Carlo Magno promosse una nuova cultura europea, la scuola palatina

Carlo Magno e la scuola palatina

Carlo Magno promosse una nuova cultura europea, la scuola palatina. Anche l’imperatore Lotario continuò la politica scolastica del suo predecessore. Importante fu la biblioteca privata di Eberardo del Friuli.

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Carlo Magno e la scuola palatina

   Il testamento di Carlo Magno

   In breve. Da chi fu fondata la scuola palatina?

   Perché fu fondata la scuola palatina?

   La Schola Palatina

   La biblioteca privata di Eberardo del Friuli



Il testamento di Carlo Magno

Nell’Alto Medioevo, la figura di Carlo Magno emerge come un colosso della storia europea. Nell’811, al crepuscolo della sua vita, il grande imperatore redige un testamento che riflette la sua saggezza e lungimiranza. Tra i testimoni di questo momento storico si distingue Unroch II, guerriero leale e compagno di innumerevoli battaglie attraverso il continente. In segno di riconoscenza per la sua fedeltà, Carlo Magno assegna a Unroch II vasti territori nel Ducato del Friuli, una regione che l’imperatore conosceva intimamente.

Infatti, anni prima, la corte di Aquisgrana, cuore pulsante dell’impero di Carlo Magno, aveva accolto due figure chiave del Friuli: Paolino di Aquileia e Paolo Diacono. Quest’ultimo, noto per la sua opera Historia Langobardorum” («Storia dei Longobardi»), è un simbolo dell’erudizione e della cultura del tempo. Il legame tra Carlo Magno e il Ducato del Friuli è un esempio lampante dell’importanza che il sovrano attribuiva ai territori e alle personalità che contribuirono a plasmare l’identità dell’Europa durante l’Alto Medioevo.

In breve. Da chi fu fondata la scuola palatina?

Durante l’Alto Medioevo, la figura di Carlo Magno emerge come un pilastro fondamentale nella formazione della cultura europea. Fu proprio Carlo Magno a fondare la prestigiosa Scuola Palatina, un’istituzione che divenne il fulcro dell’istruzione e del sapere del tempo. Sotto la sua egida, la scuola vide la direzione di eminenti figure come Alcuino di York, attirando studiosi da ogni angolo del continente. Grazie all’impegno di Carlo Magno e al lavoro svolto dalla Scuola Palatina, si assistette a un rinascimento culturale, noto come il Rinascimento Carolingio, che favorì la rinascita degli studi classici e la diffusione dei valori cristiani, lasciando un’impronta indelebile sull’Alto Medioevo europeo.

Perché fu fondata la scuola palatina?

Per dare un' unità al suo vasto impero, Carlo Magno pensò che fosse necessario educare intellettualmente, moralmente e religiosamente i popoli che lo componevano. A tale scopo si dedicò con ogni cura alla diffusione delle scuole e modificò radicalmente i metodi e gli ordinamenti scolastici.

Già vi erano scuole episcopali e parrocchiali nelle città e scuole monastiche presso i monasteri. Tuttavia l’insegnamento non aveva basi sicure, perché allora solo in Inghilterra esisteva un centro di studi che si valeva di una lunga tradizione scolastica.

Per tali motivi, per effettuare il suo piano di riforma, Carlo Magno fece venire presso di sé, dall' Inghilterra, Alcuino di York.

La Schola Palatina

A Aquisgrana, in quel cenacolo di intellettuali passato alla storia come Schola Palatina, che in quegli anni si sta formando una nuova cultura di respiro europeo, sotto la guida del grande Alcuino di York.

Alcuino di York

Alcuino di York Regno di Northumbria, 735 circa – Tours, 19 maggio 804) è stato un filosofo e teologo anglosassone, venerato come santo dalla Chiesa d'Inghilterra e come beato dalla Chiesa cattolica. Alcuino fu uno dei principali artefici del Rinascimento carolingio: insegnò soprattutto grammatica e arti liberali. Fu consigliere di Carlo Magno.

Con tutta probabilità Carlo Magno era analfabeta; tuttavia considerava la cultura estremamente importante. In un’epoca in cui la percentuale degli analfabeti era altissima, l’imperatore s’impegnò affinché anche i figli di famiglie umili potessero ricevere una istruzione di base.

Per dare un’unità al suo vasto impero, Carlo Magno pensò che fosse necessario educare intellettualmente, moralmente e religiosamente i popoli barbari che lo componevano. A tale scopo si dedicò con ogni cura alla diffusione delle scuole e modificò radicalmente i metodi e gli ordinamenti scolastici. A quei tempi l’insegnamento aveva carattere religioso: vi erano scuole episcopali e parrocchiali nella città, e scuole monastiche presso i conventi.

Tuttavia l’insegnamento non aveva basi sicure, perché allora solo in Inghilterra esisteva un centro di studi che si valeva di una lunga tradizione scolastica

Per effettuare il suo vasto piano di riforma, Carlo Magno fece venire presso di sé, dall’Inghilterra, Alcuino di York. Consigliato da lui, emanò i capitolari circa l’organizzazione delle scuole ed elaborò un programma di studio che si diffuse in tutte le scuole, episcopali e claustrali, e rimase invariato per tutto il Medio Evo.
Il programma comprendeva le sette arti liberali, distinte in «trivio» (grammatica, retorica, dialettica) e in «quadrivio » (aritmetica, geometria, astronomia, musica), a cui poi si aggiunse la medicina.

