Dalla sorgente al mare - La storia dei rifiuti marini
Mucchi di rifiuti di plastica alla deriva in mare aperto. Una marea quotidiana di plastica e altri detriti che si riversa sulle spiagge. Scene di tartarughe e pesci aggrovigliati in reti da pesca abbandonate. Esempi del grande dramma dei rifiuti in mare
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Argomenti trattati I rifiuti marini: dalla sorgente al mare In cosa consiste l’inquinamento marino? |
Introduzione
La quantità di rifiuti marini e inquinamento da plastica è in rapida crescita.
Si prevede che le emissioni di rifiuti di plastica negli ecosistemi acquatici triplicheranno entro il 2040 senza un'azione significativa.
La portata e il volume in rapido aumento dei rifiuti marini e dell'inquinamento da plastica stanno mettendo a rischio la salute di tutti gli oceani e i mari del mondo. Le materie plastiche, comprese le microplastiche, sono ormai onnipresenti.
Le plastiche sono un indicatore dell'Antropocene, l'attuale era geologica, e stanno diventando parte della documentazione fossile della Terra. La plastica ha dato il nome a un nuovo habitat microbico marino, la “plastisfera”
Nonostante le iniziative e gli sforzi attuali, si stima che la quantità di plastica negli oceani sia di circa 75-199 milioni di tonnellate.
Le stime delle emissioni globali annuali da fonti terrestri variano a seconda degli approcci utilizzati. In uno scenario normale e in assenza degli interventi necessari, la quantità di rifiuti di plastica che entrano negli ecosistemi acquatici potrebbe quasi triplicare, passando da circa 9-14 milioni di tonnellate all'anno nel 2016 a 23-37 milioni di tonnellate all'anno previste entro il 2040. Secondo un altro approccio, si prevede che la quantità raddoppierà approssimativamente da circa 19-23 milioni di tonnellate all'anno nel 2016 a circa 53 milioni di tonnellate all'anno entro il 2030.
In cosa consiste l’inquinamento marino?
Per inquinamento marino si intende la contaminazione e l’avvelenamento del mare, che ricopre il 71% circa della superficie terrestre.
Questo comporta disastrose conseguenze, come la perdita di tantissime specie marine per soffocamento e per contatto con materiali dannosi, l’impoverimento delle risorse ittiche, danni al turismo, pericolo per i bagnanti che immergendosi nelle acque possono incontrare sostanze nocive.
Cosa sono i rifiuti marini?
I rifiuti marini sono definiti come tutti gli oggetti solidi prodotti dall'uomo che finiscono nell'ambiente costiero o marino. Le cause principali soni la cattiva gestione dei rifiuti, l'abbandono dei rifiuti sulla terraferma e le attività marittime.
Le fonti terrestri rappresentano l'80% dei rifiuti marini e circa l'85% è costituito da plastica. Questo è un grosso problema a causa dell'impatto della plastica sulla vita marina e sulla salute umana attraverso la catena alimentare. La natura persistente della plastica significa che in alcuni casi può durare fino a 500 anni.
Gli imballaggi in plastica e i piccoli oggetti in plastica costituiscono quasi l'80% dei rifiuti di plastica e sono prevalenti sulle spiagge europee.
I rifiuti che non possono essere raccolti o gestiti correttamente alla fine si disperdono nell'ambiente e vengono trasportati nei mari dai fiumi. Il risultato è che il 75% delle aree marine valutate è inquinato.
Lo stato attuale delle acque
L’acqua copre oltre il 70% della superficie terrestre ed è essenziale per tutte le forme di vita del nostro pianeta. Di tutta l’acqua della superficie terrestre, il 96,5% è contenuto negli oceani sotto forma di acqua salata, mentre il restante 3,5% è costituito da acqua dolce (laghi, fiumi, falde acquifere e ghiaccio). Per il benessere delle persone e della natura è indispensabile una buona gestione di questa risorsa limitata e preziosa.
Nel corso della storia, le persone si sono insediate vicino a fiumi, laghi e coste. I fiumi e i corsi d’acqua trasportavano acqua pulita e rimuovevano i rifiuti. Con la crescita degli insediamenti umani, è aumentato anche l’uso di acqua pulita e lo scarico di acque inquinate.
Allo stato attuale i mari in Europa, dal Baltico al Mediterraneo, sono in cattive condizioni. L’agricoltura intensiva, con l’eccessivo utilizzo di nutrienti, provoca l’eutrofizzazione dell’acqua. L’inquinamento è causato principalmente dalla dispersione della plastica.
