La nobiltà nel Friuli carolingio

 

Una riorganizzazione territoriale ed istituzionale operata dal re dei Franchi è innegabile, lo testimonia la presenza, a partire dalla fine del VIII secolo, di un contenuto ma inequivocabile numero di funzionari pubblici definiti «marchesi del Friuli».

Gli storici tendono ad escludere che la creazione della marca friulana sia stata operata da Carlo Magno in tempi rapidi, ovvero all’indomani della vittoria su Rotcauso.

Sembra che la figura del funzionario carolingio, sia esso conte o marchese, coabitasse con l’aristocrazia longobarda.

La nobiltà longobarda era profondamente radicata nel territorio italico ed integrata con le popolazioni locali. Rappresentava, tra i secoli VIII e IX, il ceto dei grandi possidenti terrieri ed è difficile immaginare ad una nuova forma di governo senza un accordo con i locali gruppi dominanti.

In questo quadro dai tratti poco nitidi ci fu un progressivo emergere del ruolo della chiesa locale. Il patriarca Sigualdo, nell'immediato svolgersi dell'azione di conquista del Friuli, si rivolse a Carlo Magno con una lettera di monito sui rischi che avrebbero incontrato quanti, incuranti della parola di Dio, avessero spogliato le sue chiese e non avessero dato dei privilegi al clero. Il mondo ecclesiastico intendeva proporre la figura dei vescovi come mediatori nei momenti di maggiore pericolo.

 

Aquileia era favorita dalla nuova situazione politica, ancor più quando nel 787 venne designato come patriarca il grammatico cividalese Paolino, personalmente legato a Carlo Magno e alla sua cerchia di intellettuali. La Chiesa di Aquileia beneficiò indubbiamente di questo rapporto. Paolino ottenne dall’imperatore il privilegio della libera elezione patriarcale ed organizzando nel 796 un concilio a Cividale. Carlo Magno ribadiva in questo senso la posizione di assoluto prestigio del patriarca nella gerarchia delle sedi episcopali.

Il ducato friulano era nato, nell'organizzazione longobarda, con lo scopo di difendere il regno longobardo dai popoli slavi. Per i Franchi il corso dell'Isonzo non sembrò una frontiera che potesse garantire stabilità, e per questo Pipino, figlio di Carlo Magno, completò tra il 788 ed il 789 la piena annessione della penisola istriana, dando compimento ad una influenza che i friulani avevano esercitato su quel territorio per tutto l’VIII secolo.

I nuovi marchesi friulani iniziarono a ricoprire nell’ultimo decennio dell’VIII secolo un ruolo sempre più importante nella politica internazionale, e proprio su di essi ricaddero le responsabilità delle più importanti manovre militari nella Carniola austriaca (Austria orientale) e nell’attuale Slovenia orientale, scenari in cui si giocarono gli esiti della lunga campagna franca contro gli Avari.

 

Il duca Erich (o Erico) del Friuli e dell’Istria, è la prima figura che ebbe un grande rilievo, la prima ad essere inserita con certezza storica nel panorama sovraregionale e a legarsi al mito della guerra antiavarica. Sappiamo che era di stirpe franca e nativo di Salisburgo, inoltre che partecipò attivamente alle campagne di Pipino contro gli Avari. Aveva uno stretto rapporto di amicizia con Paolino di Aquileia.  Erich fu un capo militare di riferimento per Carlo, che lo integrò all'interno del suo apparato assegnandogli un presidio di estrema delicatezza.

La notizia della sua morte venne riportata negli Annales Regni Francorum, dove si chiarisce che Erich morì in una imboscata tesa nei pressi di Fiume nel 799, mentre si approssimava ad una nuova campagna contro gli Avari.

 

E’ molto difficile comprendere, in Friuli come altrove, quali fossero le attività istituzionali e amministrative di un conte o di un marchese in epoca carolingia. Erich e Geroldo erano rispettivamente duca e marchese, e già questo li proietta in una sfera prevalentemente militare. Il marchese era un sovrintendente militare in aree particolarmente insidiose: in questo caso il limes Avaricus.

Già dalle concessioni carolingie più antiche si creano importanti poteri immunitari attorno ai centri maggiori, laddove esistevano i beni dei vescovi e del patriarca: Ceneda (attualmente un quartiere di Vittorio Veneto), Concordia, Cividale, Sesto, e oltre ad essi in tutti i territori di proprietà delle chiese.

Si crea pertanto sin dalla fine dell’VIII secolo una situazione a «macchia di leopardo» che ridimensiona di molto l’immagine di un potere pubblico centralista basato sul solo ufficiale regio.

 

Luigi Zanin, L'EVOLUZIONE DEI POTERI DI TIPO PUBBLICO NELLA MARCA FRIULANA DAL PERIODO CAROLINGIO ALLA NASCITA DELLA SIGNORIA PATRIARCALE, tesi di Dottorato di ricerca in Storia sociale europea dal medioevo all'età contemporanea, Università Ca’ Foscari di Venezia

 

 

 

 

 

 

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