Un cimelio medievale è diventato, nel XIX e XX secolo oggetto di contese legate all’italianità di Trieste
Un leone conteso - prima parte
Era il 1378 quando iniziò la Guerra di Chioggia tra Genovesi e Veneziani, ultima di una lunga serie di conflitti tra le due Repubbliche Marinare.
Il casus belli fu la cena di incoronazione del nuovo re di Cipro Pietro II il grosso nel 1372. Tra il console genovese e il bailo veneziano scoppiò un diverbio verbale piuttosto acceso, che culminò nella defenestrazione, alla fine della cena, della delegazione genovese, complice la nobiltà cipriota. La situazione degenerò in tutta la capitale Famagosta in una caccia all’uomo contro i genovesi, che furono uccisi e derubati dei loro averi.
Genova non fece certo attendere la propria risposta e, armata una flotta, partì alla conquista dell’isola di Cipro. Approfittando della distrazione della flotta Venezia in altro conflitto, Genova conquistò Cipro alla quale ridiede indipendenza solo dietro il pagamento di 2 milioni di fiorini d’oro, ma ne detenne l’egemonia sui traffici. Inoltre, approfittando di questa egemonia, Genova operò anche un ribaltamento al potere dell’Impero d’Oriente, rimettendo al trono nel 1376 Andronico che si era ribellato al padre Giovanni V Paleologo. Nel 1378 Giovanni, con l’aiuto dei turchi, riprese il potere facendo speciali concessioni ai traffici veneziani.
Venezia decise allora di dichiarare guerra alla Repubblica di Genova ed entrambe le parti cercarono alleati.
Venezia li trovò nei Visconti di Milano, che avevano brama di occupare Genova e nel re di Cipro.
Genova invece trovò alleati nel re Luigi d'Ungheria, che vantava mire sulla Dalmazia veneziana, in Francesco I da Carrara, nel patriarca di Aquileia Marquardo di Randeck, nel duca d'Austria Leopoldo d'Asburgo, nella città di Ancona, nella Signoria di Padova e nella regina Giovanna I di Napoli.
Genova vinse la guerra, che si concluse con la pace di Torino del 1381 e, tra le varie cose, ottenne in controllo parziale di Trieste che passava alla Patria del Friuli, attraverso il Patriarca di Aquileia.
E Trieste in tutto ciò?
Trieste, dopo un passato romano piuttosto agiato, grazie alla posizione riparata ed a un clima favorevole che ne facevano luogo di “villeggiatura” estiva per facoltosi cittadini (lo testimoniano le diverse ville ritrovate nei dintorni, come quelle di Barcola e Servola, oltre a quelle più prossime al nucleo urbano) era stata tutto sommato una piccola e florida città. Alla fine dell’impero romano divenne bizantina dal 539 al 788, a parte una parentesi longobarda nel 568, quando fu devastata da Alboino. Nel 571 la città si ricostruisce. Venne devastata dai barbari e, soprattutto, dalle pestilenze, anche se alcune fonti la ritengono parzialmente riparata dalla furia delle invasioni barbariche grazie all’orografia del luogo. Dal 593 si ha notizia di insediamento di popolazioni slave nei dintorni.
Già dal 570 Trieste ha un proprio Vescovo. Nel 780 il Vescovo di Trieste ha giurisdizione sull’Istria settentrionale e nel 788 Carlo Magno crea la Marca confinaria dell’Impero nominata Austriae Italiae, di cui fanno parte Trieste, Carso, Friuli e Istria.
Giulio Bernardi ci ricorda che Trieste invece, già nel 948 venne a trovarsi in condizioni particolari e diverse. I re d'Italia avevano direttamente attribuito feudi e privilegi ai vescovi triestini. Secondo Kandler, Lotario e Lodovico avrebbero donato loro una baronia. Da Berengario nel 911 e da Ugo nel 929 ebbero, fuori dell'agro triestino, altre baronie minori, che non li sottraevano però all'imperio del governatore regio. Ma nel 948 (Pavia, 8 agosto) Lotario II concesse al vescovo di Trieste l'alto governo facendolo dipendere direttamente dalla corona.
Quale sia stata la forza usata dai triestini per ottenere prima degli altri una situazione privilegiata non ci è oggi dato di sapere. L'occasione sembra essere stata quella di una nuova invasione di Magiari lungo la via di Postumia, che si riversò sui Carsi e in Italia. Berengario, supremo consigliere di re Lotario, li arrestò con una forte somma di denaro, raccolto dalle Chiese.
