Dati sulla povertà in Friuli Venezia Giulia
L'Agenda 2030 riconosce che sradicare la povertà in tutte le sue forme e dimensioni, compresa la povertà estrema, è la più grande sfida globale e un requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile.
La povertà nel Mondo.
Il declino della povertà estrema continua, ma il ritmo è rallentato e il mondo non è sulla buona strada per raggiungere l'obiettivo di porre fine alla povertà entro il 2030. La povertà estrema oggi è concentrata e colpisce in modo schiacciante le popolazioni rurali. Sempre più spesso è esacerbato da conflitti violenti e cambiamenti climatici. Affrontare le rimanenti sacche di estrema povertà sarà una sfida a causa della loro persistenza e complessità, spesso implicando l'interazione di fattori sociali, politici ed economici. Programmi e politiche di protezione sociale efficaci, insieme alla spesa pubblica per i servizi chiave, possono aiutare le persone rimaste in piedi a trovare una via d'uscita dalla povertà.
La percentuale della popolazione mondiale che vive in condizioni di estrema povertà è scesa al 10% nel 2015
Il tasso di povertà estrema del 2018 all'8,6% e le proiezioni di base suggeriscono che il 6 per cento della popolazione mondiale vivrà ancora in condizioni di estrema povertà nel 2030
La povertà estrema rimane ostinatamente alta nei paesi a basso reddito e nei paesi colpiti da conflitti e sconvolgimenti politici, in particolare nell'Africa sub-sahariana.
Le previsioni suggeriscono che senza significativi cambiamenti nella politica, la povertà estrema sarà ancora nelle doppie cifre nell'Africa sub-sahariana entro il 2030. Circa il 79% dei poveri del mondo vive nelle aree rurali. Il tasso di povertà nelle aree rurali è del 17,2 per cento, oltre tre volte superiore rispetto alle aree urbane (5,3 per cento). Quasi la metà (46 per cento) delle persone estremamente povere sono bambini di età inferiore ai 14 anni.
Più di un terzo dei lavoratori subordinati nell'Africa sub-sahariana vive ancora con meno di $ 1,90 al giorno
Avere un lavoro non garantisce una vita dignitosa. Infatti, l'8% dei lavoratori dipendenti e delle loro famiglie in tutto il mondo hanno vissuto in condizioni di estrema povertà nel 2018, nonostante un rapido declino del tasso di povertà lavorativa negli ultimi 25 anni.
La situazione rimane particolarmente allarmante nell'Africa sub-sahariana, dove la percentuale di lavoratori poveri si è attestata al 38% nel 2018.
Nei paesi in via di sviluppo sviluppati e senza sbocco sul mare, almeno un quarto dei lavoratori vive in condizioni di estrema povertà nonostante abbia un lavoro. I giovani occupati (tra i 15 ei 24 anni) hanno maggiori probabilità di vivere in condizioni di povertà, con un tasso di povertà lavorativa che è il doppio di quello dei lavoratori adulti.
Il bilancio delle catastrofi legate al clima è in aumento, con i paesi più poveri maggiormente colpiti
Indipendentemente dalla misura, che si tratti di perdita di vite umane o economiche, i disastri causano enormi sofferenze in tutto il mondo. Dal 1998 al 2017, le perdite economiche dirette causate da catastrofi sono state stimate in quasi 3 trilioni di dollari, di cui le catastrofi legate al clima rappresentavano il 77% del totale (un aumento del 151% dal 1978 al 1997). Durante quel periodo, i disastri legati al clima e alla geofisica hanno causato circa 1,3 milioni di vittime. Oltre il 90% di tutti i disastri è stato causato da alluvioni, tempeste, siccità, ondate di calore o altri eventi meteorologici estremi.
La povertà è uno dei principali fattori alla base del rischio di catastrofi, quindi non sorprende che i paesi più poveri stiano vivendo una quota sproporzionata di danni e perdita della vita attribuita a catastrofi. Oltre il 90% dei decessi segnalati a livello internazionale a causa di un disastro si verificano in paesi a basso e medio reddito. Le catastrofi uccidono 130 persone per ogni milione di persone nei paesi a basso reddito rispetto a 18 per un milione nei paesi ad alto reddito. Le perdite economiche derivanti da catastrofi sono anche molto più elevate nei paesi più poveri, se misurate come percentuale del loro prodotto interno lordo (PIL). Tra le 10 peggiori catastrofi in termini di danno economico (se espresso in relazione al PIL), 8 si sono verificati in paesi a basso o medio reddito.
