La dinastia dei Pipinidi e il Regno di Carlo Magno
Carlo Magno apparteneva alla dinastia dei Pipinidi. La sua ascesa e la guerra contro i Sassoni. Carlo Magno conquista l’Italia e la sua incoronazione. Ludovico il Pio diventa imperatore. Gli succede Carlo il Grosso.
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La dinastia dei Pipinidi
Carlo Magno, il creatore di una nuova struttura imperiale dopo il tramonto dell’Impero romano d’Occidente, appartiene alla dinastia dei Pipinidi. Suo padre, Pipino il Breve, figlio di Carlo Martello – il vincitore degli Arabi a Poitiers – è l’artefice delle fortune della famiglia.
(Questo dipinto appartiene ai Ritratti dei re di Francia , una serie di ritratti commissionati tra il 1837 e il 1838 da Luigi Filippo I e dipinti da vari artisti per il Musée historique de Versailles .)
Pipino il Breve spodesta il re franco
Pipino il Breve era il figlio secondogenito del Maggiordomo di palazzo di Austrasia ed in seguito maggiordomo di palazzo di tutti i regni dei Franchi, Carlo Martello (ca. 650-† 717).
Carlomanno e Pipino, dopo che il trono del regno dei Franchi era stato vacante per alcuni anni, decisero, alla fine del 741 (o nel 742), di riconoscere come re il merovingio Childerico III.
Pipino, nel 751, inviò a Papa Zaccaria delle lettere e, all'insaputa del suo re, una delegazione a Roma, chiedendogli se il titolo di re appartenesse a chi esercitava il potere o a chi era di sangue reale. Il papa rispose che doveva essere re colui che veramente esercitava il potere.
Pipino, con un’azione energica privò del potere l’ultimo appartenente a un lignaggio che, con un’accorta operazione di damnatio memoriae, nelle cronache successive sarà definita di rois faineants, re fannulloni.
L’usurpazione di Pipino il Breve venne approvata dalla Chiesa, che ne suggellò il ruolo preminente: nel 752 Bonifacio, futuro santo, consacra Pipino con il crisma con il quale vengono unti i vescovi e viene nominato difensore della Chiesa. Due anni dopo papa Stefano II lo riconsacra re dei Franchi. Tale operazione fa acquisire alla monarchia francese un carattere sacro e la rende l’effettivo scudo della Chiesa di Roma contro eventuali pericoli: un ruolo che viene rinsaldato durante il regno di Carlo Magno.
Carlo Magno diventa sovrano.
Alla morte di Pipino, avvenuta nel 768, il regno viene diviso, secondo la tradizione franca, fra i due figli, Carlo – che sarà detto Magno – e Carlomanno, ciascuno dei quali può fregiarsi del titolo di rex Francorum. Tuttavia, la prematura morte di Carlomanno, nel 771, consente a Carlo Magno di ricostituire a suo vantaggio l’unità del regno e promuovere una politica espansionistica in Europa.
Il regno dei Franchi ha dunque un nuovo sovrano, giovane, robusto, coraggioso, ambizioso, fedele al Papa e alla Chiesa. Carlo Magno, il padre dell'Europa quale oggi la conosciamo deve affrontare problemi giganteschi, proporzionati all'estensione del suo regno: anzitutto proteggere il Papa dalle pretese dei Longobardi e, in secondo luogo, controllare l'attività dei musulmani al di qua dei Pirenei.
Le prime campagne di Carlo sono rivolte a rinsaldare il suo regno, riconquistando l’Aquitania già possesso del padre e ribellatasi alla sua morte, e rinforzando il confine nordoccidentale, in corrispondenza della Bretagna, mai conquistata.
Carlo Magno scende in armi nella Penisola italiana
Nel 772, infatti, su precisa richiesta del pontefice, il re franco scese in armi nella Penisola italiana: il suo obiettivo era quello di sconfiggere i Longobardi, intenzionati ad ampliare il territorio in Italia centrale a danno della Chiesa. La campagna militare si risolse con un successo dei Franchi, che, presa Pavia nel 774, scacciano dall’Italia settentrionale i Longobardi. Carlo assume il titolo di rex Francorum et Langobardorum ed estese i suoi domini fino a comprendere gran parte dell’Italia settentrionale, cedendo molti possedimenti dell’Italia centrale strappati ai vinti alla Chiesa.
Maggiormente contrastata fu l’azione condotta da Carlo Magno contro gli Arabi del califfato di Cordoba; tuttavia anche sul fronte iberico le limitate vittorie riuscirono a far guadagnare la costituzione della cosiddetta marca Hispanica, in grado di difendere dall’attacco musulmano l’Europa centrale.
