Trieste aveva un'amministrazione comunale organizzata, anche se non era ancora un libero comune

Nell’XI secolo Trieste aveva un'amministrazione comunale organizzata, anche se non era ancora un libero comune.

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Argomenti trattati

Trieste e il Sacro Romano Impero nell’XI secolo

   La linea del tempo

   Trieste alla fine del X secolo

   Trieste al tempo del patriarca Poppone

   Rapporti con Venezia.



La linea del tempo

L’epoca di Enrico II il Santo. (azzurro) Imperatori dei romani, (blu) Re d’Italia, (giallo) papa in carica, (rosso) margravio di Verona, (arancione) patriarchi di Aquileia, (viola) dogi di Venezia, (verde) patriarchi di Grado. Clicca sull’immagine per ingrandire

Trieste alla fine del X secolo

Dopo le invasioni e le incursioni, i confini delle Giulie, nel secolo IX, tornarono sicuri. Pericoli e flagelli vennero dal mare. Prima i Saraceni e poi gli Slavi, contro i quali combattè il ducato di Venezia.

In questo periodo, Trieste incrementò l’importanza marittima grazie all’azione compiuta da Venezia contro la pirateria. I primi decenni del X secolo portarono la città ad avere un diretto contatto con il ducato veneto.  

Tale era il legame dei triestini con il loro vescovo che re Lotario cedette alle richieste e cedette al vescovo Giovanni, per lui e i suoi successori, tutti i diritti che il regno aveva su Trieste (8 agosto 948).

Il vescovo di Trieste, fu' per un lungo periodo Signore, oltre che della citta', anche di gran parte del territorio, da cui traeva le tassazioni (dazi, decime, quartesio, affitti ecc...) fino almeno il X sec inoltre era un collaboratore stretto del Patriarca di Aquileia

Per difendere il proprio territorio dalle aggressioni degli Ungari, dei veneziani, ecc. fece molti debiti. Per restituirlo, il vescovo vendette il dominio della città per 500 marchi d’oro agli stessi cittadini, mantenendo il potere spirituale, la decima e le imposte feudali.

In ogni caso Trieste apparteneva a quell’organismo politico che era la Marca. Tra il XI e XII secolo. Il sistema della Marca si complicò coi Patriarchi, coi vescovi, coi conti di Gorizia e con quelli dell’Istria, tutti avevano il compito di a formare una specie barriera alle eventuali invasioni provenienti da est. Erano tutti di stirpe tedesca. Tedeschi quasi tutti i Patriarchi di Aquileia; tedeschi i conti di Gorizia; tedeschi gli Eppenstein, i Weimar-Orlamünde, gli Sponheim e gli Andechs che tennero la contea dell’Istria; tedeschi i vassalli minori; tedeschi infine i vescovi di Trieste.

Nei secoli XI e XII sempre più i vescovi assunsero il carattere di vassalli diretti dell'Impero. Ne conseguiva la partecipazione a campagne militari e politiche lontane utilizzando anche i redditi della diocesi. Ciò avvenne in sintonia con la storia del patriarcato di Aquileia, il cui soglio era in mano a famiglie tedesche, legate alla grande politica imperiale germanica.

 

Trieste al tempo del patriarca Poppone

I documenti dell’XI secolo non raccontano nulla circa sulla vita sociale: sicuramente esistevano vassalli minori che avevano dalla Chiesa triestina o da altri principi piccoli feudi nella campagna o altri tipo di benefici allodiali (proprietà libera da ogni vincolo) in città.

A questa classe appartenevano gli uomini che amministravano la città secondo le antiquae consuetudines.

Si pensa che non ci fosse una feudalità campagnola intorno alla città in grado di influire sulla vita cittadina anche se nei castelli di Moncolano,  San Servolo, Prosecco e Moccò vivessero dei signori feudali.

A Trieste, già nel X secolo, dunque accanto al vescovo signore esisteva una collettività abbastanza forte per essere apprezzata quale cooperatrice e fiancheggiatrice, con voce autorevole nel capitolo e nella curia dei vassalli vescovili. Negli scarsissimi documenti dell'epoca sono menzionati di solito il vescovo, o un suo ufficiale, e i rappresentanti della città.

In un documento del 933, Trieste è rappresentata da un «locoposito», forse designato o eletto dal vescovo ed era presente a Venezia per firmare un trattato di pace ( 10 settembre 933) tra il marchese d'Istria, Berengario II, e la Repubblica di Venezia. Oltre al locoposito di Trieste, il documento venne firmato anche dal patriarca di Aquileia, dal vescovo di Trieste e da altri funzionari di entrambe le parti.

Il termine «locoposito» deriva dal latino «loco positus», che significa «posto al posto di qualcun altro». In questo caso, il locoposito di Trieste rappresentava la città in assenza del suo podestà, che era il capo dell'amministrazione cittadina.

L'esistenza di un locoposito a Trieste nel 933 indica che la città aveva già un'amministrazione comunale organizzata, anche se non era ancora un libero comune.

Tra il 932 e il 1030 a Trieste i documenti segnalano la presenza di molte  persone di origine tedesca che occupavano posizioni di potere.

 

Rapporti con Venezia.

I rapporti fra Trieste e la Serenissima, fin dai primi decenni del X secolo, furono conflittuali, a causa dell'egemonia che quest'ultima esercitava per terra e per mare, non consentendo a Trieste una propria autonomia commerciale.

Venezia aveva il suo territorio e i suoi confini sull'Adriatico, e in esso agiva con forte politica, onde controllare le rotte, imponeva le sue regole e i suoi dazi. Un tributo navale che le città istriane pagavano anche a difesa delle incursioni e dalle scorribande dei pirati. Queste regole, Trieste le contravveniva per necessità e per sistema.

Ragioni commerciali rendevano  intenso il contatto tra le due città, ma Trieste era sfavorita rispetto a Capodistria, da quando Venezia, nel 932  ne aveva fatto di Capodistria il maggior porto delle sue rotte.

La città di Trieste, nel X secolo, troppo piccola per una sua autonomia, riconobbe l'autorità del Sacro Romano Impero, rappresentato in essa dal vescovo, ma dovette accettare anche quella di Venezia. Nella prima metà del X secolo, pur avendo potere politico proprio sul suo territorio, la città era legata a due autorità.

 

 

Attilio Tamaro, Storia di Trieste, vol. 1, 1924

Bernardo Benussi, Nel medio evo: pagine di storia istriana, 1897



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