La povertà in Europa
In Europa, la povertà estrema non e presente tra gli occupati; e possibile però calcolare la percentuale di occupati a rischio di povertà reddituale, cioè coloro che, sebbene abbiano una occupazione, percepiscono un reddito equivalente inferiore al 60% del reddito equivalente mediano (dopo i trasferimenti sociali). In Europa, il 9,4% degli occupati vive in condizione di povertà reddituale; l’Italia è quintultima tra le nazioni della comunità europea, con il 12,2% degli occupati a rischio di povertà. Presentano percentuali più alte di lavoratori in condizioni di rischio di povertà soltanto la Grecia, la Spagna, il Lussemburgo e la Romania.
La povertà in Italia.
In Italia, la crisi economica tra il 2008 e il 2014 ha reso ancora più diffuso il lavoro“povero”, associato alla bassa retribuzione, a una minore quantità di ore lavorate, a un basso titolo di studio, alla precarietà del contratto di lavoro, all’essere cittadini stranieri.
Tra gli occupati del Nord Italia, la percentuale di quelli a rischio di povertà è passata dal 4,5% del 2004 al 6,9% del 2017; nel Mezzogiorno, la quota di “lavoratori poveri”, già molto elevata, è cresciuta dal 19,2% al 22,8%; mentre gli occupati poveri residenti in Centro Italia sono quasi raddoppiati (dal 5,9% al 11,2%).
La grave deprivazione materiale indica l’impossibilita di una persona di permettersi alcuni beni e/o servizi considerati dalla maggior parte delle persone come desiderabili o necessari.
Nel 2017, la grave deprivazione materiale ha colpito 33,1 milioni di persone della popolazione Ue (il 6,6% in diminuzione rispetto al 7,5% del 2016).
In Italia la popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale è pari al 28,9%, in diminuzione rispetto all’anno precedente. L’indicatore di povertà o esclusione sociale è multidimensionale e corrisponde alla quota di persone che presentano almeno una delle seguenti situazioni:
1) sono a rischio di povertà di reddito, 2) sono gravemente deprivate materialmente, 3) vivono in famiglie con una bassa intensità lavorativa.
La povertà di reddito riguarda il 20,3% della popolazione; la grave deprivazione materiale il 10,1% e la quota di chi vive in famiglie con una intensità di lavoro molto bassa è del 11,8%. La situazione appare in miglioramento, ma le disparità regionali sono molto ampie. Nel 2017 sono stati stimati 5 milioni e 58 mila individui in povertà assoluta.
La povertà in Friuli Venezia Giulia
Il primo obiettivo, eliminare la povertà, è diviso in più punti. Oltre alla povertà, è stato valutato anche l’accesso ai servizi e la percentuale di persone che sono state colpite dai disastri naturali.
In tutti i punti, il Friuli Venezia Giulia ha standard maggiori rispetto alla media nazionale.
Rispetto alle regioni del nord- est, invece, in Friuli Venezia Giulia c’è una maggiore incidenza della povertà e c’è meno lavoro. Tra i servizi, la nostra regione non è sufficientemente coperta dalla banda larga fissa e/o mobile.
Notizia ANSA 27 maggio 2019.
Se in Italia, quasi 1/3 dei bambini e degli adolescenti sono a rischio povertà ed esclusione sociale, con un forte divario a livello regionale, in FVG circa un bambino su 7, ovvero il 14,9% lo è. Sono alcuni dei dati presentati dal Gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (Gruppo Crc) che ha illustrato i risultati di una pubblicazione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza realizzata in Italia con dati disaggregati a livello regionale.
Nello specifico, se nel 2017 in Fvg, la percentuale di minorenni in povertà relativa era superiore al dato nazionale (26,3% contro 21,5%), quella dei minorenni a rischio povertà e esclusione sociale era inferiore (14,9% contro 32,1%). Sempre secondo la ricerca, i minorenni stranieri non accompagnati presenti in Fvg nel 2018 erano il 5% sul totale nazionale (629 contro 12.457); gli irreperibili il 7,8% (387 contro 4.981); e il 2% erano i numeri di posti collegati agli Sprar (70 contro 3.488).
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