Nell’802 d.C. i veneziani saccheggiano Grado ed uccidono il patriarca Giovanni

La successione di Erich del Friuli. Nell’802 i veneziani saccheggiano Grado ed uccidono il patriarca Giovanni

#AltoMedioevo, #Venezia, #Grado

La linea di successione di Erich del Friuli

Dopo la morte di Erich, nel 799, non c'è concordanza tra gli storici sulla linea di successione alla guida della Marca del Friuli.

Alcuni ritengono che alla morte di Erich ci fu un momento di crisi e poi seguì l’elezione di Cadalao. Altri ritengono che Cadalao fu eletto 17 anni dopo la morte di Erich e che prima fu nominato Aione, un funzionario carolingio.

 Altri, infine, pur ammettendo la difficoltà di individuare un filo sicuro della narrazione, accennano alla possibilità che per il periodo della transizione il Friuli finisse sotto il governo del duca d'Istria Giovanni, ipotizzando una sorta di subordinazione del ducato friulano all'Istria.

Probabilmente nessuna di queste ipotesi è da scartare. Durante il placito di Risano dell'804 sono presenti sia Cadalo – citato come conte della grande marca orientale entro cui vi è il Friuli – che il duca dell'Istria Giovanni, accusato dai suoi amministrati per le continue ingiustizie ed i soprusi commessi. Inoltre Cadalo accompagna il missus Aione, a sua volta citato nel placito come conte.

Il placito di Risano, letto in questa prospettiva, offre lo spaccato di una certa interscambiabilità tra i funzionari pubblici, frutto della volontà di Carlo Magno di non assegnare stabilmente le deleghe del potere ad un singolo uomo.

Importante notare che Aione faceva parte della stirpe longobarda ben radicata localmente.

Di Aione è noto ad esempio che possedeva beni in Friuli, a Vicenza e a Verona, di cui venne privato da Carlo Magno prima del 799 a causa del suo scarso impegno profuso per contrastare una delle invasioni avare del Friuli (sembra anzi che si fosse rifugiato nel campo nemico).

Successivamente ci fu un atto di grazia del 2 febbraio 799 con cui Aione venne riammesso alla fiducia dell'imperatore e integrato nel possesso dei suoi beni in Veneto ed in Friuli

A Risano egli figura conte della marchia Austriae-Italiae, ma come detto è anche collaboratore di Aione

Non molto si sa a riguardo delle attività politiche e militari del conte friulano Cadalo.

Giovanni Galbaio

Giovanni Galbaio (metà dell'VIII secolo – IX secolo) fu, secondo la tradizione, l'8º doge del Ducato di Venezia.

Il saccheggio di Grado

Nell’802 i veneziani saccheggiarono Grado uccidendo il Patriarca Giovanni.

L’ascesa di Carlo Magno venne accolta favorevolmente dai popoli europei. L’impero d’Oriente, invece, non accolse la notizia favorevolmente.  Per i veneziani, che avevano un animo commerciali, fu un’occasione per nuove opportunità commerciali. In questi anni, l’esarcato aveva acquistato delle terre alle foci del Po dove c’erano dei vivacissimi commerci.

In ogni caso Carlo Magno considerava Venezia alleata all’impero d’Oriente e ordinò a papa Adriano di cacciare i veneziani dalle terre limitrofe alla foce del Po. Contemporaneamente Carlo Magno prese severi provvedimenti nei confronti del commercio degli schiavi.

Nel frattempo il doge Maurizio era diventato anziano e assunse il figlio Giovanni. Essendo Venezia una repubblica la decisione del doge fu alquanto criticata. Allo stesso tempo iniziò a diffondersi nelle isole il “partito dei Franchi”. Gli isolani sempre più ammiravano Carlo Magno e prevedevano vantaggi commerciali maggiori se avessero scelto l’imperatore come protettore.

Durante queste agitazioni, moriva il doge Maurizio succedendogli il figlio Giovanni. Quest’ultimo propendeva per Costantinopoli mentre il patriarca Giovanni, che aveva sede a Grado, era filo-franco.

I favorevoli al doge accusavano il patriarca Giovanni di volere la rovina di Venezia in quanto già esclusi del commercio nella Pentapoli. Inoltre accusarono il patriarca di non voler consacrare Cristoforo Damiato a vescovo del castello di Venezia.

Ducato di Pentapoli

Nell'Italia bizantina, il Ducato di Pentapoli era una circoscrizione militare (compresa tra Romagna, Marche e Umbria) governata da un duca (dux) nominato da e sotto l'autorità dell'esarca d'Italia (584-751). In realtà il ducato comprendeva al suo interno due Pentapoli (dal greco "πεντάπολις", "cinque città"): quella marittima (comprendente le città di Rimini, Pesaro, Ancona, Senigallia e Fano) e quella annonaria o montana (comprendente le città di Gubbio, Cagli, Urbino, Fossombrone e Jesi). 

