asse portante dei commerci padano-veneti.
Il periodo tra la fine VIII e inizio VII sec. a.C. è segnato da fenomeni locali di crisi. Alcuni siti prima fiorenti come Castions e Variano cessano di esistere; in altri si registrano temporanei abbandoni: la fortezza di Gradisca di Spilimbergo veniva distrutta da un violento incendio e rimarrà deserta per circa un secolo.
A causa dello spostamento delle vie commerciali, i castellieri e gli abitati della pianura fronteggiano momenti difficili, contemporaneamente appaiono in rapida crescita altri centri come Montereale Valcellina, Invillino e Paularo in Carnia, S. Lucia di Tolmino nell’alto Isonzo. Contemporaneamente a sud delle risorgive si fondano alcuni nuovi abitati.
Tra la fine del VII e VI-V sec. a.C., il Friuli protostorico vive un ultimo periodo di considerevole prosperità.
Inizia un ciclo di trasformazioni rapide, di crescenti differenziazioni sociali e culturali, di nuove aperture verso il mondo esterno. Nel Nord-Est cominciano a diffondersi manufatti pregiati prodotti nell’Etruria tirrenica e in area veneto-padana, nell’Italia adriatica, in Grecia e perfino nel mondo fenicio-punico. Al di là delle Alpi nel frattempo si sono formati dei “principati” celtici che tramite le comunità stanziate a sud delle Alpi entrano in contatto con le ricche cerchie dell’Italia peninsulare in grado di soddisfare la loro aspirazione ad ottenere vasi bronzei da simposio e ornamenti di lusso.
Nell’alta pianura la popolazione è ora concentrata in pochi abitati – Gradisca di Spilimbergo, Pozzuolo del Friuli, Udine – in posizione idonea ai traffici con l’Oltralpe (Austria e Slovenia), da cui provengono i rifornimenti di ferro.
È questo l’ultimo periodo di vita e di vivacità culturale dei castellieri dell’alta pianura.
Tra il V ed il IV sec. a.C. questi centri vanno incontro ad una crisi gravissima e irreversibile.
Diversa appare la situazione della fascia costiera: Aquileia vive nell’abbondanza.
Nota 1. Pebble cultures. Ciclo di culture (ingl. «culture del ciottolo») risalente al Paleolitico inferiore, di cui sono stati trovati giacimenti in Africa: manufatti litici (ciottoli scheggiati a sferoidi o tagliati a un’estremità), associati ai più antichi Ominidi noti.
BorgnaElisabetta, Cassola GuidaPaola, CorazzaSusiIl Friuli prima dei Romani.Tiere Furlane.2010,Vol. Anno 2,1.
GrassiNiccolo Notizie Storiche della Provincia della Carnia.1782.
IveticEgidio Istria nel tempo.2006.
LirutiGianGiuseppe Notizie delle Cose del Friuli secondo i tempi Vol. 1.1777.
Francesco di Manzano Annali del Friuli ossia raccolta delle cose storiche appartenenti a questa regione Vol. I.1858.
Paola Maggi, Fabiana Pieri, Paola Ventura, Monte Castellier. Le pietre di Elleri narrano la storia, 2005
Articoli correlati