La battaglia di Lechfeld (10 agosto 955) segnò la fine delle incursioni dei Magiari o Ungari in Europa centrale

La morte di Berengario è legata alle incursioni degli Ungari. La battaglia di Lechfeld (10 agosto 955) segnò la fine delle incursioni dei Magiari  in Europa centrale, grazie alla vittoria decisiva dell'esercito del re germanico Ottone I.

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Nel 902-904 ci furono nuove scorrerie di Ungari. Federico raccolse un buon numero di soldati friulani e molti delle province vicine. Con coraggio si oppose alle continue scorrerie degli Ungari.

Per il coraggio dimostrato, Berengario gli donò il Castello di Pozzuolo (3 ottobre 921) nel Friuli con il territorio di un miglio intorno.

In Europa le incursioni degli Ungari continuò per molti anni.

Molti ricchi monasteri in Europa, come anche interi villaggi, vennero saccheggiati e/o scomparirono, arrivando così a far vacillare l'impero, anche perché più o meno contemporaneamente ci furono le invasioni dei Normanni e le continue incursioni dei Saraceni.

Nel 910, gli Ungari provocarono gravi perdite all’armata di Ludovico IV il Fanciullo.

Ludovico non ebbe fortuna nelle sue campagne contro i Magiari, che durante il suo regno fecero innumerevoli incursioni nel territorio del regno, impadronendosi di grandi bottini, portando gravi distruzioni e, tra il 907 ed il 910, devastarono, Sassonia, Turingia, Baviera e Alamagna. Solo nel 909, sulla via del ritorno furono sconfitti nei pressi di Rott, dal nuovo duca di Baviera, Arnolfo detto il Cattivo, succeduto a Liutpoldo, nel 908; ma l'anno seguente, Ludovico il Fanciullo, raccolto un grande esercito venne sconfitto, presso Augusta.

Alla morte di Ludovico IV nel 911, gli successe Corrado I di Franconia, detto anche il Giovane. Come il suo predecessore , Il regno di Corrado fu funestato dalle incursioni dei magiari.

Nel 916, un imponente esercito assalì la provincia germanica. Corrado I radunò  un esercito e dopo un sanguinoso conflitto riuscì a respingerli.

L’anno seguente gli Ungari invasero nuovamente la provincia germanica, attraversarono l’Alemagna e l’Alsazia. Per tre anni fecero scorrerie per tutta la Germania.

Nel 921, gli Ungari infestarono la Moravia e la Boemia, successivamente invasero la Croazia ma incontrarono l’esercito giudato dai duchi Gotifredo ed Ardo con il patriarca di Aquileia (probabilmente Federico oppure il suo successore). Nella battaglia i duchi perirono mentre il patriarca riuscì a salvarsi.

Nel 922 gli Ungari ritornano in Italua probabilmente chiamati da Berengario.

Il periodo di pace ebbe termine nel 922, quando ci fu una congiura dei grandi del regno, tra cui il Marchese d'Ivrea, mirante a portare il re di Borgogna Rodolfo sul trono italiano. Questi scese in Italia, si fece eleggere re a Pavia e affrontò l'esercito di Berengario presso Fiorenzuola d'Arda. Berengario fu sconfitto (scampò miracolosamente alla morte, nascosto sotto uno scudo coperto di cadaveri) e dovette riconoscere il titolo regale all'avversario.

Rientrò a Verona, covando la vendetta. L'occasione gli fu offerta quando Rodolfo dovette rientrare in Borgogna per fermare le mire del duca Burcardo II di Svevia sui suoi possedimenti. Lanciò alla volta di Pavia un esercito mercenario composto da 5000 Ungari, che assediarono la città. Proprio durante l'assedio il lancio di proiettili infuocati scatenò un incendio che distrusse completamente la parte orientale della città, incluso il palazzo regio, e parte di quella occidentale; presi tra il fuoco e i pagani, i pavesi pagarono un immenso prezzo in vite umane.

Il rogo di Pavia rappresentò un capitolo orribile della storia di quegli anni, e sin dall'inizio la responsabilità degli eventi fu attribuita a Berengario, che aveva scatenato gli Ungari contro la popolazione del regno: per questo alcuni Veronesi, capeggiati dallo sculdascio Flamberto, ordirono un complotto contro Berengario nel 924.

E’ probabile che la chiamata degli Ungari da parte di Berengario fece allontanare molti suoi uomini fidati al punto tale da tramare una congiura.

La morte di Berengario

Come riporta Liutprando di Cremona, Berengario fu informato dell'infedeltà di Flamberto, ma non diede peso all'informazione. Il giorno prima dell'attentato alla sua vita, Berengario invitò Flamberto alla sua presenza, gli rammentò i benefici che gli aveva garantito e gli regalò una coppa d'oro. Flamberto però continuò a perseguire il suo obiettivo e passò la notte a istigare i veronesi contro il loro sovrano. Questo non risiedeva a palazzo ma in una piccola casetta vicino alla chiesa di San Pietro senza alcuna guardia, nonostante l'insistenza del conte Milone. La chiesa era localizzata dove oggi sorge il castel San Pietro.