Dentro le antiche mura romane, i triestini, mentre il nembo passava sul Carso, cooperarono a raccogliere la somma del riscatto richiesta da Berengario. Il diploma dell' 8 agosto 948 seguì forse per riconoscimento e gratitudine. Certamente, nel promuoverne la stesura, fu decisiva l'anima della città, espressa in vivissima attenzione all'immediatezza dei rapporti con l'autorità centrale, che sembra peculiare a Trieste in tutte le epoche. Comincia così «de iure» nel 948 quella particolarità di sviluppi che contrassegnerà Trieste di fronte alle città istriane attraverso il medioevo e l'età moderna e creerà nella città una coscienza particolaristica insopprimibile.
Col progredire del X secolo s'indebolisce generalmente l'assetto dato dai Carolingi all'Italia, e venendo meno il potere dei conti s'accresce a mano a mano quello dei vescovi, intorno ai quali si stringono le cittadinanze abbandonate a se stesse: vescovo e cittadini sollecitano dai re il diritto di rinforzare mura e torri in propria difesa. In seguito i conti si riaffermano in qualche misura, non sono però come gli antichi e solo in parte ne riprendono le mansioni; i vescovi stessi invece, se non di diritto, divengono di fatto conti nelle loro città. Enrico II Imperatore sistema giuridicamente questo stato di fatto, volgendo ai propri fini l'attività dei vescovi-conti, ai quali delega o cede parte delle cure del governo. In Istria fioriscono nuove signorie vescovili e i vescovi, divenuti ricchi e potenti baroni, infeudano decime e immobili a famiglie di cittadini e a castellani, costituendo curie di vassalli, delle quali serbano memoria gli statuti cittadini e i documenti. D'accordo con le cittadinanze, i vescovi-conti si sforzano di far coincidere i confini della diocesi-signoria con quelli dell'antico municipio. Non pare peraltro che tra il Vescovo e la «civitas» triestina si sia instaurato già in quell'epoca un rapporto di tipo feudale, come ad esempio, secondo Tamaro, era tra il Patriarca e Muggia.
Dalle monete del Duecento, appare invece chiaro che un rapporto di dipendenza feudale ormai intercorreva tra il patriarca di Aquileia e il vescovo di Trieste. La storia non lo nega: Enrico IV infatti conferì nel 1081 al patriarca aquileiese Enrico (e li riconfermò nel 1082) i diritti che aveva come Re d'Italia (rex si dice egli stesso nel diploma) sui vescovati di Trieste e Parenzo. Sul vescovado di Trieste, che gli appare in condizioni miserabili, richiama la particolare protezione del Patriarca. Il vescovo triestino quindi, alla fine del secolo XI, da vassallo imperiale, dipendente dal patriarca di Grado, divenne vassallo del patriarca di Aquileia.
Il passaggio fu confermato dalla transazione intervenuta nel 1180 fra i patriarchi di Grado e di Aquileia per le giurisdizioni metropolitiche.
Nel corso del Duecento il vescovo di Trieste riconobbe ripetutamente di avere in feudo dal patriarca di Aquileia il dominio della città di Trieste. Così in un protocollo del 1289, stilato dal notaio Gubertino da Novate, comunicato dall'abate D.G. Bianchi a Kandler, che lo inserì nel Codice Diplomatico Istriano.
Il dominio feudale del vescovo si estende su: «in primis Civitatem Tergesti cum muris, cintis, portis, vectigalibus, cum Muta, Moneta, Regalia, intus et extra circumquaque tribus miliaribus portentis. Item habet Umagum Siparum Castrum Vermes, et totam insulam Patiani usque ad Fontanam Georgicam. Item habet Castrum Calisendi cum omnibus pertinentiis suis, quod Castrum, quedam Comitissa nomine Azika contulit Ecclesiae Tergestinae».
Che Trieste non fosse compresa tra le città istriane infeudate al Patriarca nel 1209 ad Augusta potrebbe anche significare che la permanenza dell'antico vincolo feudale non aveva bisogno di riconferme.
Appare anche evidente che, nei momenti in cui la città cadde in mano ai Veneziani, non fu per questioni di cuore ma, al contrario, a seguito di assedi e guerre purtroppo perse. Quasi in tutte le occasioni i Veneti conquistarono ed occuparono la città.
continua ....Un leone conteso - terza parte
Fonti:
Fondazione Casa America - La storia della famiglia Giustiniani -Sandra Origone Newsletter 1-2015
Storia dei Giustiniani di Genova