Dionysius Exiguus (latino per "Dionigi il Piccolo", 470 d.C. - 544 d.C. circa) è l'inventore del nostro calendario, cioè quello che inizia il computo "positivo" degli anni dall'annus domini.
Dionysius Exiguus (latino per "Dionigi il piccolo", 470 d.C. - 544 d.C. circa) è l'inventore del nostro calendario, cioè quello che inizia il computo "positivo" degli anni dall'annus domini.
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Dionigi il Piccolo era un monaco che visse a Roma tra il 500 e il 545.
Dionigi era nato nella provincia della Scizia minore, la moderna Dobruja, in Romania. Era un membro di una comunità di monaci sciti concentrati a Tomis (oggi Costanza), la principale città della Scizia minore.
Antico calendario romano, Clicca sull'immagine per ingrandire
Era molto dotto, conoscitore del greco e coordinatore di documenti di diritto canonico. A partire dal 500 circa si trasferì a Roma, dove, come membro istruito della Curia romana, tradusse dal greco in latino 401 canoni ecclesiastici, inclusi i canoni apostolici; i decreti dei concili di Nicea, Costantinopoli, Calcedonia e Efeso. Dionisio scrisse anche un trattato di matematica, fu amico di Boezio e Cassiodoro.
La sua fama è però legata alla riforma del calendario cristiano e alla fissazione della Pasqua.
Nel 525, infatti, il papa Giovanni I lo incaricò di compilare delle nuove tavole pasquali.
Il problema della Pasqua era stato risolto, dopo notevoli difficoltà, nel 325 nel Concilio ecumenico di Nicea.
Fino al Concilio di Nicea (325 d.C.) ci fu uno scontro tra chi propendeva per celebrare la Pasqua riferendosi al calendario lunare (secondo l’usanza ebraica collegata al 14 nisan) in qualunque giorno della settimana cadesse e chi invece riteneva di celebrarla comunque di domenica, subito dopo la prima luna piena di primavera. Prevalse la seconda posizione e si stabilì che la Pasqua cadesse la prima domenica dopo la prima luna piena successiva all’equinozio di primavera, giorno dell’equinozio incluso.
In quella sede si adeguò l’equinozio di primavera al 21 marzo, e la Pasqua doveva essere celebrata la prima domenica successiva alla luna piena (luna XIV) dopo tale data. Quindi i giorni utili andavano dal 22 marzo al 25 aprile. Inoltre la data della Pasqua doveva essere notificata a tutte le Chiese dal vescovo di Roma, ossia dal papa. Però proprio a Roma la situazione relativa a ciò era diventata anomala.
Nota. La data pasquale fu uno dei motivi di conflitto nel 501 durante lo scisma laurenziano . Simmaco festeggio celebrò la Pasqua il 25 marzo invece che alla data del 22 aprile (data desunta dal calendario alessandrino ed in uso nella chiesa romana).
Calendario per il calcolo della Pasqua di Dionigi. Clicca sull'immagine per ingrandire
Quando Dionigi cominciò a lavorare l’equinozio era già stato spostato al 18 marzo. Fin da allora, infatti, erano stati osservati gli effetti del ben noto errore del calendario giuliano (11m 14s di eccedenza all’anno), quindi era stato necessario adeguare le date. Però, singolarmente, per la fissazione della Pasqua, si osservavano criteri precedenti a Nicea, cioè i limiti erano 25 marzo – 21 aprile.
Il Calendario Giuliano
Prima di avere un calendario completamente stabile nella storia si è dovuto attendere l’avvento dell’Imperatore Caio Giulio Cesare. Egli fece la prima riforma ragionata nei calendari. Costruì il calendario con 7 mesi da 31 giorni, 4 mesi da 30 giorni e 1 mese da 28 giorni. Decise inoltre che siccome con questo sistema le stagioni si spostavano lo stesso ogni quattro anni venisse ripetuto il sesto giorno prima delle Calende. Da questa particolarità deriva il termine bisestile (bi-sextus) cioè due volte il sesto giorno (prima delle calende). Curioso è che Giulio Cesare si riservò un mese intitolato a suo nome, il mese di Luglio che deriva dal Latino "Julius" (ovvero "di Giulio" oppure "Giuliano"). Il calendario fu messo in opera però dal successore di Cesare, Augusto che pure si dedicò un mese all’interno del calendario, Agosto (da "Augustus" o Augusto). Per rimettere a posto la data e ricoordinare le stagioni, la riforma creò molta confusione tra la popolazione e l’anno 46 a.C. è noto anche per il fatto che durò 460 giorni. Con questo calendario detto calendario Giuliano l’anno medio aveva una durata di 365,25 giorni che era un’ottima approssimazione dei 365,2422 dell’anno solare. Quel tipo di calendario entrò in vigore in tutta la popolazione romanica e romanizzata.
La novità di Dionigi fu di far sì che l’anno subentrante all’ultimo di quelli in cui la data della Pasqua era stata fissata da san Cirillo, il 248° di Diocleziano, non fosse più da considerarsi tale, bensì più convenientemente il 532 A.D. (Anno Domini) dall’incarnazione di Nostro Signore. Calcolò la sostituzione avvalendosi del ciclo alessandrino, che poneva l’inizio del ciclo di diciannove anni all’anno 1 a.C. (inizio del primo anno successivo alla nascita di Gesù, di pochi giorni precedente). Così Dionigi è scagionato da responsabilità di chissà quali clamorosi errori, di quattro o più anni, che non gli sono proprio imputabili.