Completava la cultura nelle scuole superiori lo studio della teologia. Sotto la direzione di Alcuino, fu costituito un centro di studi nel palazzo stesso dell’imperatore ad Aquisgrana: la scuola palatina o scuola di palazzo. Accanto ad essa esisteva una piccola accademia, dove il latino classico era la lingua preferita. L’imperatore vi chiamava studiosi, letterati, uomini di cultura da ogni paese.
Successivamente, sul modello della scuola palatina, furono fondati nuovi centri di studi, dove i maestri stessi composero preziosi manuali scolastici, che gli amanuensi (scrivani) copiavano in numerosi esemplari, per distribuirli nelle diverse scuole dell’impero.

Anche se Carlo Magno era morto, l’imperatore Lotario continuo la politica scolastica del suo predecessore e decise di riordinare la scuola. Tra le scuole capitolate ci fu anche quella di Cividale a cui, per legge, potevano concorrere i giovani provenienti dal Friuli e dall’Istria.

I maestri di scuola insegnavano la grammatica. La materia grammatica abbracciava la lingua latina con lo studio degli antichi scrittori  e poeti, qualche accenno alle Sacre Scritture, il conteggio delle fasi lunari.

La biblioteca privata di Eberardo del Friuli

L’attuazione di questo vasto programma culturale passa soprattutto per i monasteri, i veri custodi del sapere antico. Ma almeno in un caso passa anche per una biblioteca privata: quella di Eberardo del Friuli, figlio di Unroch II, originario della città francese di Cynoing.

La necessità di istruire il clero è anche alla base dell’attenzione dedicata da Carlo e dai suoi successori ad una accurata ed abbondante produzione libraria: Carlo Magno aveva dato disposizioni in questo senso nella Enciclyca de emendatione librorum et officiorum ecclesiasticorum, relativa ad una corretta trascrizione dei libri della Bibbia e dei testi per uso liturgico. Un lascito testamentario di libri effettuato dal genero di Ludovico il Pio, il marchese Eberardo del Friuli, ha permesso di valutare la consistenza della biblioteca di un laico colto e di rango elevato intorno all’anno 860.

Libri della nostra cappella che vogliamo dividere.

Vogliamo anzitutto che Unroch abbia il nostro salterio doppio, la nostra Bibbia, il libro di sant’Agostino Delle parole del Signore; i libri che contengono le leggi dei Franchi, dei Ripuari, dei Longobardi, degli Alamanni e dei Bavari; il libro sull’arte militare, il libro dei vari sermoni, il primo dei quali è dedicato a Elia e Achab; il libro delle costituzioni dei principi e degli editti imperiali, i Sinonimi di Isidoro, il libro delle quattro virtù, il vangelo, il bestiario e la Cosmografia del filosofo Aethicus.

Vogliamo che Berengario abbia l’altro salterio scritto in lettere d’oro, la Città di Dio di sant’Agostino, il trattato delle parole del Signore, la storia dei pontefici romani, la storia dei Franchi, il libro dei vescovi Isidoro, Fulgenzio e Martino, il libro di Efrem, i Sinonimi di Isidoro, un glossario e un calendario.

Vogliamo che Adalardo abbia l’altro salterio che noi adoperiamo, il commento delle Epistole di Paolo, il libro di sant’Agostino Delle parole del Signore, il commento al profeta Ezechiele, il lezionario delle Epistole e dei vangeli scritto in oro, la vita di san Martino, il libro di Aniano, i sette libri di Paolo Orosio, i libri di Sant’Agostino e del prete Gerolamo su ciò che disse Giacomo: Chiunque, dopo aver osservato la legge, venga meno in un sol punto, è giudicabile come tutti gli altri.

Vogliamo che Rodulfo abbia il salterio commentato di cui si serviva Gisella, l’opera di Smaragdo, il Collectaneum, il libro di Fulgenzio, il messale quotidiano che era nella nostra cappella, la Vita di San Mar, tino, la Fisionomia del medico Losso e l’Elenco dei primi principi.

Vogliamo che la nostra figlia maggiore Engeltrude abbia il libro chiamato vite dei Padri, il libro dell’insegnamento di san Basilio, la storia di Apollonio, i Sinonimi di Isidoro.

Vogliamo che Giuditta abbia un messale e un libro che comincia con il sermone di sant’Agostino sull’ubriachezza, la legge dei Longobardi, il libro di Alcuino al conte Guido.

Vogliamo che Eilvince abbia un messale, un passionario, un libro di preghiere con i Salmi, un libretto di orazioni.

Vogliamo che Gisella abbia il libro delle quattro virtù e l’Enchiridion di sant’Agostino.

(Eberardo del Friuli, Testamento, pp, 1-5)

Inoltre in un brano tratto la “Vita di Carlo” di Eginardo viene illustrato un aspetto della vita quotidiana e ci fa sapere che in questo periodo era molto diffusa l’abitudine di farsi leggere dei testi, mentre si mangiava

Mentre mangiava stava ad ascoltare qualche artista o lettore. Gli venivano lette le storie e le gesta degli antichi. Gli piacevano anche i libri di S. Agostino, soprattutto quelli che sono intitolati La città di Dio.

(Eginardo, Vita di Carlo, 24)

 

 

Francesco di Manzano. Annali del Friuli. Volume 1. 1858

Il marchese mediatore, imagazine.it

Reti medievali

 

 



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