Proteggere, ripristinare e promuovere l'uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire in modo sostenibile le foreste, combattere la desertificazione, arrestare e invertire il degrado del suolo e arrestare la perdita di biodiversità
Il Goal 15 punta alla salvaguardia degli ecosistemi terrestri e della loro biodiversità. La strategia non può essere circoscritta ai superstiti ambienti naturali o alle grandi riserve della biosfera, ma deve investire l’intero pianeta, colpito in ogni sua parte da diverse forme di degrado dell’ambiente e del territorio. Particolare enfasi è posta sui problemi della deforestazione e della desertificazione; si tratta infatti di macro-fenomeni connessi alle attività dell’uomo e al cambiamento climatico, che mettono a rischio i mezzi di sostentamento di milioni di persone in lotta contro la povertà nei Paesi in via di sviluppo. L’altro elemento chiave è la perdita di biodiversità, da contrastare attraverso politiche di conservazione e di risanamento ambientale, la promozione di un uso sostenibile e condiviso delle risorse genetiche e la lotta all’estinzione delle specie minacciate.
Le aree forestali nel mondo continuano a diminuire.
La percentuale di superficie forestale è diminuita, dal 31,9% della superficie totale nel 2000 al 31,2% nel 2020, rappresentando una perdita netta di quasi 100 milioni di ettari di foreste mondiali. Dal 2000 al 2020, l'area forestale è aumentata in Asia, Europa e Nord America, mentre è diminuita in modo significativo in America Latina, Africa subsahariana e Asia sud-orientale, guidata dalla conversione della terra in agricoltura. Nonostante la perdita complessiva, i dati del 2017 hanno mostrato che la percentuale di foreste nelle aree protette e nell'ambito di piani di gestione a lungo termine, nonché delle aree forestali certificate, è aumentata o è rimasta stabile a livello globale e nella maggior parte delle regioni del mondo.
L'estinzione delle specie, che minaccia lo sviluppo sostenibile e compromette il patrimonio mondiale, è causata principalmente dalla perdita di habitat da agricoltura, raccolta e commercio non sostenibili; deforestazione; e specie esotiche invasive. A livello globale, il rischio di estinzione delle specie è peggiorato di circa il 10% negli ultimi tre decenni.
Aree forestali in rapporto alla superficie terrestre
Dalla conservazione delle aree forestali dipende in larga misura la conservazione della biodiversità, poiché si stima che esse detengano circa i tre quarti della biodiversità terrestre. Le foreste svolgono, inoltre, una molteplicità di funzioni essenziali alla vita sulla terra, dalla conservazione del suolo alla mitigazione dei cambiamenti climatici.
Negli ultimi decenni, tuttavia, il concorso di diversi fattori ha accelerato i processi di deforestazione e di deterioramento del patrimonio forestale. A livello globale, la minaccia si concentra nelle regioni tropicali, dove si trovano le foreste più estese e più ricche di biodiversità, e dove molti Paesi in via di sviluppo sono più esposti alle pressioni generate dall’avanzata dell’urbanizzazione e dalla domanda crescente di terreni per l’agricoltura e l’allevamento, nonché ai rischi derivanti da uno sfruttamento incontrollato dei prodotti forestali.
Secondo le ultime stime disponibili, il 30,8% del nostro territorio nazionale è coperto da boschi. La quota sale al 36,8% se si considerano anche le “altre terre boscate”, che entrano nel calcolo del coefficiente di boscosità. Nonostante la crescita costante registrata negli ultimi anni, la copertura forestale nel nostro paese resta inferiore ai valori medi dell’Europa e delle regioni sviluppate. In Italia, inoltre, l’avanzata del bosco si deve prevalentemente alla colonizzazione spontanea di aree agricole marginali, successiva all’abbandono colturale.