 

I filo-franchi  accusavano il doge di violenza, di ambizione e volevano dominare come assoluti signori.

Giovanni si ritrovò a gestire una situazione assolutamente difficile: dal punto di vista ecclesiastico si era nel pieno dello scontro con il patriarcato di Aquileia, che rivendicava il comando della Venetia et Histria; da quello politico in quanto la Laguna attraversava un periodo di grave instabilità, dovuta in particolare alla decadenza dei Longobardi a favore dei Franchi.

In un'epistola inviata a papa Stefano III, Giovanni descrisse il clima di violenza e prevaricazione in cui viveva la sua Chiesa, e di come stentasse a imporre la propria autorità sulle diocesi e i monasteri istriani, che approfittavano di questo momento di difficoltà per emanciparsi. Il pontefice rispose chiamando i vescovi istriani a rimettersi alle dipendenze dal patriarca, ma l'ordine venne sostanzialmente ignorato. L'arrivo dei Franchi non fece che aggravare questa situazione, poiché con l'amministrazione carolingia le diocesi assunsero sempre maggiori poteri e autonomia anche dal punto vista temporale.

Vero è che Giovanni stesso fu l'artefice di un'assidua, e probabilmente segreta, attività diplomatica in Istria, creando contatti specialmente con la nobiltà locale. Dei suoi risultati furono al corrente sia il papa, sia Carlo Magno ed ebbe probabilmente l'appoggio del doge Giovanni Galbaio e di suo figlio Maurizio, coreggente.

I rapporti con il doge, tuttavia, si guastarono dopo poco tempo. Giovanni, infatti, si orientò sempre più verso una politica filo-franca, in contrasto con le aspirazioni autonomistiche dei Galbai. Non è un caso, quindi, il patriarca si oppose alla nomina del greco Cristoforo a vescovo di Olivolo, attorno al 798 circa.

La vendetta dei Galbai si compì qualche tempo dopo.

Gli animi si inasprirono a tal punto che il doge Giovanni fece allestire una flotta armata.

Nell'802 Grado fu raggiunta da una flotta capeggiata dal coreggente Maurizio.

Maurizio invase la città e, dopo un aspro combattimento, il patriarca rimase ferito, catturato e gettato da un’alta torre del suo palazzo.

Dopo questi fatti aumentò il malcontento tra la popolazione veneziana.

Il 23 marzo 803, venne nominato patriarca di Grado Fortunato, nipote del predecessore Giovanni.

Secondo alcuni studiosi, la sua nomina avrebbe rappresentato un gesto di sfida nei confronti dei Galbaio e del loro partito filo-bizantino, confermando la tradizionale linea del patriarcato favorevole al papa. Fortunato si scontrò subito con il doge e il coreggente, suo figlio Maurizio, e intensificò i rapporti con la fazione a loro avversa rappresentata dal tribuno Obelerio.

Il suo atteggiamento lo costrinse ad abbandonare il Ducato veneziano e a portarsi nel territorio dei Franchi, presso la corte di Carlo Magno.

L'imperatore lo favorì e con un diploma dell'agosto 803 concesse l'immunità a lui, ai sacerdoti e agli uomini delle terre del patriarcato dislocate nel Regno.

Questa politica andava però a scontrarsi con l'ormai secolare rivalità tra le sedi di Grado e Aquileia che rivendicavano il ruolo di sede metropolitana della Venezia ed Istria. Carlo Magno cercò di favorire anche il presule aquileiese, ma non poteva rompere i legami con Fortunato, che gli garantiva un punto di contatto con Venezia e quindi con l'Impero Romano d'Oriente. Nell'803 l'imperatore lo definiva Venetiarum et Istriensium patriarcha e gli riconosceva dunque il suo primato nell'alto Adriatico

 

Francesco di Manzano. Annali del Friuli. Volume 1. 1858

Luigi Zanin, L'EVOLUZIONE DEI POTERI DI TIPO PUBBLICO NELLA MARCA FRIULANA DAL PERIODO CAROLINGIO ALLA NASCITA DELLA SIGNORIA PATRIARCALE, tesi di Dottorato di ricerca in Storia sociale europea dal medioevo all'età contemporanea, Università Ca’ Foscari di Venezia

S.Romanin, Storia documentata di Venezia, Tomo 1, 1853

KANDLER, Codice Diplomatico Istriano (da ora CDI), Trieste 1850

 

 



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