Circa l’88% del consumo di acqua dolce in Europa proviene da fiumi e falde acquifere. Il resto proviene da serbatoi (circa il 10 %) e laghi (meno del 2 %). Secondo i dati più aggiornati dell’EEA, solo il 44% delle acque di superficie in Europa raggiunge uno stato ecologico buono o elevato, in parte a causa dell’inquinamento.
Allo stato attuale i mari in Europa, dal Baltico al Mediterraneo, sono in cattive condizioni.
Tutti e quattro i mari regionali in Europa hanno un problema di contaminazione su larga scala, che va dal 96 % della zona valutata nel Mar Baltico e dal 91 % nel Mar Nero all’87 % nel Mar Mediterraneo e al 75 % dell’Oceano Atlantico Nord-Orientale. Il problema della contaminazione è causato principalmente dalle sostanze chimiche sintetiche e dai metalli pesanti provenienti da attività umane sia terrestri che marittime.
Le attività costiere e marittime, come la pesca, il trasporto marittimo, il turismo, l’acquacoltura e l’estrazione di petrolio e gas, determinano molteplici pressioni sull’ambiente marino, compreso l’inquinamento. I rifiuti dispersi nell’ambiente marino sono presenti in tutti gli ecosistemi marini: plastica, metalli, cartone e altri rifiuti si accumulano sulle coste, sui fondali marini e nelle acque di superficie. Le navi e le attività offshore determinano anche inquinamento acustico subacqueo che può incidere negativamente sulla vita marina.
Oltre all’inquinamento da fonti puntuali dell’industria e degli impianti di trattamento delle acque reflue, i corpi idrici risentono anche di un inquinamento diffuso, ad esempio dovuto ai trasporti, all’agricoltura, alla silvicoltura e alle abitazioni rurali. Gli inquinanti rilasciati inizialmente nell’aria e nel suolo spesso finiscono anche nei corpi idrici.
Il problema dell’agricoltura intensiva
L’agricoltura intensiva si basa su fertilizzanti per aumentare le rese agricole. Questi fertilizzanti spesso agiscono introducendo azoto, fosforo e altre sostanze chimiche nel suolo. Parte dell’azoto destinato alle colture non viene assorbito dalle piante in quanto la quantità di fertilizzante impiegata può essere superiore a quella che la pianta può assorbire. Questo eccesso di azoto si infiltra nei corpi idrici dove stimola la crescita di alcune piante acquatiche e alghe in un processo noto come eutrofizzazione. Questa crescita extra provoca il depauperamento dell’ossigeno nell’acqua, rendendola inabitabile per altre specie animali e vegetali.
I pesticidi utilizzati in agricoltura mirano a proteggere le colture dai parassiti invasivi, garantendo la crescita delle colture. Tuttavia, tali effetti possono verificarsi al di là dell’obiettivo previsto, danneggiando altre specie e riducendo la biodiversità. Spesso queste sostanze finiscono nei corpi idrici.
L’inquinamento da plastica
La plastica è diventata parte integrante di quasi tutti gli aspetti della nostra vita e il problema della plastica presente nei nostri canali navigabili, laghi e mari è drammatico e ben documentato.
Eliminare i rifiuti di plastica visibili da fiumi, spiagge e persino dal mare potrebbe essere ancora possibile ma, con il tempo e l’esposizione alla luce solare, i rifiuti di plastica si frammentano in pezzi sempre più piccoli, noti come microplastiche e nanoplastiche. Gli impianti di trattamento delle acque reflue possono filtrare la maggior parte di queste particelle minuscole, ma i fanghi residui spesso vengono dispersi sul territorio, con particelle di plastica talvolta trasportate nei corpi idrici dalle precipitazioni. Queste particelle più piccole sono difficilmente visibili a occhio nudo e il loro impatto sulla natura e sulla nostra salute è ancora poco chiaro.
Molte materie plastiche sono anche altamente adsorbenti e attirano altri contaminanti. Ciò espone la vita marina a sostanze chimiche dannose che, a loro volta, possono finire nei nostri piatti.
Da dove vengono i rifiuti
I "rifiuti marini" sono definiti come "elementi o frammenti solidi persistenti, sintetici o trasformati scartati o abbandonati". |
I rifiuti marini possono raggiungere direttamente gli ambienti costieri e marini, ma molto spesso viene trasportato dai fiumi nel mare.
