Il 31 gennaio 932 ci fu il Ratto delle spose veneziane
Il 31 gennaio 932 pirati dell’Alto Adriatico rapirono delle ragazze a Venezia nel giorno del loro matrimonio.
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Il Ratto delle spose veneziane, per opera di pirati slavi od istriani, accadde l'ultimo di gennaio. Successivamente furono liberate a Caorle e ricondotte in patria. Da qui la festa delle Marie nel giorno della Purificazione di Maria Vergine il 2 febbraio e l'andata solenne del Doge nella chiesa di Santa Maria Formosa
Giuseppe Cappelletti in “Storia della Chiesa di Venezia” racconta del Ratto delle spose veneziane. Il 31 gennaio, durante una cerimonia in presenza del vescovo Orso II Mogadisi presso la chiesa S.Pietro di Castello nell’isola di Olivoli, i Triestini approdarono furtivamente e durante la funzione religiosa rapirono le spose veneziane.
Abitualmente, in laguna, sin dai primi secoli di vita della comunità veneziana si celebrava una festa con il nome di “Festa delle Marie o dei Matrimoni”. La sacra unione di due individui era una facile strada per sancire alleanze, patti o pacificazioni.
L’estesa partecipazione dell’intera società ad un matrimonio – che da semplice atto privato diventava così un atto pubblico –, comportava e significava il dovere da parte degli sposi, al rispetto assoluto degli impegni assunti primariamente verso la stessa collettività. Questa diventava nel contempo la garante degli obblighi assunti, con il matrimonio dei due giovani, dalle rispettive famiglie.
Ogni anno 12 fanciulle di irreprensibile condotta e scelte tra le famiglie più povere delle isole venivano condotte all’altare dallo stesso doge in una sontuosa e ricchissima cerimonia. Le fanciulle, ricevevano per l’occasione da parte dello Stato preziose collane, corone e ricchi monili d’oro da pone sul capo e al collo salvo restituire il tutto a cerimonia finita quando alle spose restava solo una piccola dote custodita in una piccola cassa chiamata “arcella”.
La notizia di una simile circostanza, resa preziosa dalla presenza di tanto oro e ricchezza, non poteva certo restare sconosciuta alle vicine popolazioni della laguna. E non poteva tanto più passare inosservata alle bande di pirati sempre alla ricerca di ricche prede.
Fra i tanti, furono i pirati triestini i più celeri ad approfittare di detta cerimonia per procurarsi un facile ed immediato bottino.
Incerto resta l’anno ed il dogato sotto il quale per la prima volta la festa venne così imprevedibilmente violata. L’episodio sembra comunque più verosimilmente essere accaduto ai tempi del doge Pietro Candiano II tra il 930 e il 940 circa.
Emmanuele Cicogna nelle sue Tavole Cronologiche della storia Veneta, sotto l’anno 932, scrive:
Intorno a quest’epoca segue il ratto delle spose nostre fatto dai Triestini.
In quell’occasione i pirati si portarono notte tempo con le loro leggere e silenziose imbarcazioni, presso l’isola di Olivolo-Castello, nascosti dagli orti che crescevano tra la cattedrale e la laguna, in attesa della cerimonia che si sarebbe celebrata l’indomani proprio nella cattedrale. Giunto il tanto atteso momento, quando nella chiesa si affollavano di persone, i pirati uscirono all’attacco rapidi ed inaspettati piombando sulle 12 spose riccamente ornate che portarono con sé nella fuga. I partecipanti, sposi compresi, privi di armi data la circostanza festosa non poterono che assistere impietriti e terrorizzati al ratto delle sfortunate e malcapitate fanciulle.
Trascorsi i primi momenti di sgomento, il doge in persona con altri uomini si lanciarono all’inseguimento delle imbarcazioni nemiche. Giunti in prossimità del porto di Caorle, i Veneziani sorpresero infine i pirati mentre si disputavano e si dividevano il bottino umano e di preziosi. Prontamente assaliti, i pirati vennero duramente sconfitti e il doge stabilì che i loro cadaveri venissero gettati in mare, le 12 fanciulle e il ricco tesoro facevano ritorno in laguna. In memoria dell’avvenimento, quel piccolo porto prese da allora il nome di “Porto delle donzelle”.
Giuseppe Cappelletti, “Storia della Chiesa di Venezia”, volume primo, 1849
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