Durante il III secolo a.C. crebbe l’interesse dei romani per il territorio regionale, che Tito Livio chiamava Carnorum regio (‘regno dei Carni’). Nel 181 a.C., portò alla fondazione/espansione di Aquileia.


Durante il III secolo a.C. crebbe l’interesse dei romani per il territorio regionale, che Tito Livio chiamava Carnorum regio (‘regno dei Carni’). Una consistente migrazione di popolazioni celtiche dal nord delle Alpi, che miravano a consolidare la loro presenza nella Bassa friulana – area strategica per il controllo delle vie commerciali con l’est, oltre che in funzione anti-illirica – scatenò nel 186 a.C. la reazione di Roma, che cinque anni più tardi, nel 181 a.C., portò alla fondazione/espansione di AQUILEIA.

Le cronache del tempo parlano di 12000 galli che invasero le Venezie, vi fabbricarono un forte non molto lontano da una futura Aquileia ma tre anni dopo furono scacciati dai Romani.

Nel 183 a.C. il Senato Romano con un decreto stabilì di fondare Aquileia e di stabilirci una colonia militare. Lo scopo era quello di sbarrare la strada alle popolaziono limitrofe di Carni e Histri, che minacciavano i confini orientali.

Scacciati i Galli dalla provincia, Marco Claudio iniziò a meditare la guerra istriana . Prima di tutto si trattava di mandare una colonia ad Aquileia. (Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XXXIX, 55)

Tito Livio racconta che fu condotta una colonia latina ad Aquileia, nel territorio dei Galli. Tremila fanti ricevettero ciascuno cinquanta iugeri (Unità di misura di superficie usata nell'antica Roma, equivalente a un rettangolo di 240 × 120 piedi romani, ossia a circa 2500 metri quadrati), cento ad ogni centurioniìe e 140 ad ogni cavaliere. Al comando c’erano i triumviri Publio Cornelio, Scipione Nasica, Caio Flaminio e Lucio Manlio Acidino. (Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XL, 34.2-3.)

Aquileia, nel 181 a.C., divenne colonia di diritto latino. Le cospicue risorse riservate al nuovo insediamento indicavano con quale importanza il governo di Roma affrontava la nuova impresa.

La città dapprima crebbe quale avamposto militare in vista delle future campagne contro Histri e Carni, più tardi come "quartier generale" per una eventuale espansione romana verso il Danubio.

Il luogo non era stato scelto a caso. Situato in un punto strategico non lontano dalla costa, il nuovo caposaldo della penetrazione romana nel settentrione d'Italia, avrebbe conseguito l'obiettivo di consolidare una presenza stabile in quel territorio, appena fuori dal confine con i Veneti, e tenere sotto controllo l'unico sbocco naturale facilmente accessibile attraverso le Alpi. Inoltre avrebbe costituito una base di appoggio di primaria importanza da dove operare offensivamente contro le popolazioni ostili delle Alpi e dell'Istria non ancora assoggettate.

Le motivazioni erano anche di tipo economico in quanto si intendeva aprire nuovi mercati con le regioni settentrionali e convertire questi territori all’agricoltura.

Presso i Romani, contemporaneamente alla fondazione di una colonia, era prassi pianificare il territorio. Si pianificava e si distribuiva il territorio ed immediatamente si calcolavano i tributi dovuti. Si presume che i coloni abbiano occupato una vasta zona della pianura ad est del Tagliamento. La conversione in territorio agricolo implicava un intenso lavoro di bonifica che poteva anche durare più di una generazione.

I primi coloni furono 3 000 veterani, seguiti dalle rispettive famiglie provenienti dal Sannio, per un totale di circa 20 000 persone, a cui fecero seguito dei gruppi di Veneti; più tardi, nel 169 a.C., si aggiunsero altre 1 500 famiglie, mentre in città si insediarono anche comunità orientali, come quella egizia, ebraica e siriana.

In quell’anno, chiedendo gli ambasciatori di Aquileia che fosse aumentato il numero dei coloni, vi si sono iscritte, per decreto del senato mille cinquecento famiglie, e si mandarono a condurvele i triumviri Tito Annio Losco, Publio Decio Subulone e Marco Cornelio Cetego. (Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XLIII, 17.1.)

In seguito, appena fu garantita una certa sicurezza su tutta la regione, la città venne collegata da ovest attraverso la VIA POSTUMIA, la grande arteria costruita nel 148 a.C. che partendo da Genova e superato il Po a Cremona, congiungeva verso est i maggiori centri della Transpadana.

La Via Postumia era una via consolare romana fatta costruire nel 148 a.C. dal console romano Postumio Albino nei territori della Gallia Cisalpina, l'odierna Pianura Padana, per scopi prevalentemente militari.

Congiungeva per via di terra i due principali porti romani del nord Italia: Aquileia, grande centro nevralgico dell'Impero Romano, sede di un grosso porto fluviale accessibile dal Mare Adriatico, e Genova.

Qualche anno dopo, nel 131 a.C., la città fu raggiunta dalla VIA ANNIA che con un percorso da sud seguiva le linee costiere e lagunari della Venetia collegandola così direttamente con la città di Adria e da lì col centro del potere statale.

Collegava Hatria (moderna Adria – provincial di Rovigo) a Patavium (Padova), Altinum (Quarto d’Altino), Iulia Concordia (Concordia Sagittaria, dove incrociava con la via Postumia) e infine ad Aquileia. Nei pressi di Mestre la via si avvicinava alla costa, mentre tra Altino e Concordia utilizzava il sistema viario preesistente. 

Aquileia venne nominata capitale della X Regio Augustea, la Venetia et Histria, ossia della decima regione dell’imperatore Augusto rappresentava il riconoscimento di un ruolo politico e sociale, ma soprattutto economico e militare, decisivo e strategico per la città nel contesto dell’impero romano.

Aquileia, tra il II e I sec. a.C., diventò il più importante centro emporico, aperto verso Roma e l’Oriente, e produsse opere di raffinata qualità artistica e del più alto livello artigianale.

Altorilievo della metà del I secolo d.C. con la raffigurazione del sulcus primigenius, rituale in cui, con un aratro, si tracciava il perimetro cittadino per richiamare idealmente ciò che Romolo fece in occasione della fondazione di Roma (Aquileia, Museo archeologico nazionale).

 

Secondo un’ipotesi condivisa dalla maggioranza degli studiosi, sembra che il nome della città abbia le sue radici in “Akilis”, un termine preromano di origine celtica, indicante il fiume che probabilmente diede origine al nome di Aquileia. La base del nome dovrebbe essere il termine “wara” (“acqua”), che sarebbe, appunto, la radice del toponimo Aquileia, derivante da “Aquilis”, il nome di un corso d'acqua che si riscontra anche in altre regioni, fra cui l'Istria.

Qualcuno ha tuttavia suggerito l’idea che  il nome possa derivare dall'aquila che le legioni romane portavano come insegna. In ogni caso,  la prima ipotesi sembra molto più verosimile, in quanto si basa sulla topografia del luogo, per cui Aquileia significherebbe “ Città del (o sul)  fiume Aquilis”. A questo proposito,  E. Campanile sottolineò  il fatto che l'idronimo “Aquilis” trova un buon confronto con il termine sloveno “vup-”, che significa “fiume”.

 

 

Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XL, 34.2-3

Francesco di Manzano. Annali del Friuli. Volume 1. 1858

Pierangela Croce Da Villa, Aquileia e Iulia Concordia: evoluzione urbanistica di due città di frontiera, SIMULACRA ROMAE, 1998

 

 

 

 

 

 

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