Il castrum Reuniae è stato fondato dai romani ed era inizialmente una postazione di vedetta.
(fonte Carta Archeologica FVG)
Sulla sommità della collina i romani costruiscono un castrum, una postazione di vedetta, attrezzandola con alloggi e magazzini. Dalla cima possono controllare il Tagliamento e la strada che dalla bassa pianura conduce in Austria.
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Questo sito sorge lungo la strada che, provenendo da Concordia, lambiva la sponda destra del fiume Tagliamento e, attraversato il fiume presso un guado tra Pinzano e Ragogna (la via Germanica), andava a collegarsi alla cosiddetta Iulia Augusta che metteva in comunicazione Aquileia con la provincia del Norico. Venanzio Fortunato, autore di poesie e Santo vissuto nel VI secolo, nella sua agiografia in onore di San Martino descrive Ragogna sottolineandone il suo rapporto con il fiume Tagliamento.
“Di là vai a Ragogna che, bagnata dalle acque del Tagliamento, ne sorveglia la vallata” (Veneziano Fortunato, Vita Sancti Martini, IV)
Il castrum sorgeva a ridosso del guado sul Tagliamento. Clicca sulla figura per ingrandire.
I Romani capiscono subito l’importanza tattica del luogo: conquistate le popolazioni celtiche che nel I secolo a.C. abitavano queste zone, sulla sommità della collina costruiscono un castrum, una postazione di vedetta, attrezzandola con alloggi e magazzini. Dalla cima possono controllare il Tagliamento e la strada che dalla bassa pianura conduce in Austria.
Tra la fine del IV e la seconda meta del V secolo e registrata una fase di occupazione caratterizzata da strutture in legno con muri rivestiti in argilla e fosse di scarico di rifiuti. Tale occupazione venne violentemente terminata da un incendio precedente alla costruzione dell’edificio di culto.
Quest’ultimo e stato costruito tra la fine del V e l’inizio del VI secolo, ed e costituito da una semplice aula rettangolare con presbiterio sopraelevato di un gradino e vasca battesimale. La sua costruzione molto probabilmente e relativa all’esistenza di un castrum organizzato e frequentato.
A metà VI secolo, poi, in Friuli arrivano i Longobardi e si stanziano anche a Reunia, così si chiama Ragogna a quella data. Seppure in rovina, esistono ancora le fortificazioni romane e il previdente duca Gisulfo le fa riparare.
Paolo Diacono include Ragogna tra i castra rinforzati in occasione dell’invasione avara del 610. Lo scrittore affermava che nel castrum Reuniae trovarono rifugio le popolazioni locali.
Il castrum viene citato una seconda volta nell’epopea longobarda, quando Ansfrit de Reunia, comandante militare della piazzaforte, tenta di usurpare il regno del duca Rodoaldo verso la fine del VII secolo.
Nei secoli successivi (X-XI) non troviamo documenti che citino il castello di Ragogna: con tutta probabilità questo era dovuto alla perdita sia della sua funzione strategica, sia dell'importanza dell'antica strada romana in quanto i traffici commerciali si erano spostati su altre rotte.
Nel X secolo il castello tornò a diventare luogo di rifugio in occasione delle numerose scorrerie degli Ungari.
Dopo la breve permanenza dei Franchi, alla fine del X secolo i Sassoni, di origine tedesca, uniscono la regione al ducato di Carinzia. Questo è il motivo che spinge numerose famiglie tedesche a trasferirsi in Friuli, occupando i feudi della zona.
Nel 1122 alcuni documenti attestano che Ragogna fosse di proprietà del duca Enrico III di Carinzia, appartenente alla famiglia degli Eppenstein; alla sua morte, non avendo eredi diretti, il castello di Ragogna passò a Leopoldo von Traungau, Margravio di Stiria. Nel 1138 viene citato per la prima volta un componente della famiglia dei Ragogna, un certo Bertoldo, probabilmente i Traungau assegnarono il feudo ad una famiglia di loro fiducia, di origine tedesca che poi si divise nei tre rami dei Ragogna, Toppo e Pinzano. Nel XIV secolo è presente sul pianoro al di sotto della pieve un secondo castello, detto inferiore, dove sono ancora visibili la cerchia muraria e i resti di una torre.