Di conseguenza, ai vantaggi connessi all’aumento della copertura forestale, come l’accrescimento della capacità di stoccaggio del carbonio, possono contrapporsi ricadute negative in termini di degrado del paesaggio, dissesto del territorio e perdita di funzionalità ecologica. Tra i 28 paesi Ue, quello con la più estesa copertura forestale è la Finlandia (73,1% del territorio nazionale), seguita da Svezia, Slovenia, Lettonia ed Estonia. In questa graduatoria l’Italia occupa il 19° posto.
Tra le regioni italiane il primato spetta alla Liguria, dove i boschi coprono il 66,3% del territorio, mentre la regione meno boscosa è la Puglia (7,9%). Nel confronto fra le ripartizioni, Centro e Nord superano il 30,8% della media Italia (rispettivamente, con il 40,4 e il 33,2%), mentre nel Mezzogiorno la copertura è più ridotta (22,8%).
Proporzione di siti importanti per la biodiversità degli ecosistemi terrestri e d’acqua dolceinclusi in aree protette, per tipo di ecosistema
I progressi delle politiche di conservazione della natura possono essere monitorati al livello dei singoli stati misurando la copertura che i sistemi nazionali di aree protette assicurano alle Aree chiave per la biodiversità (Key Biodiversity Areas, Kba).
Il sistema italiano delle aree protette, che si estende sul 21,6% del territorio nazionale, ha raggiunto negli ultimi vent’anni un buon livello di copertura delle Aree chiave per la biodiversità.
Progresso verso la gestione sostenibile delle foreste
La gestione del patrimonio forestale è considerata sostenibile se contribuisce a mantenere e migliorare i valori economici, sociali e ambientali di tutti i tipi di foreste, a beneficio delle generazioni presenti e future.
A livello globale, invece, la tendenza è opposta: dal 2000 in avanti, la deforestazione ha continuato ad avanzare a velocità costante, determinando una perdita media di superficie forestale dello 0,1% l’anno sull’intero pianeta, e dello 0,5% nei Paesi meno sviluppati. In termini assoluti, tra il 2000 e il 2015 sono andati perduti ogni anno, in media, 3,9 milioni di ettari di foreste nel mondo
Importante è la quantità di biomassa presente nel soprassuolo forestale per unità di superficie, le cui variazioni si possono leggere come un bilancio tra guadagni e perdite: i primi dovuti alla crescita delle foreste, le seconde a prelievi di legname, disboscamenti, incendi, malattie, ecc. Una gestione sostenibile delle risorse forestali dovrebbe mantenere questo bilancio in attivo, o quanto meno in pareggio: evitare, cioè, una riduzione della densità di biomassa, che a lungo termine indica una diminuita capacità di rinnovazione (generalmente imputabile a sfruttamento eccessivo) e una perdita di funzionalità ecologica.
La quantità di biomassa nel soprassuolo forestale per unità di superficie è l’insieme della materia organica vivente sopra la superficie del suolo nelle aree forestali, inclusi fusti, ceppi, rami, corteccia, semi e fogliame (biomassa arborea epigea), misurata in tonnellate per ettaro.
A livello mondiale, la quantità di biomassa per ettaro è in lieve calo, mentre aumenta in Italia, in Europa e nelle regioni sviluppate.
Un’ulteriore misura riguarda, infine, la gestione certificata delle foreste. La certificazione forestale è un processo volontario, attraverso il quale le aziende forestali possono ottenere da enti accreditati a livello internazionale un marchio di qualità, che attesta la rispondenza dei loro processi produttivi a determinati requisiti di tutela ambientale, equità sociale ed efficienza economica. In Italia si stima che nel 2018 le superfici forestali certificate ammontavano a 852 mila ettari. L’Italia resta tra i paesi europei dove la certificazione forestale è meno diffusa.
