Morto nel 1041 il doge Domenico Flabianico. Il successore fu Domenico Contarini
Morto nel 1041 il doge Domenico Flabianico. Il successore fu Domenico Contarini. Continuarono gli attriti con il patriarca Poppone
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Periodo storico
Il periodo storico tra il 1040 e il 1070 a Venezia fu caratterizzato da significativi sviluppi politici, economici e religiosi che posarono le basi per la futura ascesa della Repubblica come potenza marittima dominante.
Venezia sta incrementando gli scambi commerciali con l'Impero Bizantino e il mondo arabo, favoriti dalla posizione strategica di Venezia sulle rotte commerciali adriatiche con nuovi scali commerciali in Dalmazia e Istria.
Aumenta l'influenza del clero, con la fondazione di monasteri e abbazie che svolgevano un ruolo importante nella vita sociale ed economica della città
La Basilica di San Marco iniziò ad essere diffusamente soprannominata la “Chiesa d'oro”, in virtù del tesoro di San Marco, dei mosaici ornati e dei maestosi elementi progettuali, che resero l'edificio sacro il simbolo visibile della potenza e ricchezza acquisite dalla Serenissima
La linea del tempo
(azzurro) Imperatori del Sacro Romano Impero, (giallo) papa in carica, (rosso) margravio di Verona, (arancione) patriarchi di Aquileia, (viola) dogi di Venezia, (verde) patriarchi di Grado. Clicca sull’immagine per ingrandire
Domenico Contarini nominato doge
Morto nel 1041 il doge Domenico Flabianico dopo un governo di dieci anni. Il successore fu Domenico Contarini (1041/1043-1071)
Le cronache veneziane riportano che sotto il doge Domenico Contarini, continuarono gli attriti con il patriarca Poppone. In particolare il patriarca di Aquileia tolse una zona navigabile a Venezia per incentivare il commercio e la navigazione di Aquileia e rioccupò Grado nel 1044 saccheggiandola e incendiandola.
Papa Benedetto IX, confermando il possesso di quel patriarcato ad Orso Orseolo, intimò a Poppone sotto pena di scomunica di restituire il mal tolto. Poppone morì poco dopo (forse nel 1045) impenitente ed il doge Contarini, allestita una flotta, si diresse a Grado e la riconquistò. Grado non risorse più e i suoi patriarchi si trasferirono a Rialto in un palazzo vicino alla chiesa di S. Giovanni Elemosinano.
La spedizione in Dalmazia
La pace, fatta tra Cresimiro re dei Croati e Pietro Orseolo doge di Venezia, avvicinarono i Croati alle città costiere. Negli anni si creò un unico popolo.
Nel 1018 Ottone Orseolo si concentrò sulla Croazia in quanto i croati chiesero aiuto a Venezia per contrastare i dalmati. La vittoria fu veneziana. Ottone, al comando di una flotta, durante il ritorno visitò le città e le isole della costa adriatica affinché vescovi, clero e popoli rinnovassero il loro giuramento di fedeltà nei confronti di Venezia.
Negli anni Venezia era sempre più potente. La Dalmazia temendo di essere sopraffatta dal dominio veneziano chiese protezione all’Impero d’Oriente.
Per Contarini la situazione caotica della Dalmazia era una fonte di preoccupazione. Il territorio della Dalmazia era conteso dai bizantini, croati, ungari e dai veneziani. È molto difficile precisare se e quando si sia verificato un diretto intervento veneziano in quella regione (le date proposte dalla tarda cronachistica, 1050 o 1062, sono scarsamente attendibili perché non suffragate da dati certi), ma sembra plausibile supporre che il Contarini non si sia disinteressato affatto del problema ed abbia agito in qualche modo, forse più sul piano diplomatico che su quello militare. Zara fu ripresa dal doge, che vi lasciò alla tutela degl'interessi veneziani il proprio figlio Marco.
Il rapporto con l’impero d’Occidente
Migliorano i rapporti internazionali rispetto al recente passato.
Il pontefice Benedetto IX decide a favore del patriarcato di Grado ed a danno del patriarca di Aquileia.
Un analogo processo di avvicinamento si registrava anche nei confronti dell'Impero d'Oriente con il quale è probabile che il doge abbia ristabilito i contatti subito dopo la rinnovata intesa con il Papato, dato che Contarini fece uso del titolo di alte dignità bizantine. Fino dal 1046 egli era investito dei titolo di patrizio imperiale e tre anni dopo anche di quello di archipato.
Lo stato di tensione con l'Impero d'Occidente che il Contarini aveva ereditato dai suoi predecessori non accennò, invece, a diminuire durante il suo primo decennio di governo.
Il carattere spiccatamente antimperiale del riavvicinamento venetopapale indusse Enrico III a mantenere una posizione di aperta ostilità nei confronti di Venezia ed a sostenere la causa dei suoi avversari.
Nel maggio 1047 l'imperatore concedeva al vescovo di Treviso, Rotero, un importante privilegio, in cui, tra l'altro, erano contenute alcune clausole particolarmente dannose per il ducato in quanto prevedevano la sottomissione dei monastero veneziano di S. Ilario e di alcune sue corti con le rispettive decime ed il relativo distretto ecclesiastico.
Il monastero (di fondazione ducale e quindi sottoposto direttamente al doge) in realtà non si sottomise mai al vescovo trevigiano, ma rimase aperta la questione dei diritti decimali e giurisdizionali sulle sue corti, tanto più che, a breve distanza di tempo, una sentenza chiaramente favorevole al vescovo Rotero fu pronunciata da una sinodo riunita a Treviso e presieduta dal nuovo patriarca di Aquileia, Godebaldo.
Il Contarini allora intervenne personalmente per difendere il suo monastero e ricorse direttamente al sovrano. I contatti veneto-imperiali si svilupparono verosimilmente negli anni 1049-1051 e si conclusero con un vero e proprio capovolgimento delle alleanze. Venne placata la controversia e l’imperatore rinnovò i secolari privilegi imperiali di cui godevano i Veneziani nell'ambito dei regno, con sicuro vantaggio per i loro traffici nel regno italico.
Nel frattempo si era riaperta la vertenza aquileiese-gradense, soprattutto per opera del patriarca di Grado, Domenico Marango.
Il riconoscimento dei diritti del patriarcato di Grado comportava (almeno in teoria) l'annullamento di quelli di Aquileia, che rimaneva il pilastro della politica italiana dell'Impero, con il quale proprio in quel tempo il doge aveva raggiunto una faticosa intesa, l'atteggiamento del C. non fu certo favorevole a questa nuova politica pontificia per Grado. A differenza del 1044, quando si era attuata una completa cooperazione fra doge e patriarca, l'assenza di qualunque intervento del C. nella sinodo del 1053 è significativa testimonianza di aperto dissenso e prima tappa di una grave crisi ecclesiastica interna che negli anni successivi avrebbe investito l'intero organismo politico ed ecclesiastico veneziano.
A partire da quella data, infatti, si manifestarono sintomi evidenti di disgregazione all'interno del patriarcato lagunare.
La morte di Contarini
Il Contarini morì nel 1071 ed il suo corpo fu sepolto nel monastero di S. Nicolò di Lido che egli stesso aveva fondato diciotto anni prima con azione congiunta del patriarca Domenico Marango e del vescovo di Olivolo Domenico Contarini, omonimo e forse parente del doge.
Gli succede Domenico Selvo, uno stretto collaboratore di Contarini
S.Romanin, Storia documentata di Venezia, Tomo 1, 1853
Treccani, Contarini Domenico
Giovanni Cattalinich, Storia della Dalmazia, Tomo 1, 1834
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