Secondo le Cronache di Giovanni Villani nel 1348, a seguito di un violento terremoto, il castello subì danni ingenti, tanto che "....due torri del Castello di Ragogna caddero e discorsero fino al Tagliamento ...”:
Nel corso della guerra tra il Patriarcato di Aquileia e i Duchi d'Austria, combattuta dal 1359 al 1365, i Ragogna si schierarono dalla parte di questi ultimi, subendo di conseguenza numerosi assedi, tra cui quello famoso del 5 novembre del 1365, conclusosi con la resa alle truppe patriarcali.
Nel 1390 Giovannino di Ragogna cedette il castello al Patriarca Giovanni Sobieslaw di Moravia in cambio di quello di Torre di Pordenone: da questo momento i Ragogna lasciarono definitivamente l'antico maniero.
Il castello inferiore, invece, continuò a combattere contro il Patriarca finché nel 1397, dopo un lungo assedio, venne conquistato e raso al suolo.
Dal 1397 al 1420 il castello fu amministrato dai Capitani alle dipendenze prima del Patriarca di Aquileia, poi della Repubblica Veneta, ma la loro cattiva gestione portò ad un progressivo degrado del complesso fortificato, il che indusse la Repubblica di Venezia a darlo in feudo nel 1503 ai conti di Porcia.
Per alcuni anni le condizioni del castello migliorarono notevolmente, tanto che venne utilizzato sia come residenza estiva, sia per organizzare battute di caccia e pesca, nonché feste. Celebre è il ricevimento organizzato nel castello dal conte Antonio di Porcia agli inizi del 1532, in occasione della visita del Patriarca di Aquileia Marco Grimani.
Purtroppo il terremoto del 1511 e il successivo incendio nel 1560 danneggiarono irrimediabilmente il castello che venne restaurato in maniera alquanto sommaria, tanto che nel 1567 Girolamo di Porcia lo descrive come "...castello rovinato, vi sono però reliquie di molte torri, casette di contadini, la chiesa e una torre ov'è la stanza dei signori....". Successivamente i Conti di Porcia limitarono sempre di più i loro soggiorni a Ragogna, finché lo abbandonarono in maniera definitiva a partire dal 1650.
La mancanza di manutenzione, le rivalità e le contese tra i proprietari stessi la proprietà del bene, il posto isolato e l'ingiuria del tempo accelerarono la rovina del castello, tanto che gli abitanti del Borgo (l'attuale San Pietro) ne approfittarono per utilizzare il castello come cava di materiale edilizio.
Nel 1878 il conte Ermes di Porcia decise lo smantellamento e la vendita di tutto quello che si poteva asportare, a cominciare dal tetto. Ulteriori danni vennero causati durante la ritirata di Caporetto nel 1914 e in occasione della resistenza del Battaglione Bologna contro gli Austro-Ungarici avvenuta sul Monte di Ragogna.
Dopo la morte del conte Alfonso di Porcia avvenuta nel 1932, gli eredi vendettero a privati tutti i beni da lui ancora posseduti a Ragogna, mentre nel 1952, per lascito della contessa Irene, il castello diventò proprietà del Comune di Ragogna.
Il terremoto del 1976 danneggiò gravemente il complesso: le strutture che ancora erano presenti come il mastio e la cinta muraria crollarono completamente, mentre l'antica pieve di San Pietro e parte della cerchia muraria subirono ingenti danni.
Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, Edizioni Studio Tesi, 1990
William Sambo, Le fortificazioni tardo antiche in Friuli e e ricerche sul castrum Nemas, tesi di laurea, Università degli Studi di Udine, 2017/2018
Carta archeologica online del Friuli Venezia Giulia
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