Le guerre per le materie prime

La presenza delle materie prime in alcune aree del mondo ha provocato e minaccia di provocare nuove violenze. Tra le risorse importanti per lo sviluppo c’è l’acqua. La violenza legata all’acqua ha raggiunto il massimo storico nel 2022 con almeno 228 conflitti idrici

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Argomenti trattati

La militarizzazione delle risorse naturali

   La nozione di militarizzazione delle risorse

   Tensioni politiche e militari provocate dalla domanda delle materie prime

   I conflitti idrici

   La corsa all’oro blu, il cobalto



La nozione di militarizzazione delle risorse

Le risorse naturali, secondo la definizione della Banca Mondiale, sono “materiali presenti in natura e essenziali o utili per l’uomo, come acqua, aria, terra, foreste, pesci e fauna selvatica, terriccio e minerali”. La presenza di queste risorse in alcune aree del mondo ha incitato alla violenza e intensificato lo sfruttamento.

La militarizzazione delle materie prime è il processo attraverso il quale le materie prime naturali, come i metalli, i minerali e le risorse energetiche, diventano scopo di guerre.

La militarizzazione delle materie prime può avere un impatto significativo sulla sicurezza globale. Innanzitutto, può aumentare il rischio di conflitti, poiché i paesi possono competere per l'accesso alle materie prime. In secondo luogo, può rendere più difficile per i paesi mantenere un'autonomia strategica, poiché possono dipendere da altri paesi per l'approvvigionamento di materie prime critiche.

Negli ultimi anni, la militarizzazione delle materie prime è diventata un problema sempre più importante a causa di una crescente domanda materie prime da parte delle economie emergenti, come la Cina, all'aumento della complessità tecnologica delle armi e dei sistemi militari ed alla crescente consapevolezza della vulnerabilità delle catene di approvvigionamento delle materie prime.

In particolare, la guerra in Ucraina ha messo in luce la vulnerabilità delle economie occidentali alla dipendenza da materie prime provenienti da paesi autoritari. La Russia, ad esempio, è un importante fornitore di gas naturale, petrolio e metalli, e la sua invasione dell'Ucraina ha causato interruzioni delle forniture e aumenti dei prezzi.

Le guerre nella storia si sono basate sulla contesa per il controllo delle risorse naturali. Le nazioni che dispongono di un numero abbondante di queste risorse si trovano spesso ad affrontare conflitti che possono verificarsi a causa di strutture governative deboli.

Questo argomento è ampiamente correlato alla politica moderna e si ritiene che abbia gravi conseguenze sul sistema ecologico della Terra (demolizione di comunità, agricoltura, infrastrutture ecc.)

Tensioni politiche e militari provocate dalla domanda delle materie prime

La domanda globale di materie prime, in particolare di energia, metalli e prodotti agricoli, è in costante aumento. Questo è dovuto a una serie di fattori, tra cui la crescita della popolazione mondiale, l'industrializzazione dei paesi emergenti e la transizione verso le energie rinnovabili.

L'aumento della domanda di materie prime sta provocando una serie di tensioni politiche e militari. In particolare, si sta verificando una crescente competizione tra le grandi potenze per l'accesso alle risorse. Questo è particolarmente evidente nel caso del petrolio e del gas, che sono essenziali per l'economia mondiale.

Un esempio di queste tensioni è la guerra in Ucraina. La guerra ha avuto un impatto significativo sui mercati delle materie prime, causando un aumento dei prezzi e un'incertezza sul futuro dell'approvvigionamento energetico.

Un altro esempio di tensione politica provocata dalla domanda di materie prime è il conflitto tra Cina e Stati Uniti per l'accesso ai metalli rari. I metalli rari sono essenziali per la produzione di una serie di prodotti tecnologici, tra cui telefoni cellulari, computer e auto elettriche. La Cina è il principale produttore mondiale di metalli rari, e gli Stati Uniti stanno cercando di ridurre la loro dipendenza dalla Cina in questo settore.

Gli Stati Uniti hanno identificato una serie di materie prime che potrebbero provocare delle guerre. Queste materie prime sono essenziali per l'economia mondiale e la loro disponibilità è limitata.

Tra le materie prime identificate dagli Stati Uniti ci sono i combustibili fossili (petrolio, il gas naturale e il carbone), i metalli rari e l’acqua. La loro disponibilità è concentrata in un numero relativamente piccolo di paesi, il che rende queste materie prime vulnerabili al controllo politico. Negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno adottato una serie di misure per ridurre la loro dipendenza dalle materie prime provenienti da paesi stranieri. Queste misure includono l'investimento in nuove tecnologie per l'estrazione e la lavorazione delle materie prime, lo sviluppo di nuove fonti di materie prime e la collaborazione con altri paesi per diversificare le fonti di approvvigionamento. Tuttavia, è possibile che queste misure non siano sufficienti a soddisfare la domanda crescente di materie prime negli Stati Uniti. In questo caso potrebbero essere costretti ad adottare misure più aggressive per garantire l'accesso alle risorse.

