Gli oceani stanno cambiando a causa del riscaldamento globale

 La chimica dell’acidificazione degli oceani

A causa del riscaldamento globale gli oceani sono sempre più acidi. L'acidificazione degli oceani è una minaccia per la biodiversità marina. Cosa significa acidificazione degli oceani? Come avviene l’acidificazione?

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Argomenti trattati

La chimica dell’acidificazione degli oceani

   Introduzione

   Il processo di acidificazione

   La profondità di compensazione dei carbonati

   Le conseguenze sull'ecosistema

   È possibile diminuire l’acidità del mare e contemporaneamente aumentare l’assorbimento di CO2 dall’atmosfera?



Introduzione

L’acidificazione degli oceani, causata dall’assorbimento di anidride carbonica, è un effetto diretto dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento atmosferico, rappresentando una grave minaccia per la biodiversità marina.

Il termine acidificazione degli oceani è usato per descrivere il continuo aumento dell'acidità (diminuzione del pH dell'oceano) causato dall'oceano che assorbe una parte della CO2 atmosferica. Sebbene ciò possa essere considerato positivo in termini di riduzione dei livelli di CO2 nell'atmosfera e di riduzione degli impatti dei cambiamenti climatici, l'acidificazione degli oceani ha il potenziale di causare impatti diffusi e profondi sugli ecosistemi marini. L'acidificazione degli oceani, come i cambiamenti climatici, è una terribile conseguenza della vita in un mondo ad alta CO2 e per questo motivo, l'acidificazione degli oceani è stata soprannominata il "gemello malvagio dei cambiamenti climatici".

L’acidificazione degli oceani è un fenomeno che si verifica quando l’anidride carbonica (CO2), un gas serra, si solubilizza nell’acqua. Circa un quarto della CO2 presente nell’atmosfera finisce negli oceani dove, a contatto con l’acqua, viene trasformata in acido carbonico.

L’aumento dei livelli di CO2 nell’atmosfera è causato principalmente dalle attività umane, come l’uso di combustibili fossili, l’abbattimento di foreste e altre azioni.

È stato stimato che tra il 1751 e il 1994, il pH superficiale delle acque oceaniche si sia abbassato da 8,25 a 8,14, con un corrispondente aumento della concentrazione di ioni H+.

Dal 1750 al 2014, una percentuale pari al 30% della CO2 emessa come conseguenza di attività umane è stata assorbita dagli oceani.

Quando la CO2 viene assorbita dagli oceani, si forma acido carbonico che si dissocia rapidamente producendo ioni bicarbonato e ioni carbonato. Queste reazioni producono protoni che abbassano il valore del pH dell’acqua, rendendola più acida.

Il processo di acidificazione

Il processo di continua acidificazione delle acque oceaniche ha indubbiamente un effetto sulla catena alimentare collegata a queste acque e in particolare può influire sull’impiego dei carbonati, che porta allo scioglimento dei gusci calcarei delle conchiglie dei molluschi e del plancton calcareo, costituite da carbonato di calcio (CaCO3).

 

Quando la CO2 viene assorbita dall'acqua di mare, si verificano una serie di reazioni chimiche.

Per raggiungere l'equilibrio chimico, una parte della CO2 reagisce con l'acqua (H2O) per formare acido carbonico (H2CO3)

CO2 + H2O ↔ H2CO3

 L'acido carbonico, in quanto acido debole, si dissocia in ioni H+ e bicarbonato HCO3-1. A sua volta il HCO3-1 si dissocia in H+ e CO32-

Riassumendo, l’anidride carbonica è coinvolta in una serie di equilibri, quando si scioglie nell'acqua, essa dà luogo ad una serie di composti chimici: CO2 libera disciolta, acido carbonico (H2CO3), bicarbonato (HCO3) e carbonato (CO32-). Il rapporto tra questi composti dipende da vari fattori tra cui la temperatura e l'alcalinità dell'acqua.