Quali sono le fonti più comuni di inquinamento marino
Le cause dell’inquinamento del mare sono davvero tante:
Plastica. Fa parte del nostro quotidiano e solo il 20% viene riciclata correttamente. Il resto finisce spesso in mare e si deposita sui fondali.
Petrolio. Si tratta di una delle principali fonti di inquinamento idrico, che ha diverse volte causato dei disastri ambientali.
Scarichi industriali. Gli scarti liquidi delle industrie dovrebbero essere sempre depurati, tuttavia questo non sempre accade. Nei paesi in via di sviluppo e privi di controllo, vengono scaricate illegalmente diverse sostanze in mare con gravi rischi per la salute umana e per le specie marine.
Liquami fognari. Sono sostanze biologiche che provengono da depuratori civili e/o industriali mal funzionanti o assenti.
L’agricoltura. I pesticidi e i fertilizzanti usati sulle piante, attraverso l’irrigazione o la semplice pioggia, finiscono nelle falde e da lì nei corsi d’acqua.
La pesca. Anche i pescatori contribuiscono talvolta ad inquinare le acque perché perdono le reti in mare aperto o semplicemente gettano dalle barche quelle rotte. In esse restano intrappolati balene, delfini e altri mammiferi marini che soffocano fra atroci sofferenze.
L'inquinamento da plastica rappresenta l'85% dei rifiuti marini
Nel 2021, la domanda di plastica vergine da parte del settore degli imballaggi ha raggiunto il 39,1% della domanda totale di plastica, mentre la domanda dell'industria edile e dell'industria automobilistica è stata rispettivamente del 21,3% e dell'8,6% del totale (Plastics Europe, 2022).
Produzione mondiale di materie plastiche. (Credit: Plastic Europe 2022) Clicca sull’immagine per ingrandire.
L'inquinamento da plastica derivante dalla terra è di gran lunga la parte più grande e preoccupante del problema . I prodotti e i processi per soddisfare i bisogni umani, la salute e il benessere, come la produzione, la consegna e la sicurezza degli alimenti, comportano una notevole quantità di rifiuti. Altri driver includono la domanda di plastica da attività industriali e di trasporto.
Fino all'80% dei rifiuti marini ha origine sulla terraferma, le attività marittime rappresentano il 20%. Ciò include il turismo costiero e le attività ricreative, in particolare intorno al Mar Mediterraneo, e la pesca, l'acquacoltura e il trasporto marittimo incentrati sui trafficati porti del Mare del Nord e del Mare Adriatico. Fino a un terzo dei rifiuti generati dalla navigazione mercantile non viene consegnato e trattato correttamente in porto. Sebbene sia difficile da dimostrare, si ritiene che grandi volumi vengano scaricati illegalmente in mare.
Come inquina la plastica?
Solo nel 2020, l'Europa ha prodotto circa 55 milioni di tonnellate di plastica, di cui circa 20 milioni di tonnellate erano imballaggi in plastica. Lo smaltimento incauto della plastica e la cattiva gestione dei rifiuti nella produzione, nel consumo, nella raccolta e nello smaltimento avviano una catena di eventi che si conclude con enormi quantità di rifiuti marini.
Gli imballaggi in plastica e i piccoli oggetti in plastica costituiscono il 65% dei rifiuti marini e metà degli articoli trovati sulle spiagge europee sono plastica monouso. Queste macroplastiche inquinano l'acqua. Nel corso del tempo, i rifiuti di plastica si accumulano nell'ambiente e gradualmente si frammentano in pezzi più piccoli e irriconoscibili noti come microplastiche.
Non esiste ancora un approccio coerente per stimare il volume dei rifiuti di plastica che fluiscono negli oceani. Tuttavia, l'analisi dei modelli suggerisce che ci sono quattro vie principali attraverso le quali i rifiuti macroplastici primari terrestri entrano negli oceani:
rifiuti non raccolti scaricati direttamente in acqua;
rifiuti non raccolti scaricati su un terreno che si dirige verso l'acqua;
rifiuti raccolti depositati in discarica che si spostano via terra e aria in acqua;
rifiuti raccolti scaricati direttamente in acqua da camion di raccolta
Quali oggetti di plastica dominano gli oceani?