Dionigi arrivò a stabilire la nascita di Gesù il 25 dicembre dell’anno 754 dalla fondazione di Roma (Ab Urbe Condita): il monaco si riferì in special modo a un versetto del Vangelo di Luca (3, 1-3) in cui si dice che Giovanni Battista iniziò la sua predicazione «l’anno quindicesimo del regno di Tiberio Cesare», imperatore romano salito al trono nel 768 di Roma; il quindicesimo anno del suo regno corrisponde quindi al 783; considerando che Gesù aveva circa trent’anni quando si fece battezzare da Giovanni, Dionigi sottrasse i 29 anni compiuti da Gesù dal 783 ottenendo così come data di nascita il 753 dalla fondazione di Roma, e quindi decretò che il successivo 1 gennaio fosse stato quello dell’anno 1 dell’era cristiana, cioè l’1 d.C.
Oggi noi sappiamo che quella data è errata e i più recenti studi sono ormai concordi nel dire che il Cristo è nato negli anni 747-748 Ab Urbe Condita. Quindi Dionigi sbagliò di circa 5 anni, errore che, considerati i mezzi in suo possesso, è a tutt’oggi più che tollerabile.
Il calcolo di Dionigi venne subito felicemente accolto da tutto il panorama clericale e determinò le datazioni dal sesto secolo in poi.
L’anno iniziato dopo la nascita di Gesù venne chiamato dunque "Anno I Domini Nostri Jesu Christi" ovvero "Primo anno di vita di Nostro Signore Gesù Cristo".
Dionigi il Piccolo
Uno dei problemi di Dionigi è stato di dover fare i conti, algebricamente, con una nozione ancora non sviluppata nel mondo cristiano (o forse solo non permessa, e quindi non utilizzabile), ossia quella dello zero. La nozione arabica di zero non era ben vista dal Clero dato che proveniva dalla cultura di un popolo "infedele". Inoltre l’anno -1 non aveva ragione di esistere dato che non erano mai stati introdotti i numeri negativi e la loro invenzione risale solo al sedicesimo secolo.
Per calcolare quanti anni sono passati tra l’1/1/1 a.C. e l’1/1/1 d.C., l’algebra darebbe 2, ma di anno ne è passato solo uno.
Va inoltre ricordato che il calendario Annus Domini fu ideato da Dionigi non tanto perché gli fu richiesto dal papa, ma perché egli riteneva che, seppure solo nel calcolo delle tabelle pasquali, non si dovesse esaltare l’immagine di Diocleziano, il grande persecutore dei cristiani, e inoltre perché ogni nazione faceva partire il suo conteggio da date diverse. Ad esempio in Spagna si usava il 38 a.C. come anno zero, altri ancora usavano ancora dalla fondazione di Roma etc. Allora la chiesa orientale utilizzava la datazione dell'anno zero a partire dal 284, detta "era dei martiri".
Nonostante la sua invenzione nel sesto secolo, il calendario “annus domini” non fu utilizzato che sporadicamente per molti secoli. Fu popolarizzato dallo scrittore anglosassone Beda il bardo, attivo nell’ottavo secolo, che lo usò per le sue cronache.
Grazie all’influenza di uomini di cultura provenienti dalla Britannia, nella seconda parte dell’ottavo secolo si affermò alla corte di Carlo Magno che lo impose in tutto il suo vasto e nebuloso impero come il computo ufficiale degli anni, diffondendolo in tutta l’Europa occidentale e da lì al mondo intero.
L’ultima riforma del calendario, che lo ha portato alla forma utilizzata oggi, fu quella di papa Gregorio XIII nel 1582, da cui il calendario prende appunto il nome di calendario Gregoriano.
Calendario Gregoriano
Il calendario Gregoriano
Nel 1582 papa Gregorio XIII introduce l’ultima riforma che interessa il nostro calendario. Egli modifica il conteggio degli anni facendo sì che gli anni multipli di 100 fossero bisestili solo se divisibili per quattrocento. Dunque gli anni 1800, 1900 e 2100 sebbene divisibile per quattro non sono bisestili, mentre lo è il 2000. Con questo sistema la durata dell’anno civile medio è di 365,2425 giorni, con uno scarto i soli 0,0003 giorni (Ciò significa che le stagioni si spostano di 3 giorni ogni 10000 anni) che è la migliore approssimazione a cui il nostro calendario è giunto. Inoltre, per far sì che l’equinozio di primavera fosse di nuovo il 21 Marzo, papa Gregorio abolì per il 1582 i giorni dal 5 al 14 d’ottobre facendo sì che al 4 d’ottobre 1582 seguisse istantaneamente il 15 ottobre. Questo è il calendario correntemente in uso. Siccome tale riforma è avvenuta dopo la scissione della chiesa ortodossa, non tutte le popolazioni hanno assunto questo tipo di calendario, alcuni paesi asiatici ad esempio lo hanno accettato solo di recente (ventesimo secolo). Il Calendario Gregoriano è dunque solo un’estensione di quello Giuliano con la data calcolata da Dionigi
Dionysii Esigui, Incipit Liber Dionysii Esigui, in Patrologiae Latinae
Venerabilis Bedae, De temporum ratione, Caput XLVII, De annis dominicae Incarnationis
Adriano Cappelli, Cronologia, Cronografia e Calendario perpetuo, Editore Ulrico Hoepli, Milano, 1998
I calendari - a cura di Riccardo Deserti & Billi Forlivesi
Scritto da:
Andrea Acanfora
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