L'acqua di mare è naturalmente saturata con dallo ione carbonato (CO32-) che agisce come un antiacido per neutralizzare lo ione H+, formando più bicarbonato. Man mano che gli ioni carbonato si esauriscono, l'acqua di mare diventa sottosatura rispetto a due minerali di carbonato di calcio, l'aragonite e la calcite, che molti organismi marini usano per costruire i loro gusci e scheletri.

La profondità di compensazione dei carbonati

 La profondità nelle acque oceaniche (CCD) indica la profondità al di sotto della quale il tasso di accumulo della calcite (la forma più comune del carbonato di calcio) è inferiore al suo tasso di solvatazione e pertanto la calcite viene disciolta nell'acqua.

Il livello attuale della CCD nell'Oceano Pacifico è situato attorno a 4.200-4.500 metri, nella parte temperata e tropicale dell'Oceano Atlantico si posiziona attorno ai 5.000 m

Il carbonato di calcio è sostanzialmente insolubile nelle acque di superficie che sono in genere soprasature in calcite. I gusci calcarei del plancton morto tendono pertanto a cadere lungo la colonna d'acqua marina e ad adagiarsi sul fondo oceanico rimanendo sostanzialmente inalterati, per lo meno fino a quando raggiungono il lisoclino, il livello al quale la solubilità del carbonato comincia ad aumentare in modo considerevole.

Un ulteriore aumento della profondità porta al completo dissolvimento dei gusci carbonatici secondo la seguente equazione:

CaCO3 + CO2 + H2O ↔ Ca2+(aq) + 2 HCO3-(aq)

 

Il valore effettivo della CCD dipende dal livello di solubilità del carbonato di calcio, che a sua volta è funzione della temperatura, della pressione, della composizione chimica dell'acqua e della sua acidità, data in particolare dalla quantità di CO2 disciolta nell'acqua.

La solubilità del carbonato in acqua aumenta con la pressione e al diminuire della temperatura; inoltre aumenta all'aumentare della concentrazione di CO2 disciolta. Infatti nell'equazione precedente un aumento dell'anidride carbonica tende a spostare verso destra l'equilibrio della reazione, producendo più Ca2+ e HCO3- a scapito di CO2 e carbonato di calcio, secondo il principio di Le Châtelier dell'equilibrio chimico.

La variazione della profondità della CCD è collegata al periodo di tempo intercorso da quando le acque di profondità sono state esposte alla superficie; questo periodo viene chiamato "età della massa d'acqua". Per questo la CCD è in media più profonda nell'Atlantico, più superficiale nel Pacifico e intermedia nell'Oceano Indiano.

 

 

Questa figura mostra la correlazione tra l'innalzamento dei livelli di anidride carbonica nell'atmosfera a Mauna Loa (rosso) con i crescenti livelli di CO2 disciolti nell'oceano nella vicina Stazione Aloha (blu), e il conseguente aumento di acidità dell'oceano visto come una diminuzione del pH dell'oceano (verde). Il riscaldamento globale da CO2 provoca un doppio colpo agli oceani perché non solo riscalda l'oceano assorbendo parte dell'aumento della temperatura atmosferica, ma assorbe anche circa un terzo dell'aumento di CO2, che reagisce con l'acqua per produrre acido carbonico. Quindi, gli oceani aiutano a ridurre la CO2 atmosferica e rallentare il riscaldamento globale, ma con conseguenze negative importanti per la chimica e la biologia degli oceani.

Le conseguenze sull'ecosistema

Le conseguenze negative dell'acidificazione delle acque sull'ecosistema marino sono molteplici. A farne le spese, ad esempio, sono le barriere coralline la cui sopravvivenza è già messa a rischio dal fenomeno dello sbiancamento che ne certifica la morte. Le barriere coralline sono l'habitat di almeno un quarto di tutte le specie marine note. L'aumento delle acidità rende più difficile la costruzione dello scheletro di queste piante, rallentandone la crescita e rompendo gli equilibri dell'ecosistema.