Quasi la metà dei rifiuti dispersi in mare superiori alla misura di 3 cm (escludendo quindi le microplastiche) rientrano nelle seguenti categorie:
sacchetti di plastica monouso 14,1%
bottiglie di plastica 11,9%
contenitori 9,4%
involucri di cibo 9,1%
corde sintetiche 7,9%
oggetti per la pesca 7,6%
tappi e coperchi di plastica 6,1%
packaging industriale 3,4%
Alcuni ricercatori hanno stimato che il volume di plastica negli oceani è tra 75 e 199 milioni di tonnellate
Dati gli aumenti previsti nella produzione di plastica e nel loro uso futuro, si prevede che i rifiuti di plastica e i flussi di plastica verso gli ambienti marini da fonti terrestri continueranno a crescere a meno che non vengano messe in atto nuove strutture di governance e gestione. Anche con un'azione immediata e concertata, si stima che 710 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica entreranno cumulativamente negli ecosistemi acquatici e terrestri tra il 2016 e il 2040.
Le microplastiche primarie possono essere il risultato di perdite dagli impianti di produzione e perdite accidentali di pellet di plastica durante il trasporto mentre le microplastiche secondarie, prodotte quando pezzi di plastica più grandi si rompono o si frammentano, si trovano, ad esempio, nei percolati delle discariche, nei fanghi biologici degli impianti di trattamento delle acque reflue e nel deflusso agricolo. I terreni agricoli possono essere fonti microplastiche a seguito dell'applicazione intenzionale di semi rivestiti di microplastica, dall’utilizzo prodotti chimici e dall’utilizzo di fertilizzanti provenienti dai fanghi di depurazione.
Una volta che i pezzi di plastica più grandi sono presenti nell'ambiente marino, possono essere scomposti in microplastiche secondarie attraverso processi meccanici, chimici o biologici.
Oltre ai microrganismi, la degradazione biologica include l'attività degli organismi marini che frammentano oggetti in microplastiche. Esistono prove emergenti che alcuni organismi marini, come il krill, possono anche ridurre le particelle di microplastiche in nanoplastiche attraverso l'ingestione.
Distribuzione spaziale dei macrorifiuti galleggianti immessi in mare dall'Europa. (Credit: González-Fernández et al. (2021)). Clicca sull’immagine per ingrandire.
Le fonti terrestri dei rifiuti marini
Le principali fonti dei rifiuti marini e dell'inquinamento da plastica sono legati ai crescenti volumi di plastica forniti all'economia globale
La produzione totale di plastica nel 2019 è stata di 368 milioni di tonnellate. È probabile che l'industria chimica diventi più complessa in futuro, con emissioni di gas a effetto serra. E’ stato recentemente stimato che la produzione globale di plastica primaria aumenterà a 1.100 milioni di tonnellate all'anno entro il 2050.
Della produzione cumulativa globale di plastica primaria tra il 1950 e il 2017, stimata in 9.200 milioni di tonnellate, circa 7.000 milioni di tonnellate sono diventate rifiuti di plastica. Di questa quantità, 1.000 milioni di tonnellate sono state incenerite (14%) e 5.300 milioni di tonnellate (76%) sono state scartate, finendo in discariche o discariche o come componente di flussi di rifiuti incontrollati, e 2.900 milioni di tonnellate sono ancora in uso, di cui 700 milioni di tonnellate (8%) riciclate.
Durante il ciclo di vita della plastica le maggiori perdite nell'ambiente si verificano durante l'uso e la fine del ciclo di vita, che rappresentano rispettivamente circa il 36% e il 55%. Le perdite durante la produzione di plastica rappresentano solo lo 0,25% circa del totale.
I rifiuti marini e l'inquinamento da plastica provengono principalmente da fonti terrestri.
Queste fonti includono l'agricoltura (ad esempio tubi di irrigazione, reti protettive, coperture per serre, contenitori, recinzioni, pellet per la consegna di prodotti chimici e fertilizzanti, rivestimenti per sementi e pacciamatura); edilizia e costruzioni (es. tubi, vernici, pavimenti, coperture, isolanti e sigillanti); trasporto (es. abrasione di pneumatici, manti stradali e segnaletica orizzontale); e un'ampia varietà di prodotti per la cura personale, farmaceutici e sanitari, compresi i dispositivi di protezione individuale utilizzati durante la pandemia di COVID-19. Circa il 36% di tutta la plastica prodotta viene utilizzata negli imballaggi, compresi i prodotti in plastica monouso per contenitori di alimenti e bevande, circa l'85% dei quali finisce in discarica o come rifiuto non regolamentato e gran parte dei quali finirà per entrare nell'ambiente marino. Nonostante i cambiamenti nelle politiche di alcuni paesi, l'esportazione di rifiuti, compresi i rifiuti elettronici, verso paesi con scarse infrastrutture di gestione dei rifiuti svolge un ruolo importante nella generazione di rifiuti mal gestiti e nei flussi di rifiuti e sostanze chimiche tossiche negli oceani.