Ma a che serve proteggere il Papa se non si riesce a impedire che i barbari Sassoni attacchino continuamente le zone di confine, mettendole a ferro e fuoco? La risposta più naturale e, militarmente, l'unica praticabile è la spedizione punitiva.
Ascesa dell’Impero dei Franchi. Clicca sull’immagine per ingrandire. (credit Frankish_Empire_481_to_814-en.svg)
La guerra contro i Sassoni
È un esempio di guerra totale, a metà tra la scorreria barbarica e l'offensiva strategica romana. Individuato un obbiettivo pagante, come la capitale o il santuario principale dei pagani, viene formato un gruppo tattico che, entrato in territorio nemico, vendica le incursioni con la stessa devastante moneta: incendio, saccheggio e stupro, un solco di cenere e di orrore fino all'obbiettivo finale. Tutto ha rilevanza militare: case, campi, alberi, bestiame, donne e bambini. Ciò che non si distrugge si deruba, coloro che non sono uccisi sono deportati, poiché coi sassoni non può esserci pace duratura. Non esistendo un potere centrale sassone, l'attività diplomatica è inutile: impossibile accordarsi con tutte le tribù. E allora, per reagire alle loro scorrerie, bisogna puntare al cuore del paese, il santuario pagano di Irminsul, la sacra Quercia che sosteneva la volta del cielo, ai cui piedi i Sassoni seppellivano ingenti fortune e compivano sacrifici.
La rappresentazione dell'Irminsul come colonna ma anche albero che sorregge il mondo
Le asce dei guerrieri Franchi squartarono l'idolo schiantandolo al suolo, mentre i tesori venivano disseppelliti e imballati. Iniziava così una guerra spietata che sarebbe durata più di trent'anni. Un Vietnam del Medioevo, fatto di marce nella boscaglia, d'estate e d'inverno, di imboscate improvvise e di massacri indiscriminati.
Fin dall'inizio Carlo si pone come obbiettivo finale la conversione di quel popolo intrepido e testardo.
La Chiesa, in questo periodo, deve far finta di nulla poiché deve a Carlo niente meno che la propria sopravvivenza. Ciò però non può impedire ad Alcuino, uno tra i più influenti consiglieri di Carlo, di sdegnarsi contro una eccessiva disinvoltura del potere carolingio nel comunicare l'amicizia di Cristo con gli uomini attraverso il filo della spada: "Ah, se a questo popolo fossero stati predicati il giogo leggero del Cristo e il suo soave fardello con lo stesso calore con il quale viene preteso il pagamento delle decime e punita la più piccola mancanza, forse non si sarebbe sottratto al giuramento del cristianesimo. Forse che gli Apostoli, dal Cristo edotti e mandati a predicare attraverso il mondo, riscuotevano decime e chiedevano regalie? Certo la decima è una buona cosa, ma è meglio perderla che perdere la Fede. Come ha detto Sant'Agostino la Fede è atto di volontà, non d'obbligazione. L'uomo può essere condotto alla Fede, non esservi costretto: bisogna mandare in Sassonia sapienti missionari istruiti dall'esempio degli apostoli, che siano predicatori e non massacratori e predoni".
Ma a queste nobili parole, cui però seguirono, col tempo, i fatti di una reale evangelizzazione che rese la Sassonia un vero avamposto della cristianità durante le invasioni magiare, si rispondeva con dichiarazioni sprezzanti, tipiche dell'aristocrazia franca. Quando i Sassoni prenderanno le armi nuovamente, non ci sarà spazio per mediazioni, solo per un odio tanto più feroce quante maggiori sono state le perdite in questa guerra sanguinosissima: "Come il cane ritorna al suo vomito, i Sassoni sono ritornati al paganesimo, mentendo a Dio e al loro signore, il re, che li aveva tuttavia colmati di benefici, e trascinarono con sé i popoli pagani circonvicini".
I Sassoni, guidati da un capo che passerà alla leggenda, il celebre Widukind, colsero di sorpresa un'intera armata franca tra i boschi sulle pendici del Suntelgebirge e ne fecero strage. In una mischia terrificante, caddero i capi della spedizione, il camerario Adalgiso e il conestabile Gilone. Appesantiti dalle corazze e dal caldo sole di giugno, i cavalieri franchi morirono a centinaia, sgozzati dai sassoni seminudi e feroci: tra gli altri morirono anche quattro conti e venti ufficiali, alcuni alla loro prima spedizione militare.