Quota di territorio degradato sul totale della superficie terrestre
Per degrado del territorio si intende una riduzione o la perdita della produttività biologica o economica delle terre coltivate, di quelle incolte e delle aree forestali. Questo processo avviene per effetto di una combinazione di pressioni, naturali e antropiche: le prime connesse a eventi estremi o al cambiamento climatico, le seconde complessivamente riconducibili all’utilizzazione del suolo e ai suoi cambiamenti. Le due misure statistiche riferite a questo indicatore sono entrambe riferite alle pressioni antropiche, e in particolare al consumo di suolo generato dai processi di urbanizzazione.
Le superfici rese impermeabili per la realizzazione di costruzioni e infrastrutture (soil sealing) inibiscono la funzionalità ecologica del suolo sottostante. L’espansione delle superfici sigillate artificialmente – spesso avvenuta in modo incontrollato, in contesti caratterizzati da debole capacità di governo del territorio – è stata un’importante concausa del dissesto idrogeologico e del degrado del paesaggio urbano e rurale in tanta parte del nostro Paese. Il consumo di suolo che ne deriva, essendo un esito praticamente irreversibile nel breve periodo, va considerato alla stessa stregua di altre forme di consumo di risorse non rinnovabili. Nel 2018 in Italia il suolo sigillato dalle coperture artificiali ha raggiunto la proporzione del 7,6% del territorio nazionale (9,3% al Nord, 7,3% al Centro, 6,2% nel Mezzogiorno). In Lombardia, Veneto e Campania la copertura artificiale supera il 10%, mentre in Valle d’Aosta, Basilicata, Sardegna, Molise e nelle province di Trento e Bolzano rimane ancora sotto la soglia del 5%.
Il consumo di suolo interferisce con la funzionalità ecologica del territorio non soltanto attraverso la sottrazione di superficie, ma anche attraverso il frazionamento degli spazi aperti. Le barriere artificiali costituite da edifici e infrastrutture, infatti, interrompono la continuità degli ecosistemi, e rendono ecologicamente inerti e improduttivi anche gli spazi residui non sufficientemente estesi. Secondo le stime dell’Ispra, il 38,8% del territorio nazionale presenta un livello di frammentazione elevato o molto elevato, che costituisce un importante fattore di degrado del territorio.
Frammentazione del territorio e impermeabilizzazione del suolo in Italia, per regione. Anno 2018
Copertura da aree protette di siti importanti per la biodiversità in ambiente montano
Le montagne svolgono un ruolo importante nella regolazione dei climi globali e regionali, sono la fonte della maggior parte dei fiumi e – per il fatto di concentrare in poco spazio ambienti climatici molto diversi – fungono da generatori e riserve di biodiversità, formando ponti o barriere per le specie vegetali e animali.
Nel mondo, la copertura offerta dai sistemi nazionali di aree protette alle Aree chiave per la biodiversità in ambienti montani non si discosta dalla media degli ambienti terrestri ed è largamente insufficiente (41,1% nel 2019). In Italia, le aree protette assicurano una copertura molto maggiore (78,1%, in aumento di quasi 9 punti rispetto al 2000), e tuttavia inferiore a quella della maggior parte dei Paesi Ue.
Indice Red List
La varietà degli ambienti naturali, la posizione al centro del bacino mediterraneo e la presenza di numerose specie endemiche fanno dell’Italia un paese particolarmente ricco di biodiversità: una ricchezza tuttavia vulnerabile, a causa della forte pressione sull’ecosistema determinata dall’alta densità di popolazione. Lo stato della biodiversità viene monitorato attraverso la compilazione e l’aggiornamento periodico delle Liste rosse delle specie minacciate, cui presiede l’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), nelle quali le specie valutate sono classificate secondo il livello della minaccia di estinzione.
Secondo i più recenti aggiornamenti delle Liste rosse italiane, effettuati in diversi anni fra il 2013 e il 2018, sono minacciate di estinzione il 31,2% delle specie terrestri di Vertebrati presenti nel nostro Paese. Su oltre 2 mila specie di insetti valutate, quelle minacciate di estinzione rappresentano circa il 20%.
Friuli Venezia Giulia (SDGS 2019)