Il 7 aprile 924 Berengario veniva assassinato a Verona, sulla porta della chiesa di S. Pietro, dove poco prima aveva sostato in preghiera. A capo della piccola congiura locale c'era Flamberto, sculdascio del comitato veronese.

Egli fu vendicato dal conte Milone, il quale fece impiccare tre giorni dopo Flamberto e gli altri milites coinvolti.

Le incursioni Ungare continuarono fino al 10 agosto 955 quando ci fu la battaglia di Lechfeld


Le incursioni ungare nel X secolo.

Le incursioni ungare nel X secolo. Clicca sull’immagine per ingrandire

Nell’estate del 955 gli Ungari stavano mettendo a ferro e fuoco la Sassonia. Interi villaggi erano stati distrutti, la popolazione uccisa in modo spietato. La nobiltà tedesca era impotente.  In quel momento il re Ottone I di Sassonia era impegnato in campagna contro Venedi, popolazione slava.

Ottone riunì 10000 uomini tra Franchi, Bavari, Sueri e Sassoni.

Il 9 agosto 955 ci fu lo scontro. In quel momento gli Ungari erano impegnati ad assediare la città di Augusta. Quando vennero a sapere che le truppe reali si stavano avvicinando, interruppero l’assedio e marciarono verso di loro.

Al comando dei suoi vassalli e dei suoi alleati, Ottone aveva raccolto intorno a sè un esercito forte di almeno 10.000 unità  di cavalleria pesante per fronteggiare un esercito nemico di almeno 50.000 unità  di cavalleria leggera. Ottone sperava che i suoi cavalieri, pesantemente corazzati e ben armati avrebbero avuto la meglio sulla cavalleria leggera avversaria. Infatti la tecnica militare dei Magiari era molto simile a quella degli Unni e dei Mongoli: prevedeva di evitare lo scontro diretto, tormentando gli avversari da lontano con lanci di frecce e approfittando di qualsiasi apertura.

Egli si mosse sul terreno accidentato disponendo i suoi uomini in una lunga colonna, divisa in reparti a seconda della nazionalità. In testa furono schierati 3 reparti bavaresi, seguiti dai franconi, e poi dai sassoni di Ottone. Nella retroguardia furono posizionati 2 reparti di svevi e un contingente di boemi che avrebbero dovuto difendere le salmerie. Durante il cammino la colonna fu attaccata alle spalle dai Magiari, che colsero di sorpresa e misero in fuga boemi e sassoni.

A questo punto le truppe tedesche si trovarono accerchiate ma la disorganizzazione degli ungari giocò in loro favore. Questi, infatti, si misero a saccheggiare i carri invece di chiudere in una morsa letale i germani. Ottone colse l’occasione al volo e inviò i franconi in retroguardia: i magiari smontati da cavallo furono investiti e massacrati. Con la retroguardia protetta Ottone schierò le truppe in una lunga linea davanti al centro delle forze ungare. Suonò la carica e si lanciò contro il nemico con i suoi cavalieri.

Mentre i cavalieri galoppavano contro gli avversari si dice che Ottone abbia urlato:

Ci sono superiori in numero, lo so, ma non hanno le nostre armi, non il nostro coraggio. Sappiamo anche che essi non hanno l’aiuto di Dio, e questo ci è di grandissimo conforto!”(Guttman, Survival of the Strong).

Poco prima dell’impatto i magiari scagliarono un pioggia di frecce che colpì solamente le corazze e gli scudi tedeschi, e prima che potessero essere in grado di ripetere il lancio furono investiti dalla furia dei germani. Come previsto da Ottone, la forza dei suoi cavalieri ebbe la meglio sugli avversari che fuggirono rompendo lo schieramento.

Gran parte dei prigionieri di guerra vennero uccisi o rimandati in patria al cospetto del loro sovrano Taksony d'Ungheria con il naso e le orecchie mozzate.

Sul campo di battaglia i nobili germanici esultarono per la vittoria e sollevarono sui loro scudi Ottone proclamandolo loro Imperatore.

Alcuni anni dopo, ancora forte di questa vittoria Ottone si recò a Roma e si fece incoronare dal pontefice stesso. Nel frattempo i Magiari si ritirarono lungo le pianure della Pannonia dove si dedicarono all'agricoltura e si convertirono al Cristianesimo. L'espansione magiara in Europa poteva dirsi arrestata.

 

 

Francesco di Manzano. Annali del Friuli. Volume 1. 1858

Giuseppe Mainati. Croniche ossia memorie storiche di Trieste. 1819

Cronistoria, Ottone I, la vittoria di Lechfeld e il rallentamento delle invasioni magiare