Era una disfatta gravissima e Carlo fu fulmineo nella rappresaglia. Radunati i suoi corpi scelti, cavalcò verso il punto dell'agguato e intercettò i Sassoni alla confluenza del Weser con l'Aller, sul campo di Verden. La fanteria sassone rimase imbottigliata e stavolta toccò ai cavalieri franchi fare strage dei propri avversari, combattendo in campo aperto e alle proprie condizioni. Widukind riuscì a salvarsi con pochi altri, mentre ben 5.000 guerrieri furono fatti prigionieri e portati davanti al re. Lì fu loro chiesto di rinnegare Wotan e di riconoscere Cristo come unica verità e salvezza. Il primo di essi si rifiutò, Carlo batté la spada sul pavimento del palco e un carnefice fece rotolare la testa del pagano a terra. Così avvenne per ben quattromilacinquecento volte, per tre giorni e per tre notti di continue esecuzioni e sporadiche conversioni. Poi la guerra continuò violentissima e devastante.
Ogni anno, per i tre anni successivi, le armate di Carlo invasero la Sassonia, svernarono anche nel cuore del paese stesso riprendendo a distruggerlo ai primi tepori primaverili finché ogni resistenza cessò e lo stesso Widukind si arrese e si fece battezzare. Eppure la resa definitiva dei sassoni sarebbe venuta solo nell'803, dopo ben quattordici operazioni militari. Un risultato notevole, senz'altro: ma non fu la forza delle armi a trasformare, in meno di un secolo, quella popolazione pagana in un baluardo insormontabile della Cristianità. Alcuino, e i martiri come San Bonifacio, erano riusciti col proprio sangue e con la parola là dove la spada aveva fallito.
Incoronazione di Carlo Magno
Carlo Magno, venne incoronato imperatore a Roma nella notte di Natale dell’800 da papa Leone III. L’Impero rinato attraverso l’espansione della monarchia carolingia avrebbe voluto essere la restaurazione dell’Impero romano d’Occidente, ma la nuova costruzione politica, da cui furono escluse l’Irlanda e la Britannia ormai convertite al cristianesimo, non ricostituisce il vecchio impero né incorpora tutta la cristianità occidentale. È un impero franco-cattolico, il cui cuore non è più il Mediterraneo, ma la valle del Reno e al cui vertice si trova un barbaro che aggiunge il titolo imperiale a quello regale.
Tale costruzione politica, funzionante in base ai rapporti vassallatico-beneficiarii oltre che grazie all’elaborazione di una struttura centralizzata di funzionari (i missi dominici), ha tuttavia breve durata.
Ludovico il Pio diventa imperatore
Alla morte di Carlo Magno nell’814, l’impero rivelò tutta la sua fragilità.
Casualmente, nell’814, per la scomparsa dei fratelli, la corona passò nelle mani di Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno. Ludovico il Pio, a differenza del padre che aveva portato tre titoli (rex Francorum, rex Langobardorum e imperator), volle fregiarsi unicamente del titolo imperiale: non si trattò di un questione meramente nominalistica, quanto della sottolineatura del carattere unitario dell’impero.
Conseguenza di ciò appare l’Ordinatio imperii, emanata nell’817: il documento proclama l’unità dell’impero e designa quale unico erede al titolo imperiale il figlio primogenito Lotario, mentre a ciascuno degli altri due figli, Pipino e Ludovico, viene assegnato un regno, rispettivamente l’Aquitania e la Baviera. Al titolo imperiale viene associato anche il possesso dell’Italia.
L’Ordinatio imperii venne però messa in discussione dallo stesso Ludovico il Pio, quando decise una nuova suddivisione per attribuire un regno anche al figlio più giovane, Carlo, nato nel frattempo dalla seconda moglie. Scomparso Pipino nell’838, morto l’imperatore Ludovico il Pio nell’840, i tre figli sopravvissuti, Lotario, Ludovico, detto il Germanico, e Carlo, detto il Calvo, si disputarono l’eredità.
Nell’842 Ludovico e Carlo stipularono il Giuramento di Strasburgo, con il quale si giurarono reciproca fedeltà.
Giuramento di Strasburgo in volgare francese, antico tedesco e latino
Il conflitto si concluse con la stipula del trattato di Verdun (843).
Con esso si stabilisce una divisione che attribuisce a Lotario, il primogenito, il titolo imperiale e il possesso dell’Italia, della Provenza e della cosiddetta Lotaringia (un’ampia fascia di terra compresa tra le Alpi e il Mare del Nord); a Carlo va il territorio a ovest di questa zona; a Ludovico il territorio ad est. Emerge così una carta politica dell’Occidente destinata a durare per secoli, mentre quello della restaurazione di un’autorità imperiale in grado di imporsi su tutte i diversi regni sembra rimanere solo un sogno.
L'ex impero carolingio dopo il trattato di Verdun. Clicca sull'immagine per ingrandire
Carlo il Grosso diventa imperatore
Dopo il Trattato di Verdun, la morte precoce di tutti i pretendenti al trono riporta per breve tempo il potere nelle mani di un unico sovrano, Carlo il Grosso (881-888), figlio di Ludovico il Germanico.