Alcuni ricercatori hanno stimato che il volume di plastica negli oceani è tra 75 e 199 milioni di tonnellate
Dati gli aumenti previsti nella produzione di plastica e nel loro uso futuro, si prevede che i rifiuti di plastica e i flussi di plastica verso gli ambienti marini da fonti terrestri continueranno a crescere a meno che non vengano messe in atto nuove strutture di governance e gestione. Anche con un'azione immediata e concertata, si stima che 710 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica entreranno cumulativamente negli ecosistemi acquatici e terrestri tra il 2016 e il 2040.
Le microplastiche primarie possono essere il risultato di perdite dagli impianti di produzione e perdite accidentali di pellet di plastica durante il trasporto mentre le microplastiche secondarie, prodotte quando pezzi di plastica più grandi si rompono o si frammentano, si trovano, ad esempio, nei percolati delle discariche, nei fanghi biologici degli impianti di trattamento delle acque reflue e nel deflusso agricolo. I terreni agricoli possono essere fonti microplastiche a seguito dell'applicazione intenzionale di semi rivestiti di microplastica, dall’utilizzo prodotti chimici e dall’utilizzo di fertilizzanti provenienti dai fanghi di depurazione.
Le fonti marine dei rifiuti marini
I rifiuti marini derivanti dalle attività in mare provengono da più fonti. Ad esempio, tutte le attrezzature marittime economiche, leggere e durevoli sono realizzate in plastica. Le principali fonti marine di plastica e microplastica includono la pesca e l'acquacoltura (ad es. sigillanti, scatole di stoccaggio, imballaggi, boe, funi e lenze, reti, vari tipi di strutture e attrezzi da pesca come dispositivi di aggregazione del pesce o FAD); spedizioni e operazioni offshore (ad es. imballaggio, carico, vernici, smantellamento a fine vita, acqua di zavorra); e turismo basato sulla nave (ad es. imballaggi, beni personali).
I detriti legati alla pesca sono la categoria che maggiormente si deposita sulle spiagge. In Europa, sulla base di numerose indagini, si stima che la pesca e l'acquacoltura contribuiscano rispettivamente al 39% e al 14% di questi detriti; è costituito, ad esempio, da boe, vasi, sacchi di mangime, guanti e scatole.
Ad esempio, nel Gyre subtropicale del Pacifico settentrionale il 46% dei detriti è costituito da reti da pesca.
Le microplastiche primarie provenienti da fonti marine possono entrare negli oceani direttamente dalla perdita accidentale di merci in mare e dallo scarico illegale di rifiuti, nonché tramite vernici e altri materiali come i sigillanti utilizzati in vari settori. Le microplastiche secondarie possono derivare dall'usura degli attrezzi da pesca, come le corde in polipropilene, e dalle operazioni di acquacoltura.
Il turismo costiero e marittimo è un'altra fonte di rifiuti di plastica attraverso l'inquinamento intenzionale o accidentale delle coste.
Una volta che i pezzi di plastica più grandi sono presenti nell'ambiente marino, possono essere scomposti in microplastiche secondarie attraverso processi meccanici, chimici o biologici.
Oltre ai microrganismi, la degradazione biologica include l'attività degli organismi marini che frammentano oggetti in microplastiche. Esistono prove emergenti che alcuni organismi marini, come il krill, possono anche ridurre le particelle di microplastiche in nanoplastiche attraverso l'ingestione.
Riferimenti
agenzia europea dell'ambiente, Verso un'Europa a inquinamento zero, 2020
EEA, From source to sea — The untold story of marine litter
Plastic Europe, Plastics – The facts 2022
United Nations Environment Programme, FROM POLLUTION TO SOLUTION, 2021
González-Fernández, D., Cózar, A., Hanke, G. et al. Floating macrolitter leaked from Europe into the ocean. Nat Sustain 4, 474–483 (2021).
United Nations Environment Programme, FROM POLLUTION TO SOLUTION, 2021
I rifiuti marini: ulteriori sforzi per ridurre le fonti terrestri |
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