Le tensioni politiche provocate dalla domanda di materie prime potrebbero avere un impatto significativo sulla sicurezza globale. La competizione tra le grandi potenze per l'accesso alle risorse potrebbe portare a nuovi conflitti, o a un'escalation di conflitti già esistenti.

I conflitti idrici

Secondo il rapporto "Water Conflicts 2022" pubblicato dal Transboundary Water Management Research Group dell'Università di Utrecht, nel 2022 sono stati registrati almeno 228 conflitti idrici in tutto il mondo. Questo numero rappresenta un aumento del 10% rispetto al 2021.

La violenza legata all’acqua ha raggiunto il massimo storico nel 2022, spinta in gran parte dalla guerra della Russia in Ucraina e dagli attacchi israeliani contro le risorse idriche palestinesi in Cisgiordania.

Il 2022 ha visto coloni israeliani sabotare pozzi nella Cisgiordania occupata, violenza di stato contro i manifestanti che chiedono acqua potabile in Iran, pastori nomadi e agricoltori che combattono per le scarse forniture nell’Africa sub-sahariana e la Russia che bombarda dighe e impianti di trattamento dell’acqua in Ucraina.

La violenza legata all’accesso all’acqua è in costante aumento dal 2000, in quanto la crisi climatica e la crescente scarsità esacerbano vecchi conflitti su terra, ideologia e religione, economia e sovranità.

L’ONU riconosce l’accesso all’acqua potabile sicura, accettabile e a prezzi accessibili come un diritto umano fondamentale, ma più di 2 miliardi di persone, circa il 25% della popolazione mondiale, non ne hanno ancora accesso. 

Il primo conflitto per l'acqua conosciuto ebbe luogo nel 2500 a.C. nella regione sumera di Gu'edena – o regione “ai margini del paradiso” nell'antico Medio Oriente, un conflitto per l'acqua e le terre irrigate che durò un secolo. Il secondo avvenne sul fiume Tigri a Babilonia tra il 1720 e il 1684 a.C.

La corsa all’oro blu, il cobalto

La corsa all'oro blu, il cobalto, è un fenomeno che sta interessando il mondo intero. Il cobalto è un metallo essenziale per la produzione di una serie di prodotti tecnologici, tra cui telefoni cellulari, computer e auto elettriche. La sua domanda è in costante aumento.

Quasi il 70% del cobalto mondiale si estrae nella Repubblica Democratica del Congo (Rdc), che si ritiene possegga la metà delle riserve conosciute.

La Rdc è un paese di oltre 2,3 milioni di chilometri quadrati, con circa 95 milioni di abitanti, ricchissimo di materie prime fondamentali per la transizione ecologica, ma sconvolto da endemiche guerre civili, carestie e povertà. Oltre il 50% dei congolesi vive in povertà assoluta e si calcola che dal 1998 a oggi siano morti più di cinque milioni di persone per via dei conflitti scoppiati nel Paese per il controllo delle materie prime.

Nel 2008 la Cina ha siglato un accordo a livello economico e geopolitico con l’allora presidente congolese Joseph Kabila, da alcuni definito “l’accordo del secolo”. Pechino ha garantito investimenti infrastrutturali per circa 6 miliardi di dollari e altri 3 miliardi nell’industria mineraria, in cambio di una concessone di 25 anni per estrarre dieci milioni di tonnellate di rame e 600mila tonnellate di cobalto.

Con questo accordo Pechino ha il controllo del 41% delle forniture globali di cobalto, oltre a detenere il 76% della sua raffinazione.

La ricerca del cobalto in un paese povero come il Congo ha causato però, oltre a un notevole inquinamento delle falde acquifere e delle città vicine alle miniere, un preoccupante impiego di manodopera minorile. Secondo stime dell’Unicef, 40mila dei 100mila congolesi che lavorano in miniere ‘artigianali’, ovvero create anche nel giardino di casa, sono bambini o adolescenti. 

Gli Stati Uniti hanno inserito il cobalto nella lista delle ‘risorse da conflitto’, ovvero quelle per il cui controllo si possono scatenare guerre e la cui produzione può causare devastazione, inquinamento e sfruttamento. Non è semplice, però, rinunciare al cobalto della Rdc, anche considerando l’aumento della diffusione di veicoli elettrici. La Cina si è mossa per prima.

 

 

 

 

The guardian, Russia and Israel lead global surge in attacks on civilian water supplies

Panorama, la militarizzazione delle materie prime

Forbes, La corsa all’oro blu: perché il cobalto può definire gli equilibri del prossimo secolo

Model United Nations International School of The Hague 2019, General Assembly 1 – International Security and Disarmament



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