Nell’887 però l’aristocrazia tedesca si ribella contro l’imperatore Carlo il Grosso ed elegge come proprio sovrano Arnolfo di Carinzia.
Nell’888 anche l’aristocrazia francese si solleva contro Carlo il Grosso (che muore nello stesso anno) e il regno di Francia va a Oddone di Angers. Termina così l’impero di Carlo Magno.
Da segnalare che l’anno prima del trattato, nell’842, Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico strinsero un’alleanza militare contro il fratello Lotario e pronunciarono il famoso giuramento di Strasburgo che costituisce il primo documento delle nascenti lingua francese e tedesca. Infatti Ludovico il Germanico lesse il giuramento nella lingua dei Franchi per farsi comprendere dai soldati di questa nazionalità e Carlo il Calvo lo lesse nella nascente lingua tedesca affinché fosse compreso dai soldati di Ludovico il Germanico
Da questo momento in poi da realtà politica, l’Impero diventa una realtà ideale: infatti, se da un lato l’impero non era più una realtà amministrativo-politica subordinata ad un’autorità centrale, dall’altro si faceva strada l’idea che prima o poi si sarebbe riformato un impero secondo l’esempio romano.
Per tutta la durata del IX secolo si ebbero delle lotte per la successione all’interno dei tre regni e questo non fece altro che indebolire il governo centrale.
Ad una situazione così fragile vanno aggiunte l’invasione dei Saraceni a sud, quella degli Ungari ad est e quella dei Vichinghi a nord.
Nell’anno 887, l’imperatore Carlo il Grosso fu deposto dai suoi stessi vassalli e a questo punto si può veramente dire che l’impero era finito e i tre stati in cui inizialmente fu diviso l’impero presero strade diverse.
In Francia i Carolingi continuarono a governare per un altro secolo, ma piano piano cedettero il loro potere ai vassalli, fin tanto Ugo Capeto non prese definitivamente il loro posto. E’ cosi che la dinastia dei Capetingi sostituì quella dei Carolingi.
In Italia, la deposizione di Carlo il Grosso creò un notevole disordine perché i nobili locali volevano appropriarsi sia della corona dell’impero che di quella del regno d’Italia. Tali signori erano talmente forti da intervenire anche nella nomina del papa. L’Italia meridionale vedeva l’espansione dell’Impero Bizantino con Basilio II. Egli aveva in progetto di liberare la Sicilia dall’invasione musulmana, ma purtroppo morì prima di realizzare il suo progetto. Il regno d’Italia fu attribuito da un’assemblea nobiliare a Berengario I, marchese del Friuli.
In Germania, invece, il potere locale era meno forte perché per far fronte all’invasione degli Ungari bisogna restare più uniti possibile. Nel 919 la corona fu assegnata ad Enrico I che ottenne l’ereditarietà del titolo. Infatti, alla sua morte il trono passò al figlio Ottone I.
La deposizione inaugura uno dei momenti più complessi dell’età medievale. L’Europa appare divisa in diversi regni: Germania, Francia, Italia, Bassa Borgogna (o Provenza), Alta Borgogna. Tuttavia, al loro interno il re spesso non ha alcuna forza al di fuori dei suoi possessi personali e può trovarsi contrastato dagli stessi feudatari che lo hanno eletto. Tale stato di disordine è ravvisabile anche all’interno del Papato in via di formazione e consolidamento. L’atmosfera è poi ulteriormente aggravata in Europa dalle cosiddette «seconde invasioni» barbariche, protagonisti gli Slavi, i Saraceni, gli Ungari e i Vichinghi.
Bibliografia
Giovanni Isabella, Modelli di regalità nell’età di Ottone I, Tesi di dottorato in Storia Medievale, Università degli Studi di Bologna
WIDUKINDI MONACHI CORBEIENCIS Rerum Gestarum Saxonicarum libri tres, ed. P. Hirsch – H. E. Lohmann, MGH Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum separatim editi 60, Hannover 1935
Liutprando di Cremona : Opere . In: Fonti sulla storia dell'era imperiale sassone
Franco Savelli e Tonino Pau - Dal Feudalesimo ai Comuni - Conflitto tra Papato ed Impero
Alberto LEONI - Carlo Magno e la guerra contro i vietcong sassoni (storia di uomini di spada e di fede)
Nicholas Goodrick-Clarke, Le radici occulte del nazismo,
Gerd Althoff, Hagen Keller : Il tempo degli ultimi carolingi e ottoniani. Crisi e consolidamenti 888-1024
Gerd Althoff e Hagen Keller: Heinrich I e Otto il Grande: un nuovo inizio nell'eredità carolingia
Scritto da:
Andrea Acanfora
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