Altra conseguenza è la riduzione dei livelli di ioni carbonato, sali essenziali per la costruzione di scheletri e gusci calcarei di molti organismi marini tra cui molluschi e crostacei. Tra i soggetti a rischio anche le comunità di plancton, alcune delle quali sono in grado di esercitare la fotosintesi (fitoplancton), producendo il 50% dell’ossigeno che respiriamo. Il fitoplancton è anche il nutrimento principale dello zooplancton - ovvero la parte del plancton costituita da animali marini - che, a sua volta, è l'alimento principale di organismi più complessi come le balenottere. Da non trascurare, poi, le conseguenze sulle risorse ittiche, già in stato piuttosto critico.

Il riscaldamento globale da CO2 provoca un doppio colpo agli oceani perché non solo riscalda l'oceano assorbendo parte dell'aumento della temperatura atmosferica, ma assorbe anche circa un terzo dell'aumento di CO2, che reagisce con l'acqua per produrre acido carbonico. Quindi, gli oceani aiutano a ridurre la CO2 atmosferica e rallentare il riscaldamento globale, ma con conseguenze negative importanti per la chimica e la biologia degli oceani.

Molte creature nell'oceano richiedono un intervallo abbastanza ristretto di temperatura e/o pH per sopravvivere. Un oceano in riscaldamento fa muovere le creature che possono muoversi, come le meduse, verso nord in acque più fredde e quelle che non possono muoversi, come i coralli, a morire di stress termico. 

 

 È possibile diminuire l’acidità del mare e contemporaneamente aumentare l’assorbimento di CO2 dall’atmosfera?

La ricerca del progetto DESARC-MARESANUS, nata dalla collaborazione fra il Politecnico di Milano e la Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, è finalizzata a studiare la fattibilità tecnica ed economica di questo processo, il suo bilancio chimico e ambientale, nonché i benefici per il comparto marino, con un focus sul Mediterraneo.

Il progetto di ricerca DESARC-MARESANUS affronta due problemi ambientali di grandissima rilevanza: l’aumento delle concentrazioni di biossido di carbonio (CO2) in atmosfera e la conseguente acidificazione degli oceani.

Il processo, già oggetto di attività di ricerca al Politecnico di Milano pubblicata sulla rivista “Mitigation and Adaptation Strategies for Global Change” , utilizza le biomasse per produrre calce con cui diminuire l’acidità del mare, generando sottoprodotti energetici decarbonizzati come l’idrogeno.

 

(fonte https://www.desarc-maresanus.net/)

Per contrastare l’acidificazione dei mari, e consentire un maggior assorbimento di CO2 atmosferica, numerosi gruppi di ricerca stanno studiando una tecnica chiamata ocean alkalinization (alcalinizzazione dei mari), consistente nella dissoluzione in acqua marina di sostanze alcaline quali l’idrossido di calcio (calce idrata), in modo da aumentarne il pH e “tamponare” l’acidità.

Un nuovo studio, pubblicato di recente sulla rivista scientifica Frontiers in Climate ha esaminato nel dettaglio il processo di alcalinizzazione dei mari. La ricerca ha fatto uno studio approfondito dell’applicazione della tecnica di alcalinizzazione applicata al mar Mediterraneo.

Secondo i ricercatori, le strategie di alcalinizzazione applicate in questo studio al Mar Mediterraneo rivelano il potenziale di mitigazione dei cambiamenti climatici di queste tecniche, in grado di rimuovere la CO2 dall’atmosfera e contemporaneamente contrastare l’acidificazione dei mari.
Nulla si dice sull’impatto ambientale che questa pratica può avere,

 

 

U.S. Global Change Research Program, Second State of the Carbon Cycle Report (SOCCR2), 2018

Il progetto DESARC-MARESANUS

Alkalinization Scenarios in the Mediterranean Sea for Efficient Removal of Atmospheric CO2 and the Mitigation of Ocean Acidification, Front. Clim., 2021, Sec. Carbon Dioxide Removal, Volume 3

 

 

  



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